Profili
- Autore:
Andrea
CORTI
-
Fonte:
GiocoPulito
-
Categoria: Profili
Marcelo
Bielsa: Storia del Loco
Marcelo
Bielsa, un nome, un marchio di fabbrica.
La storia del tecnico argentino è tutt’altro che
banale: personaggio dal carattere forte e singolare, a
casa sua in Argentina Bielsa è un vero e proprio mito,
tanto da essersi meritato l’intitolazione dello stadio
della società in cui è cresciuto prima come calciatore
e poi come allenatore, il Newell’s Old Boys.
Ma
la sua leggenda è arrivata anche in Europa, in
particolar modo in Spagna Francia, Paesi in cui ha
lasciato un segno indelebile alla guida di club
storici come Athletic Bilbao e Marsiglia e adesso
anche in Inghilterra grazie alla promozione del Leeds
in Premier League conquistata al suo secondo anno
sulla panchina dei Whites.
Bielsa
è celebre, tra le altre cose, per essere poco incline
alla comunicazione con i media (basti pensare che non
rilascia un’intervista da vent’anni) e per non
scendere mai a compromessi neanche con la dirigenza
del suo club, come dimostra la storia dell’allenatore
di Rosario.
La
sua famiglia di origine fa parte dell’alta borghesia
argentina: in particolare il fratello, torturato dalla
dittatura di Videla negli anni ’70, è stato anche
Ministro degli Esteri.
Ma
Marcelo, classe 1955, decide da giovanissimo di fare
una scelta controcorrente, dedicandosi anima e corpo
alla sua vera passione, il calcio.
Sul
campo da gioco si esprime da onesto difensore, ma le
soddisfazioni, nonostante indossi la maglia della
squadra del suo cuore, il Newell’s Old Boys, sono
poche: il ritiro dall’attività agonistica arriva molto
presto, a soli 25 anni, e Bielsa comincia subito a
lavorare nel settore giovanile del club.
Mentre
inizia a dare spettacolo con le sue squadre di ragazzi
gira l’Argentina in cerca di nuovi talenti, e questo
sforzo si rivela decisamente fruttuoso: a crescere
nelle giovanili rossonere sono in quegli anni gioielli
come Abel Balbo, Nestor Sensini e un ragazzone dai
lunghi capelli castani che risponde al nome di Gabriel
Omar Batistuta.
Mentre in Italia il calcio è cambiato
per sempre grazie a visionari come Sacchi e Zeman,
Bielsa porta una ventata di aria freschissima anche in
Sudamerica: nel 1990 diventa allenatore della prima
squadra del ‘suo’ Newell’s, e da subito lascia il
segno.
Alla prima stagione centra il titolo
nazionale, e l’anno dopo l’obiettivo si chiama Copa
Libertadores.
L’esordio è traumatico: a Rosario il
San Lorenzo passa con un tanto clamoroso quanto
tennistico 0-6, e gli ultrà rosarini non gradiscono
presentandosi davanti casa dell’allenatore per
chiedere conto della disfatta.
Ma se Bielsa è detto ‘El Loco’ (il
pazzo, ndr) è anche perché non ha paura di niente e di
nessuno, in campo e fuori: come raccontato sulle
pagine de ‘La Gazzetta dello Sport’ esce di casa
impugnando una bomba a mano minacciando di farla
esplodere e riuscendo in pochi attimi a disperdere la
folla dei contestatori.
Nessuno lo discute pochi mesi più
tardi quando i ‘Leprosos’ (storico soprannome dei
rossoneri) raggiungono la finale della competizione
sudamericana più importante, arrendendosi solo ai
rigori al San Paolo di Cafu.
Ma Bielsa non si caratterizza solo
per i risultati: la sua squadra gioca un futbol mai
visto, caratterizzato da un atteggiamento
ossessivamente offensivo e da continue
verticalizzazioni: non a caso un certo Pep Guardiola
lo ha definito ‘miglior allenatore del mondo’, e la
sua concezione di calcio ispirerà e non poco la
generazione di tecnici offensivisti che adesso sono
assai in voga in Europa e nel resto del mondo.
Dopo la finale persa
Bielsa decide di lasciare l’Argentina e di trasferirsi
per due anni in Messico, dove allena l’Atlas e
l’America: torna nel suo paese natale nel 1997 per
vincere il Torneo di Clausura alla guida del Velez
Sarsfield.
Nell’estate
del 1998 attraversa l’Oceano Atlantico per andare ad
allenare l’Espanyol di Barcellona, ma la sua esperienza
nella Liga dura pochissimo: a settembre accetta di
sostituire Daniel Passarella alla guida della Nazionale
argentina.
