La capacità attentiva nel Portiere di Calcio a 5

David CALABRIA

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Premessa

Il calcio a 5 rappresenta uno sport dove l’incidenza delle ridotte dimensioni di campo appare come determinante nell’influenzare a sua volta le dimensioni di spazio e tempo in tutti i circuiti che lo riguardano.

Velocità di pensiero ed esecuzione nelle giocate, aggressività a volte asfissiante e conseguente ricerca immediata degli spazi disponibili, valutazione istantanea del rischio minore a produttività maggiore: sono alcuni degli elementi che puntano dritti al fattore “concentrazione” come parametro indispensabile per la qualità prestazionale del giocatore di futsal.

Termine ahimè spesso “dato per scontato”, abusato o male gestito od interpretato, per cui viene limitato al semplice input trasmesso in determinati momenti della prestazione ( il classico “stai concentrato!” richiesto in circostanze ad hoc dall’allenatore ), il “fattore concentrazione” dovrebbe essere invece valutato come elemento all’opposto allenabile nella settimana di preparazione alla partita., attraverso modalità esercitative che mantengano sempre alta la capacità di “attenzione” a tutte le fasi interessate.

 

Personalmente ritengo la concentrazione come la capacità di attenzione massima ai singoli eventi che assieme determinano la prestazione.

Non un concetto globale ed astratto, ma al contrario un concetto ben specifico, applicabile a qualsiasi situazione richiesta. In sintesi, non credo ad un generale “stare concentrato alla partita”, ma al contrario ad uno stare concentrato a fasi diverse come fase difensiva, fase offensiva, calci piazzati, e così via.

In questa direzione, il ruolo del portiere di calcio a 5 ne diventa automaticamente una delle proiezioni più naturali, in primis per la responsabilità storica del ruolo, ed a seguire per gli aspetti logistici che lo “circondano”, ossia gli spazi di riferimento molto ridotti: visuali semi coperte o a volte nulle, vicinanza/potenza dei tiri, deviazioni ravvicinate, innesco improvviso di superiorità numeriche e necessità di lettura immediata dello sviluppo tattico, decisione del gesto tecnico in una frazione di secondo: il portiere di calcio a 5 vive costantemente in queste situazioni di attenzione allo stato massimale. 

 

Spesso tuttavia questo aspetto, come sopra anticipato, si ritiene che la capacità attentiva esista in modo naturale e scontato nella partita ufficiale, senza invece considerare che si tratta di un elemento al contrario da stimolare continuamente.

In aggiunta a questo, credo occorra quanto più possibile “settorializzarla” verso determinati gesti tecnici e/o situazioni tattiche attuabili/vivibili nella partita. In questa sede tenderemo pertanto a distinguere convenzionalmente la capacità attentiva verso la parata e verso l’uscita.

 

1. La capacità attentiva nella fase di parata

Nell’applicazione esercitativa alla capacità attentiva giocano un ruolo importante quelle che personalmente definisco le tre “c” di un allenamento:

a) “comprensibile”: il portiere deve essere a conoscenza della componente allenata, per cui la consapevolezza di ciò che viene esercitato è fondamentale per l’attenzione alla prestazione;

b) “coinvolgente”: diversificare l’allenamento attraverso un continuo mutamento delle informazioni è componente fondamentale per evitare la monotonia dell’allenamento stesso, e di riflesso il proprio ”allentamento” attentivo;

c) “componibile”: per quanto possibile, sarebbe opportuno combinare gestualità tecniche durante l’allenamento.

 

Un esercizio, ad esempio, fatto di parata più rinvio a seguire, indirizza infatti il portiere verso un’attenzione “allargata”, per cui sapere di avere nel caso specifico due obiettivi diversi (impedimento di un gol e trasmissione palla ad un ricevente) non fa altro, anche in questo caso, che aumentare la prestazione a livello di attenzione all’allenamento. In questo circuito gioca una componente importante (a mio modo di vedere determinante ) l’utilizzo dei cosiddetti “stimoli”, ossia di quelle condizioni psicocinetiche che aiutano il portiere ad avere un livello di concentrazione sempre molto elevato.

Lo simolo può avere tre identificazioni: visivo, acustico, tattile.

 

Lo stimolo visivo rappresenta una reazione ad un riferimento ottico: un colore, un oggetto, un’indicazione.

Lo stimolo acustico rappresenta la reazione ad un riferimento sonoro: una chiamata, un motivo musicale, un rumore.

Lo stimolo tattile, infine, rappresenta la reazione ad un riferimento da tocco proveniente da oggetto o da persona.

Tanto per mostrare come possa persino esistere una variante interna di stimolo ad un singolo parametro di riferimento, verifichiamo ad esempio le possibilità del classico utilizzo del numero in uno degli esercizi forse più banali: partenza dal palo e parata su palo opposto; il numero pari lo facciamo corrispondere alla parata diretta, il numero dispari invece al tocco palo opposto, con parata indiretta sul palo di origine.

Quello che si vuole dimostrare è come un allenatore possa così a tenere alto il grado di attenzione in uno stesso esercizio addirittura usando la stessa logica di stimolo (il “numero”): ad uno sguardo semplicistico potrebbe infatti sembrare identica cosa, ma la variazione qualitativa invece cambia le carte …. mentali nella testa del portiere, e lo fa allenare con estrema attenzione.

