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Costruzione della
tattica difensiva a zona secondo i principi della
metodologia operativa |
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Autore:
Raffaele Di Pasquale |
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22
Febbraio 2011 |
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La difesa a zona è uno degli sviluppi di
tattica difensiva e si basa
sull’equidistanza tra i giocatori e i
reparti.
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La difesa a zona prevede che ogni
giocatore è responsabile della zona di
campo a lui assegnata e dei calciatori
avversari che entrano in quella zona,
deve guardare e sorvegliare le zone
limitrofe. Si muove nella zona in
funzione della posizione della palla,
dell’avversario e della porta, inoltre
deve andare sempre in pressione
sull’avversario con palla che entra
nella propria zona eccetto quando si
trova in inferiorità numerica.
Nel gioco a zona non è possibile
difendere preoccupandosi esclusivamente
della marcatura avversaria, tralasciando
il concetto di spazio difensivo. Inoltre
penso che in un’organizzazione difensiva
a zona esiste la possibilità di eseguire
dei movimenti a scalare che offrono il
modo di coprire razionalmente gli spazi,
togliere tempo e spazio all’avversario
,quindi neutralizzare le soluzioni di
gioco. Non dobbiamo dimenticare che per
difendere a zona bisogna saper difendere
a uomo: infatti difendere a zona non
significa non dover marcare a uomo ,
anzi bisogna saper e dover marcare ad
uomo, inoltre un difendente nella linea
difensiva deve sapersi guardare attorno
e capire la situazione e decidere subito
cosa fare: marcare stretto a uomo
oppure dare copertura ad un compagno e
quindi coprire la zona.
E’ importante precisare che difendere a
zona non significa non dover marcare ad
uomo; infatti nel momento in cui
l’avversario entra nella zona di
competenza del difendente quest’ultimo
dovrà applicare tutti i principi della
marcatura a uomo.
Difendendo a zona occorre aver ben
chiaro il concetto di:
- palla libera (o scoperta)
e quello di palla coperta,
e quindi marco o copro?
La palla e’ libera quando il possessore
ha il tempo e lo spazio per poterla
giocare liberamente. La palla libera e’
un messaggio di pericolo; si cerca
pertanto di retrocedere tramite
un’azione ritardatrice in modo da
togliere campo all’avversario e
ricercando la concentrazione difensiva.
Si retrocede solamente nel caso la
difesa sia in inferiorità numerica.
Questa azione (retrocedere) si esegue
sino ad un punto limite che normalmente
corrisponde alla lunetta dell’area di
rigore.
Nel mio caso richiedo ai miei difensori
di cercare di non oltrepassare la linea
immaginaria posta a 22-23 m. dalla linea
di porta.
Ciò considerato tutte le esercitazioni
tecnico-tattiche che propongo prevedono
sempre la delimitazione di questo
settore affinché i giocatori
automatizzino prima e meglio.
La palla e’ coperta quando il possessore
non ha invece il tempo e lo spazio per
giocarla e, pressato dall’avversario,
deve difendere il pallone
dall’intervento dell’avversario. In
questo modo si riesce ad ottenere una
maggiore copertura tra i difensori
poiché le distanze tra loro sono minori
e si permette all’avversario di giocare
solo la palla nello spazio davanti alla
difesa o solo sulle fasce laterali.
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• Equa distribuzione
• Equilibrio
• Razionalità
• Unità di squadra
A tale proposito divido il campo,
longitudinalmente, in 4 parti uguali e
dispongo, in ogni zona, un giocatore per
la linea difensiva. In questo modo si
ottiene una distribuzione equilibrata
sia in senso laterale che verticale.
Oltre all’equa distribuzione, è
necessario possedere un equilibrio
tattico predeterminato che consenta di
preparare più facilmente le varie
soluzione di alternanza delle due fasi
di gioco, poiché si conoscono fin da
subito le posizioni in campo e le
funzioni dei singoli, suddividendo il
campo con tre teoriche linee
orizzontali.