La
Seleccion, sotto la sua guida, dà spettacolo durante le
qualificazioni al Mondiale 2002: il 3-3-1-3 proposto dal
tecnico ha interpreti del calibro di Samuel, Simeone,
Veron e Batistuta, e la squadra è tra le favorite
assolute in Corea e Giappone.
Ma
succede l’imponderabile, con l’eliminazione al primo
turno dell’Albiceleste: Bielsa non molla, e il riscatto
arriva due anni dopo, quando la Nazionale olimpica da
lui guidata e trascinata da Carlitos Tevez domina ad
Atene e vince la medaglia d’oro.
Nel
miglior momento della sua carriera ‘El Loco’ stupisce
ancora una volta tutti, dando le dimissioni e
scomparendo dai radar del calcio d’élite per tre anni:
riappare nel 2007, quando accetta la sfida propostagli
dalla Nazionale cilena.
Nel
giro di pochi mesi il tecnico di Rosario costruisce una
squadra altamente spettacolare, che si toglie la
soddisfazione di battere la ‘sua’ Argentina in una gara
ufficiale e arrivare al Mondiale del 2010 da
protagonista.
In
Sudafrica il Cile è tra le squadre che giocano meglio e
la sua corsa si ferma agli ottavi di finale per mano del
Brasile.
Pochi
mesi più tardi Bielsa decide di chiudere questa
esperienza, durante la quale ha posto le basi del Cile
che vincerà la Copa America nel 2015 sotto la guida di
Sampaoli, e di provare a ripartire da quell’Europa
assaporata solo per pochi mesi nel 1998: per farlo
decide di accettare l’offerta di uno dei club più
particolari del panorama calcistico mondiale, ovvero
l’Athletic Bilbao che storicamente punta solo su
calciatori provenienti dai Paesi Baschi.
L’impatto
dell’argentino sul calcio spagnolo è assolutamente
notevole: i rossobianchi arrivano in finale sia di Coppa
del Re che di Europa League, ma sono rispettivamente il
Barcellona e l’Atletico Madrid a strozzare l’urlo in
gola ai tifosi del San Mames.
La
seconda stagione a Bilbao non è all’altezza della prima
e Bielsa dice addio al club: ma con l’Europa ci ha preso
gusto, tanto che un anno dopo decide di accettare
l’offerta di un altro club storico ma decaduto del
calcio europeo, ovvero il Marsiglia.
In
Francia le cose cominciano tutt’altro che bene: nel
corso di una conferenza stampa diventata celebre
l’argentino fa capire a critici e tifosi transalpini
di essere tutt’altro che un ‘signor-sì’: “Il
bilancio della campagna acquisti è negativo.
Ho
saputo solamente lunedì pomeriggio dell’arrivo di Doria,
ma io non ho chiesto il suo acquisto e non avevo neanche
dato il via libera alla cessione di Mendes.
Il
presidente non ha mantenuto le promesse, gli avevo fatto
12 nomi di possibili rinforzi e nessuno di questi è
arrivato. La realtà è molto differente da ciò che era
stato pianificato.
Nonostante
tutto, continuerò a lavorare con impegno ed ottimismo,
ma non sono soddisfatto per come la società si è mossa
sul mercato”.
Ciononostante,
archiviato l’impatto traumatico, il Marsiglia comincia
presto a macinare gioco e gol: trascinati da Payet e
Gignac i biancocelesti danno spettacolo, contendendo
quasi fino all’ultimo il primo posto al ricchissimo PSG
di Ibrahimovic.
Sembra
l’inizio di una lunga e intensa storia d’amore, ma
Bielsa ancora una volta spiazza tutti dimettendosi dopo
la prima giornata di campionato della seconda stagione a
Marsiglia, a causa dei contrasti con la dirigenza.
Il
6 Luglio del 2016 trova l’accordo con la Lazio per
allenare in Italia, ma l’esperienza neanche inizia. Si
dimette per problemi con Lotito e Tare, rei secondo il
Loco di non aver rispettato la promesse di
calciomercato.
Nel
Febbraio 2017 torna in Francia al Lille e anche qui i
problemi non mancano. I risultati non arrivano ma la
goccia che fa traboccare il vaso e la partenza senza
preavviso del tecnico in Cile per andare a trovare un
suo amico malato. Cosa non gradita al club che l’ha
scaricato.
Nel
2018 è diventato allenatore del Leeds United, storica
squadra inglese che milita in Championship e che ha
puntato sul tecnico argentino per conquistare la Premier
League.
Nella
scorsa stagione, dopo essere stato per molto tempo in
cima alla classifica, ha perso posizioni ed è stato
eliminato dal Derby County in semifinale dei Playoff per
salire in Premier.
Quest’anno
invece è riuscito a centrare l’obiettivo e il prossimo
anno lo vedremo nel massimo campionato inglese.
