Chapman Herbert: il genio dei Gunners
A cura di Storie di Calcio
Se oggi l’Arsenal è una
delle squadre più seguite e vincenti d’Inghilterra lo
si deve essenzialmente a un uomo: Herbert Chapman, il
mitico allenatore che pilotò i Gunners a cavallo fra
gli anni Venti e i Trenta
Arrivò ad Highbury nel
1925 e alla firma del contratto promise che in
cinque anni quella mediocre squadra, che non aveva
ancora alcun titolo in bacheca, sarebbe diventata una
realtà vincente.
Puntuale come una tassa il
26 aprile 1930 arriva il primo alloro.
Wembley assiste al trionfo
dei Gunners nella finale di F.A. Cup contro
l’Huddersfield Town, l’ex squadra di Chapman, nella
partita che cambiò il verso della storia dell’Arsenal.
Chapman era un uomo
proiettato nel futuro, un precursore che rivoluzionò
il calcio con nuove idee e nuove tattiche capaci di
segnare un’epoca.
Poco prima del suo
avvento sulla panchina dell’Arsenal, era stata
modificata la regola del fuorigioco in modo da
favorire gli attaccanti e incrementare lo spettacolo
grazie all’inevitabile aumento delle reti segnate.
Prima del 1925 un
giocatore veniva considerato in fuorigioco se fra lui
e la linea di porta avversaria non vi erano almeno tre
giocatori (portiere compreso); da quella stagione il
numero scese a due e mettere in fuorigioco gli
attaccanti divenne più arduo.
Chapman capì che occorreva
rinforzare il reparto arretrato per non venire sepolti
di reti dagli avversari.
Dopo una catastrofica
sconfitta (0-7) contro il Newcastle, prese da parte
Charlie Buchan, mezzala e leader carismatico dei
Gunners.
Parlarono a lungo di
quella difesa troppo esposta e giunsero a una
conclusione: i terzini si sarebbero allargati sulle
fasce in marcatura sulle ali avversarie, il
centromediano, Jack Butler, non avrebbe più avuto
compiti di regia, per dedicarsi in via esclusiva alla
cura del centravanti.
Per non
sguarnire il centrocampo, le mezzeali parti
integranti del quintetto d’attacco (secondo il
Metodo) sarebbero arretrate per ristabilire
l’adeguato equilibrio tattico, formando con i due
mediani, accentrati e avanzati dalla linea
difensiva, un quadrilatero nel cuore del gioco.
Era nato il modulo
che avrebbe assicurato a Chapman gloria eterna:
venne chiamato Chapman system, in Italia più
semplicemente Sistema, in poco fantasiosa
contrapposizione al Metodo.
Herbert Chapman
era nato il 19 gennaio 1878 a Kiveton Park, un
piccolo villaggio minerario al confine fra il South
Yorkshire e il Nottinghamshire.
Prima di diventare uno
straordinario tecnico, fu un mediocre giocatore di
pallone, una mezzala tracagnotta che non ebbe mai grande
successo.
Fra il 1897 e il 1907
militò in dieci formazioni diverse (Stalybridge Rovers,
Rochdale, Grimsby, Swindon, Sheppey United, Worksop,
Northampton, Sheffield United, Notts County e Tottenham)
sempre da dilettante, sfruttando però la sua laurea in
ingegneria mineraria per lavorare nelle varie città in
cui si trovava a giocare.
Nel frattempo stava
cominciando a studiare i vari metodi di gioco dei suoi
allenatori.
Nel 1907 ritornò a
Northampton nelle vesti di allenatore-giocatore, due
anni dopo appese le scarpe al chiodo e cominciò a
mostrare notevoli qualità manageriali guidando i suoi
uomini alla conquista del campionato di terza divisione.
Dopo altri tre
buoni campionati a Northampton, fece ritorno a
casa, nello Yorkshire, accettando di diventare
l’allenatore del Leeds City, compagine di Division 2
(Serie B). Nel 1913-14 portò la formazione al miglior
risultato della sua storia, quarto posto in B.
Il 4 ottobre del 1919
il Leeds City venne espulso dalla Football League per
pagamenti illegali ai giocatori nel periodo bellico:
dirigenti e allenatori vennero radiati e i giocatori
addirittura venduti all’asta, tenutasi in un hotel di
Leeds, a prezzi stracciati.
Nel 1921 Chapman
riusci a dimostrare la sua estraneità allo scandalo e
venne riabilitato.
Si ritrovò ad allenare
l’Huddersfield Town e al termine della prima stagione
potè già alzare il primo trofeo della sua carriera, la
F.A. Cup.
Due anni dopo,
l’Huddersfield si laurea per la prima volta campione
d’Inghilterra, al termine di una corsa incertissima e
combattutissima con il Cardiff City. Ce n’è abbastanza
per entrare nella storia dei Terriere (il soprannome
dell’Huddersfield), ma Herbert Chapman non si ferma e
nel 1924 conquista un nuovo titolo.
In quattro
soli anni, grazie al suo potere motivazionale, ai
suoi metodi innovativi e all’imposizione di una ferrea
disciplina aveva creato dal nulla uno squadrone
imbattibile capace di vincere una F.A. Cup e tre
campionati consecutivi (l’ultimo quando il tecnico
sedeva già sulla panchina dell’Arsenal). Fenomenale.
Huddersheld lo
aveva lanciato, il nord di Londra lo fece
entrare nella storia. Nel maggio del 1925 il
presidente dell’Arsenal, Henry Norris, gli offrì
2.000 sterline l’anno, lo stipendio più elevato
dell’epoca, e Chapman non esitò ad accettare di
rimettersi in discussione in un club di livello
medio-basso, ma economicamente molto potente.