Ciascun giocatore è responsabile nella
scacchiera della propria zona di
competenza, sia in senso orizzontale,
che verticale, fino al limite della zona
difesa dal compagno.
Per unità di squadra si intende che
ciascun calciatore deve possedere un
unico atteggiamento durante la fase
difensiva. Ciò significa che i giocatori
devono conoscere compiti e posizioni dei
compagni per sostenere un’adeguata
situazione di gioco.
Per difendere a zona dobbiamo conoscere
le posizioni della palla, dei compagni,
degli avversari e della nostra porta.
La marcatura nella difesa a zona avviene
generalmente nella zona di campo di
propria competenza, ma ciò non toglie
che i giocatori debbano sorvegliare
anche le zone limitrofe.
È opportuno ribadire che per poter
difendere a zona ed essere efficaci,
dobbiamo saper difendere a uomo.
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• Fasce laterali amiche;
• squadra corta;
• interscambiabilità di ruolo;
• pressing e fuorigioco ed elastico
difensivo;
• posizione sfalsata attraverso la
disposizione a ragnatela.
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• Densità nella zona palla;
• fascia opposta libera;
• diagonali difensive (l’esterno
opposto non deve superare la metà della
porta, tranne casi straordinari);
• imbuto difensivo.
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• Coperture reciproche attraverso
scaglionamenti laterali ed in avanti;
• i punti di riferimento sono
rappresentati dai compagni più vicini
sia in senso orizzontale che in senso
verticale;
• nella scacchiera la squadra deve
disporsi in senso verticale su tre zone
consecutive. |
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Interscambiabilità
dei ruoli |
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• Scivolate laterali, scalate in avanti
ed all’indietro;
• sostituzione nella posizione di un
giocatore mancante;
• badando ad assicurare la copertura
reciproca e a disporsi almeno su due
linee difensive;
• concessione della fascia opposta.
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• I giocatori posti su due linee diverse
non devono disporsi uno dietro all’altro
in modo da coprire un maggiore spazio in
ampiezza;
• in questo modo si determinano
triangoli difensivi raccomandando al
giocatore arretrato di prendere
posizione adattandosi a quello posto
davanti in quanto egli ha nel proprio
campo visivo sia la palla che il
compagno;
• circa i giocatori posti sulla stessa
linea con palla laterale essi possono
disporsi su più linee di copertura.
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Schemi di gioco
della difesa a zona |
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• L’elastico difensivo;
• i raddoppi di marcatura;
• creazione del lato forte in fascia
laterale;
• il pressing;
• il fuorigioco;
• condizioni di superiorità numerica
attraverso l’adozione della linea
difensiva in diagonale e della piramide.
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Quando la palla è su uno dei lati
esterni del campo, la linea difensiva si
schiera in diagonale.
I punti di riferimento per schierarsi
sono la palla, i compagni,la presenza di
un eventuale avversario e la porta.
In questa situazione si libera una parte
di campo non pericolosa (lato debole)
che può essere controllata facilmente
facendo scorrere rapidamente la linea.
La disposizione può avvenire su una o
più linee di coperture.
Personalmente utilizzo due linee di
copertura.
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Questo tipo di posizionamento
rappresenta il modo migliore per
fronteggiare un attacco centrale. Quando
la palla transita nella zona centrale
allora il difensore centrale che orbita
nella zona esce ad attaccare il
portatore di palla, gli esterni
stringono centralmente salendo e l’altro
difensore centrale stringe dietro chi
attacca palla, formando una vera e
propria piramide.
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Se il pallone sale velocemente verso la
porta avversaria, in conseguenza del
rinvio del portiere o di un difensore o
perché portato in velocità dagli
attaccanti, la linea difensiva deve
salire altrettanto velocemente verso la
metà campo avversaria approfittando
eventualmente della fase in cui il
pallone è in volo, nella quale non
esiste il pericolo di essere saltati in
verticale. L’elastico prevede, una fase
di salita fino a quando il pallone è in
possesso della propria squadra e/o la
palla è in volo o “coperta”; un
successivo movimento a scalare
velocemente indietro del blocco
difensivo con successiva uscita
collettiva veloce un attimo prima della
verticalizzazione del pallone da parte
della squadra avversaria.