Cosa
accadrà non lo sappiamo, ma anche in questo caso siamo
certi che se ne vedranno delle belle. Del resto da un
Loco ci si può aspettare davvero di tutto.
Fonte
-
Gioco
Pulito è una Testata
giornalistica registrata presso
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La Maddalena (Olbia-Tempio)
- Autore: Andrea CORTI
- Fonte: GiocoPulito
- Categoria: Profili
Marcelo Bielsa: Storia del Loco
Marcelo
Bielsa, un nome, un marchio di fabbrica.
La storia del tecnico argentino è tutt’altro che
banale: personaggio dal carattere forte e singolare, a
casa sua in Argentina Bielsa è un vero e proprio mito,
tanto da essersi meritato l’intitolazione dello stadio
della società in cui è cresciuto prima come calciatore
e poi come allenatore, il Newell’s Old Boys.
Ma la sua leggenda è arrivata anche in Europa, in particolar modo in Spagna Francia, Paesi in cui ha lasciato un segno indelebile alla guida di club storici come Athletic Bilbao e Marsiglia e adesso anche in Inghilterra grazie alla promozione del Leeds in Premier League conquistata al suo secondo anno sulla panchina dei Whites.
Bielsa è celebre, tra le altre cose, per essere poco incline alla comunicazione con i media (basti pensare che non rilascia un’intervista da vent’anni) e per non scendere mai a compromessi neanche con la dirigenza del suo club, come dimostra la storia dell’allenatore di Rosario.
La sua famiglia di origine fa parte dell’alta borghesia argentina: in particolare il fratello, torturato dalla dittatura di Videla negli anni ’70, è stato anche Ministro degli Esteri.
Ma Marcelo, classe 1955, decide da giovanissimo di fare una scelta controcorrente, dedicandosi anima e corpo alla sua vera passione, il calcio.
Sul campo da gioco si esprime da onesto difensore, ma le soddisfazioni, nonostante indossi la maglia della squadra del suo cuore, il Newell’s Old Boys, sono poche: il ritiro dall’attività agonistica arriva molto presto, a soli 25 anni, e Bielsa comincia subito a lavorare nel settore giovanile del club.
Mentre inizia a dare spettacolo con le sue squadre di ragazzi gira l’Argentina in cerca di nuovi talenti, e questo sforzo si rivela decisamente fruttuoso: a crescere nelle giovanili rossonere sono in quegli anni gioielli come Abel Balbo, Nestor Sensini e un ragazzone dai lunghi capelli castani che risponde al nome di Gabriel Omar Batistuta.
Mentre in Italia il calcio è cambiato per sempre grazie a visionari come Sacchi e Zeman, Bielsa porta una ventata di aria freschissima anche in Sudamerica: nel 1990 diventa allenatore della prima squadra del ‘suo’ Newell’s, e da subito lascia il segno.
Alla prima stagione centra il titolo nazionale, e l’anno dopo l’obiettivo si chiama Copa Libertadores.
L’esordio è traumatico: a Rosario il San Lorenzo passa con un tanto clamoroso quanto tennistico 0-6, e gli ultrà rosarini non gradiscono presentandosi davanti casa dell’allenatore per chiedere conto della disfatta.
Ma se Bielsa è detto ‘El Loco’ (il pazzo, ndr) è anche perché non ha paura di niente e di nessuno, in campo e fuori: come raccontato sulle pagine de ‘La Gazzetta dello Sport’ esce di casa impugnando una bomba a mano minacciando di farla esplodere e riuscendo in pochi attimi a disperdere la folla dei contestatori.
Nessuno lo discute pochi mesi più tardi quando i ‘Leprosos’ (storico soprannome dei rossoneri) raggiungono la finale della competizione sudamericana più importante, arrendendosi solo ai rigori al San Paolo di Cafu.
Ma Bielsa non si caratterizza solo per i risultati: la sua squadra gioca un futbol mai visto, caratterizzato da un atteggiamento ossessivamente offensivo e da continue verticalizzazioni: non a caso un certo Pep Guardiola lo ha definito ‘miglior allenatore del mondo’, e la sua concezione di calcio ispirerà e non poco la generazione di tecnici offensivisti che adesso sono assai in voga in Europa e nel resto del mondo.
Dopo la finale persa Bielsa decide di lasciare l’Argentina e di trasferirsi per due anni in Messico, dove allena l’Atlas e l’America: torna nel suo paese natale nel 1997 per vincere il Torneo di Clausura alla guida del Velez Sarsfield.
Nell’estate del 1998 attraversa l’Oceano Atlantico per andare ad allenare l’Espanyol di Barcellona, ma la sua esperienza nella Liga dura pochissimo: a settembre accetta di sostituire Daniel Passarella alla guida della Nazionale argentina.