L’obiettivo:
portare il titolo nella capitale per la prima volta.
Cominciò a lavorare applicando le sue idee
innovative, rivoluzionando il club con metodi
autoritari.
Chiese e ottenne
di acquistare i giocatori migliori in circolazione
perché, diceva, «i calciatori più forti possono
adattarsi a qualsiasi modulo». Sborsando grosse
cifre, l’Arsenal si aggiudicò stelle del calibro di
David Jack e Alex James, un attaccante quest’ultimo
proveniente dal Preston che Chapman trasformò in
centrocampista perno del Sistema.
Erano due dei
migliori giocatori dell’epoca.
L’acquisizione
del fenomenale terzino sinistro Eddie Hapgood,
nell’ottobre del 1927, e quella del giovanissimo (16
anni) attaccante Cliff “Boy” Bastin, nel 1928,
completarono la costruzione di una squadra mitica.
Con la modifica
della regola del fuorigioco bisognava coprire di più
la difesa per impedire che gli attaccanti avversari
imperversassero.
Nacque così il
Sistema. Chapman non venne subito apprezzato,
fu definito difensivista anche per via di alcune
dichiarazioni come: «Ogni squadra che entra sul
terreno di gioco ha un punto garantito.
Se non concedo
alcuna rete, mi rimane almeno questo punto. Se poi
riesco anche a segnare un gol ne ottengo due».
Non rifiutò mai di
ammettere la necessità di una forte difesa al di
sopra di qualsiasi altra cosa, come scrisse nel
1933: «I miei giocatori e io siamo qui per
vincere. E’ chiaro che la squadra che segna più
reti vince la partita, ma per fare ciò tu hai
bisogno che la difesa sia preparata e sveglia.
Tutto ciò è elementare, ma è il fondamento base
del calcio».
Come dire:
l’attacco vende i biglietti, la difesa vince le
partite. Il nuovo schema di gioco si basava sul
contropiede. «Puoi anche attaccare per tutta la
partita e non è detto che vincerai. Secondo me le
occasioni migliori nascono quando ti stai
difendendo dagli attacchi avversari e puoi
ripartire all’improvviso e velocemente,
sorprendendo la difesa altrui impreparata».
Il suo modulo, al
di là delle modifiche di schieramento accennate, si
può riassumere nel tentativo di trasformare la
partita in una serie di duelli individuali.
In quel caso, chi
disponeva dei giocatori migliori avrebbe vinto,
matematica tecnica alla mano.
Ecco perché il suo
modulo fece la fortuna solo di squadre ricche di
campioni, come il Grande Torino in Italia.
Come promesso,
in cinque anni Chapman portò l’Arsenal alla
conquista del suo primo trofeo: la F.A. Cup del
1930. Da realtà perdente i Gunners divennero in
breve la squadra più forte e più ricca di tifosi nel
mondo.
Chapman riuscì a
portare finalmente una squadra londinese alla
conquista del campionato (1931), diventando il
secondo allenatore inglese dopo Tom Watson
(Sunderland 1892, 1893, 1895 e Liverpool 1901) a
vincere con squadre diverse, prima di Brian Clough
(Derby County 1972 e Nottingham Forest 1978) e Kenny
Dalglish (Liverpool 1986, 1988, 1990 e Blackburn
1995).
Un privilegio di
pochi, come si vede, nella storia del calcio
inglese.
L’Arsenal del
tecnico di Kiveton Park vinse i campionati del 1933
e 1934, anno quest’ultimo che vide la prematura
morte del grande allenatore, il 6 gennaio, a causa
di un’influenza trascurata trasformatasi in
polmonite.
Oltre ad
essere stato uno dei migliori allenatori della
storia Chapman è stato un formidabile
innovatore.
Rivoluzionò il
modo di allenarsi e di giocare, era un fine
psicologo, riusciva sempre a trovare le parole
giuste per motivare i suoi giocatori promuovendo
settimanali incontri individuali con loro, e
imponeva una ferrea disciplina con metodi
autoritari.
La sua mente era
proiettata in avanti per migliorare il calcio, non
solo dal punto di vista tecnico e tattico: il 25
agosto 1928 l’Arsenal fu la prima squadra a giocare
con i numeri sulle maglie, contro lo Sheffield
Wednesday.
La F.A. gli
impose di usare casacche tradizionali, ma
Chapman si prese una piccola rivincita facendo
indossare le maglie numerate alla squadra riserve.
Propose di
costruire impianti di illuminazione negli stadi per
poter giocare partite notturne (allora anche le
partite infrasettimanali, nei giorni lavorativi, si
giocavano alle 15 con evidenti perdite ai
botteghini), ma anche ciò non gli venne mai
permesso.
Suggerì di
disegnare, dieci anni prima della sua effettiva
adozione, il semicerchio a ridosso dell’area di
rigore per delimitare la distanza a cui dovevano
attenersi i giocatori prima della battuta del
penalty.
Riuscì a
convincere le autorità cittadine a cambiare il nome
della fermata di Gillespie Road della metropolitana
londinese, linea Piccadilly, in “Arsenal” come
ulteriore lancio pubblicitario per la sua squadra e
richiamo per tifosi e turisti, visto che i Gunners
erano la squadra più famosa d’Europa.
Tutto questo era
Herbert Chapman, non solo un semplice genio della
panchina, ma anche un personaggio nettamente avanti
rispetto ai suoi tempi. Indimenticabile.
Info
Titolo: Chapman
Herbert: il genio dei Gunners
Fonte:
Storie di Calcio
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Il
Football come lo abbiamo sognato
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