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• Equa distribuzione dei carichi di
lavoro;
• è più facile l’azione di pressing;
• tutti i giocatori prendono parte alla
fase di non possesso;
• si è più numerosi in zona palla;
• si esalta la capacità di
collaborazione con la diagonale, la
piramide, l’elastico;
• soprannumero e densità difensiva;
• squadra corta e stretta;
• lato forte lato debole.
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• Difficoltà o incomprensioni nella
lettura univoca delle situazioni di
palla coperta/scoperta;
• rimanere sempre sotto la linea della
palla;
• rischio di avanzare più lentamente in
fase di possesso palla;
• maggiori probabilità di commettere
fallo da ultimo uomo.
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Le fasi della
programmazione del lavoro |
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• Analisi della situazione iniziale;
• definizione degli obiettivi;
• scelta delle strategie per
raggiungerli;
• realizzazione – contenuti;
• valutazione con finalità di controllo
dei calciatori.
La metodologia operativa rappresenta una
modalità di conduzione del processo di
insegnamento-apprendimento ispirata al
concetto di apprendimento situato,
distribuito e collaborativo e
finalizzata alla costruzione dello snodo
conoscenze-competenze. Nella sua
realizzazione autentica questo approccio
metodologico si caratterizza in termini
di flessibilità intervenendo su due
piani:
• a livello dei singoli principi tenta
di superare le rigide ripartizioni
indotte da una didattica tradizionale,
scandita per singole unità disposte
secondo percorsi lineari;
• a livello situazionale ambisce ad
impostare un “dialogo interattivo” come
in realtà richiede la natura integrata e
fluida della gara.
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Le esigenze da
rispettare |
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1. “tematizzare” convenientemente
il sapere da insegnare, il che vuol dire
non solo scegliere la conoscenza da
impartire e da far imparare, ma anche
delimitarla in modo né frammentario né
troppo ampio e confuso;
2. suddividere la conoscenza in
porzioni (o blocchi testuali) che
corrispondono a sottotematizzazioni
ciascuna delle quali prepara e fonda le
condizioni di comprensione e
apprendimento delle porzioni seguenti.
Per questa loro idoneità a promuovere
risultati conoscitivi già
sufficientemente significativi, le
porzioni di conoscenza insieme con le
operazioni di apprendimento possono
essere pensate come moduli, componibili
in diversi modi.
I moduli non sono considerati come
contenuti da aggiungere, essi si
mescolano tra di loro costituendo delle
unità multiple realizzando il principio
della: Unità nella Molteplicità.
Questa metodologia fa riferimento alle
nuove scoperte delle neuroscienze che
hanno arrecato un notevole contributo
circa il funzionamento della mente nei
suoi processi cognitivi di
apprendimento, memorizzazione ed
elaborazione dei concetti.
Con questa metodologia si fa compiere un
notevole passo in avanti al concetto di
apprendimento, inteso non più come
capacità meccanica di assimilazione,
memorizzazione e ripetizione ma come un
processo personale di costruzione delle
conoscenze, che si sviluppa attraverso
quattro tappe:
- percezione: fase della decodificazione
dei concetti;
- elaborazione: fase della
discriminazione (individuazione delle
caratteristiche) classificazione, (estrapolazione di alcune caratteristiche) aggregazione (unione delle
caratteristiche con quelle già
archiviate), generalizzazione (trasferibilità);
- inferenza: fase della previsione;
- decisione: attuazione, fare
comprendere agli altri la scelta
compiuta.
Considerato che i principi di gioco non
sono compartimenti stagni, ma
relazionati tra di loro in maniera
dinamica, gli apprendimenti vanno
promossi in maniera dinamica ed
interattiva.