La Seleccion, sotto la sua guida, dà spettacolo durante le qualificazioni al Mondiale 2002: il 3-3-1-3 proposto dal tecnico ha interpreti del calibro di Samuel, Simeone, Veron e Batistuta, e la squadra è tra le favorite assolute in Corea e Giappone.
Ma succede l’imponderabile, con l’eliminazione al primo turno dell’Albiceleste: Bielsa non molla, e il riscatto arriva due anni dopo, quando la Nazionale olimpica da lui guidata e trascinata da Carlitos Tevez domina ad Atene e vince la medaglia d’oro.
Nel miglior momento della sua carriera ‘El Loco’ stupisce ancora una volta tutti, dando le dimissioni e scomparendo dai radar del calcio d’élite per tre anni: riappare nel 2007, quando accetta la sfida propostagli dalla Nazionale cilena.
Nel giro di pochi mesi il tecnico di Rosario costruisce una squadra altamente spettacolare, che si toglie la soddisfazione di battere la ‘sua’ Argentina in una gara ufficiale e arrivare al Mondiale del 2010 da protagonista.
In Sudafrica il Cile è tra le squadre che giocano meglio e la sua corsa si ferma agli ottavi di finale per mano del Brasile.
Pochi mesi più tardi Bielsa decide di chiudere questa esperienza, durante la quale ha posto le basi del Cile che vincerà la Copa America nel 2015 sotto la guida di Sampaoli, e di provare a ripartire da quell’Europa assaporata solo per pochi mesi nel 1998: per farlo decide di accettare l’offerta di uno dei club più particolari del panorama calcistico mondiale, ovvero l’Athletic Bilbao che storicamente punta solo su calciatori provenienti dai Paesi Baschi.
L’impatto dell’argentino sul calcio spagnolo è assolutamente notevole: i rossobianchi arrivano in finale sia di Coppa del Re che di Europa League, ma sono rispettivamente il Barcellona e l’Atletico Madrid a strozzare l’urlo in gola ai tifosi del San Mames.
La seconda stagione a Bilbao non è all’altezza della prima e Bielsa dice addio al club: ma con l’Europa ci ha preso gusto, tanto che un anno dopo decide di accettare l’offerta di un altro club storico ma decaduto del calcio europeo, ovvero il Marsiglia.
In Francia le cose cominciano tutt’altro che bene: nel corso di una conferenza stampa diventata celebre l’argentino fa capire a critici e tifosi transalpini di essere tutt’altro che un ‘signor-sì’: “Il bilancio della campagna acquisti è negativo.
Ho saputo solamente lunedì pomeriggio dell’arrivo di Doria, ma io non ho chiesto il suo acquisto e non avevo neanche dato il via libera alla cessione di Mendes.
Il presidente non ha mantenuto le promesse, gli avevo fatto 12 nomi di possibili rinforzi e nessuno di questi è arrivato. La realtà è molto differente da ciò che era stato pianificato.
Nonostante tutto, continuerò a lavorare con impegno ed ottimismo, ma non sono soddisfatto per come la società si è mossa sul mercato”.
Ciononostante, archiviato l’impatto traumatico, il Marsiglia comincia presto a macinare gioco e gol: trascinati da Payet e Gignac i biancocelesti danno spettacolo, contendendo quasi fino all’ultimo il primo posto al ricchissimo PSG di Ibrahimovic.
Sembra l’inizio di una lunga e intensa storia d’amore, ma Bielsa ancora una volta spiazza tutti dimettendosi dopo la prima giornata di campionato della seconda stagione a Marsiglia, a causa dei contrasti con la dirigenza.
Il 6 Luglio del 2016 trova l’accordo con la Lazio per allenare in Italia, ma l’esperienza neanche inizia. Si dimette per problemi con Lotito e Tare, rei secondo il Loco di non aver rispettato la promesse di calciomercato.
Nel Febbraio 2017 torna in Francia al Lille e anche qui i problemi non mancano. I risultati non arrivano ma la goccia che fa traboccare il vaso e la partenza senza preavviso del tecnico in Cile per andare a trovare un suo amico malato. Cosa non gradita al club che l’ha scaricato.
Nel 2018 è diventato allenatore del Leeds United, storica squadra inglese che milita in Championship e che ha puntato sul tecnico argentino per conquistare la Premier League.
Nella scorsa stagione, dopo essere stato per molto tempo in cima alla classifica, ha perso posizioni ed è stato eliminato dal Derby County in semifinale dei Playoff per salire in Premier.
Quest’anno invece è riuscito a centrare l’obiettivo e il prossimo anno lo vedremo nel massimo campionato inglese.
Cosa accadrà non lo sappiamo, ma anche in questo caso siamo certi che se ne vedranno delle belle. Del resto da un Loco ci si può aspettare davvero di tutto.
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