Quindi situazioni reali con un approccio
olistico, sistemico, attraverso la
pedagogia dell’indagine per educare la
creatività del calciatore a trovare
risposte adattandosi al variare delle
situazioni particolari.
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- significatività: collegamento delle
conoscenze pregresse e con quelle
future;
- motivazione: attribuire un senso
concreto;
- direzione: descriverne le finalità;
- continuità: ritornare più volte sul
concetto con modalità e forme sempre
nuove;
- integrazione: parte di un progetto
generale;
- stabilizzazione: guida e sostegno del
ricordo;
- trasferibilità: applicazione a
situazioni nuove.
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• Ogni singola abilità deve essere
considerata come la somma di singole
microfasi di uguale importanza;
• all’interno di ogni elemento
tecnico-tattico occorre definire la
gerarchia delle fasi che lo compongono
allo scopo di permettere la definizione
di una corretta sequenza didattica;
• l’attività proposta deve quasi sempre
contenere dei problemi da risolvere.
Al progredire delle abilità individuali
e collettive le competenze vanno
differenziate ed arricchite nei dettagli
con l’acquisizione di migliori
automatismi attraverso:
• numero elevato di ripetizioni;
• variabilità delle proposte;
• strategie d’intervento tipo
problem - solving.
Variare le condizioni è indispensabile
per le discipline open come il calcio in
cui il gesto tecnico richiede continui
aggiustamenti a situazioni mutevoli, e
questo lo si realizza agendo sui
seguenti elementi:
• presenza ed attività dell’ avversario;
• numero avversari;
• spazio d’azione;
• numeri di tocchi.
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• Dal conosciuto al nuovo;
• dal facile al difficile;
• dal semplice al complesso;
• dalla situazione al gioco.
Ritengo che questa sia la fase che
contraddistingue e dà grande credibilità
all’allenatore.
Nell’introdurre la squadra alla
didattica osservo sistematicamente
alcuni principi:
- Faccio sì che il giocatore memorizzi
concetti tattici e tecnici e disponga
situazionalmente di essi facendo uso in
ordine delle seguenti capacità: vedere,
capire, scegliere ed eseguire.
- Per l’organizzazione difensiva del
reparto, propongo sedute specifiche di
20´- 25´ ripetute più volte nella
settimana tipo, per raggiungere
automatismi consolidati.
- Convinco il giocatore che solo con la
massima applicazione in allenamento
potrà migliorare.
- Pretendo la massima concentrazione e
la massima carica agonistica.
- Cerco di preparare ed allenare tutte
le situazioni possibili ponendomi come
obiettivo un continuo e graduale
miglioramento.
- Se è il caso propongo anche
esercitazioni senza avversari allo scopo
di rendere chiari i concetti che
diventeranno un caposaldo dei movimenti
difensivi.
- Mi avvalgo anche del supporto di
materiale audio-visivo, perché se è vera
la sequenza:
ASCOLTO = DIMENTICO
VEDO = RICORDO
ESEGUO = IMPARO
sicuramente posso ottenere un vantaggio
nel rivedere situazioni positive e
negative.
- Porsi come risultato anche il fatto
che tutti i difensori abbiano le stesse
conoscenze e di conseguenza le stesse
soluzioni senza aver bisogno di un
comando verbale (ci può essere) così da
poter anticipare anche di una frazione
di secondo l’eventuale decisione
tattica.
Perché secondo la metodologia operativa,
il calciatore deve essere “attivo”,
responsabile delle sue azioni e,
soprattutto, non deve “subire” gli stati
d’animo dell’allenatore.
Infatti, il mister la domenica non
scende in campo e quindi il giocatore
deve avere anche i mezzi caratteriali
per poter prendere delle decisioni
importanti, per questo attuo una
leadership “democratica”, soprattutto
nelle situazioni in cui la mia
autorevolezza come tecnico è
riconosciuta dalla squadra.
Nella conduzione di tutte le
esercitazioni tecnico tattiche vi sono
delle costanti che sono presenti in ogni
seduta di allenamento.
Per esempio, nelle partitine a campo
ridotto, le condizioni di gioco comuni
sono la validità del fuori gioco e la
ripartenza obbligatoria dal portiere
ogni volta che il pallone esce dal
campo. In questo modo, si esaspera il
concetto per chi si trova in fase di non
possesso di scalare ed accorciare verso
la palla (ripartendo dal portiere sono
tutti dietro la linea della palla), in
modo tale da poter organizzare meglio la
pressione o il pressing verso la squadra
avversaria ed abituare la squadra a
mantenersi il più “corta” possibile,
togliendo profondità agli avversari
stessi. Così come nelle esercitazioni
situazionali sarà sempre delimitata una
zona a 22-23 m. dalla linea di porta per
abituare la linea ad essere alta.
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Perché tutto questo si verifichi è
importante portare avanti un lavoro
attivo, costante, tenace.
Ripetere continuamente i movimenti,
infatti, da un lato può stancare, ma
dall’altro consente l’interiorizzazione
e la memorizzazione dei concetti: la
cosiddetta automatizzazione.
Tutto ciò chiama in causa, quindi,
l’allenatore, che il più delle volte è
costretto a scontrarsi con la pigrizia
dei calciatori, purtroppo abbastanza
diffusa,con il loro rifiuto all’idea di
pensare e di diventare consapevoli, alla
difficoltà, anche questa
abbastanza diffusa, ad aprirsi al nuovo
e alla loro generica intolleranza.
Il tecnico ha un compito, per questo,
ingrato e difficile, anche se molto
stimolante ed affascinante.
L’allenatore, infatti, oltre a dover
essere un profondo conoscitore della
materia calcistica, deve avere anche
l’atteggiamento mentale giusto per
tentare di ottenere il massimo dai
propri calciatori.
Per questo è opportuno ricordare i
seguenti principi di gestione suggeriti
dalla metodologia operativa:
Consapevolezza:
per il calciatore è utile sapere e serve
per migliorarsi quando facciamo una cosa
(esercizio, situazione) spiegare sempre
perché, i fini e le modalità.
Partecipazione attiva:
interessare il giocatore
all'allenamento; la motivazione è la
chiave dell'apprendimento
l'allenatore deve agire sulla base del
consenso del gruppo.
Metodicità: (principio)
bisogna avere un metodo per lavorare
(breve, medio, lungo termine) il lavoro
sfrutta quello precedente ed è base per
quello di dopo; procurarsi un diario per
presenze, assenze, motivi, ed
esercitazioni. Il diario serve per
progredire (dialogo con se stessi)
Varietà e molteplicità:
avere svariati esercizi per la stessa
finalità aumenta il bagaglio del
calciatore ed evita la saturazione .
Infatti, ripetendo le stesse cose
l'allenamento diventa passivo e non
attivo, il giocatore sa cosa l'aspetta e
diminuisce l'attenzione.
Principio della semplicità e
chiarezza:
l'allenatore deve usare un linguaggio
comprensibile e diretto.
Considerato che la massima attenzione
del gruppo dura solo pochi minuti e poi
tende a decrescere usare la regola delle
3 "C" ovvero: CHIARO COMPLETO
CONCISO.
Principio dell'evidenza:
il mezzo più chiaro è l'imitazione,
bisogna far vedere il gesto tecnico,
fare vedere è sempre meglio che solo
parlare.
Principio dell'adattamento:
conoscere la capacità e la reazione dei
calciatori, qualsiasi proposta di
esercitazione tecnica, tattica, di
personalità deve tener conto delle
capacità e delle condizioni del momento
dei calciatori. Nel prossimo
articolo presenteremo un percorso
didattico specifico.
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Raffaele Di Pasquale, Allenatore Professionista
di 1^ Categoria.
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