Cambiare una semplice virgola, a volte, fa cambiare l’intero senso di una frase …. Dunque l’allenatore potrà “indicare” il numero con la mano, ed allora utilizzerà lo stimolo visivo; potrà “chiamare” a voce il numero, ed allora utilizzerà lo stimolo acustico; oppure potrà far “toccare” il numero (ad esempio sulle spalle del portiere, dal portiere a riposo), ed allora utilizzerà lo stimolo tattile.

L’esempio vuole essere puramente indicativo, ma credo al contempo sia piuttosto significativo sulle potenzialità di variazione degli stimoli nell’esercizio.

Passiamo ora a “tradurre” in termine pratici il significato di capacità attentiva.

Nella parata in porta, la capacità attentiva non è altro che la assoluta concentrazione del portiere verso:

 - situazioni ordinarie, definibili anche come reali, identificate come quelle che hanno origine e termine che non cambiano in corsa: esempio una traiettoria “pulita” di un tiro, che parte normalmente dal calciante. ed arriva altrettanto normalmente tra i pali;

 - situazioni straordinarie, definibili anche come potenziali, identificate invece come quelle che hanno una data origine, ma il cui previsto termine non viene rispettato a causa di fattori condizionanti: esempio un tiro deviato, offuscato, molto ravvicinato.

La proiezione della capacità attentiva nelle situazioni reali è quasi impercettibile, ma si manifesta in genere nell’abilità del portiere ad “aggredire” mentalmente l’intera situazione tattica: spesso il portiere, pur non manifestandolo, può essere distratto da situazioni esterne particolari, anche apparentemente ininfluenti. Partendo dunque dalla considerazione verso l’allenamento della capacità attentiva alle situazione ordinarie, proviamo a tracciare delle situazioni di allenamento che coinvolgano i tre aspetti dello stimolo (visivo, acustico e tattile), per poi passare ad esaminare l’allenamento della capacità attentiva alle situazione potenziali: l’allenamento del campo visivo e l’allenamento della reattività.

Cominciamo con il costruire un esempio di esercitazione attraverso uno stimolo visivo nella parata in porta: in questo caso prendiamo spunto dai colori.

 

L’allenatore si pone sempre a centro area con palloni, il portiere in porta (seduto o in piedi) con le spalle rivolte all’allenatore: questi lancia un pallone che “tocca” il portiere, lo stesso reagisce al tocco girandosi e parando il tiro ravvicinato.

 

Per concludere, proponiamo un esempio di allenamento della capacità attentiva attraverso uno stimolo acustico: questa volta giochiamo con…. nomi maschili e femminili e …un ostacolo alto.

 

L’allenatore si posiziona con palloni a centro area, un ostacolo posizionato ad altezza palo, il portiere che parte in corrispondenza dello stesso.

L’allenatore chiama un nome femminile o maschile: nel primo caso il portiere deve passare sotto l’ostacolo, alzarsi e parare; nel secondo caso, invece, il portiere deve saltare l’ostacolo e quindi parare.

 

Tutte queste esercitazioni sull’utilizzo degli stimoli rappresentano una sorta di “medicinale generico” verso l’allenamento alla capacità attentiva, in pratica distinguendo poco o niente nei riguardi di un determinato aspetto tecnico tattico (non a caso abbiamo scritto di allenamento verso situazioni ordinarie): per capirci, aiuta il portiere nella eterna richiesta dello “stare sveglio”.

Alle situazioni ordinarie si affiancano però molto spesso le situazioni di gioco straordinarie o potenziali, quelle per cui un imprevisto cambia le carte in tavola alla linearità dell’azione: si tratta di tutte quelle circostanze dove un pallone è deviato nelle vicinanze del portiere (volontariamente o casualmente), dove la traiettoria è coperta da presenze fisiche, dove la potenza e la vicinanza del tiro sono tali da rendere la gestualità di parata estremamente veloce.

In questa direzione, l’allenamento alla reattività deve rappresentare il vero pane quotidiano per il portiere di futsal.

La componente reattiva nel nostro sport è infatti determinata dai tre fattori sopra enunciati: traiettorie ravvicinate, traiettorie spezzate, traiettorie ostruite.

 

Se ci riflettiamo, il portiere di calcio a 5 vive già in una frequente condizione di copertura visiva: le logiche di tattica individuale prevedono un “naturale” senso di protezione della linea di traiettoria porta da parte solitamente dell’ultimo giocatore difendente; in regime di fase medio alta di difesa è non condizionante e innocuo: ma quando la fase difensiva si abbassa, l’elemento (o gli elementi) in zona centrale diventano automaticamente condizionanti e potenzialmente pericolosi verso possibili “veli” o deviazioni ravvicinate.

 

Se a questo aggiungiamo le infinite situazioni di gioco in movimento o da fermo, occasionali o studiate, ecco che la componente reattiva presuppone un regime di attenzione sempre elevato.

In tutto questo, l’allenamento della reattività deve quindi necessariamente seguire quanto più possibile la logica delle tre componenti appena esposte, per cui vicinanza/potenza, deviazione e ostacolo visivo diventano così i parametri di riferimento nell’impostazione delle esercitazioni.

Ad aiutare il fattore “c” di “coinvolgimento” negli esercizi è certamente l’uso di “strumenti diversivi” che però conservino sempre la “ratio” sopra richiesta: ecco alcuni esempi:

- palline da tennis: l’utilizzo di racchetta e palline da tennis rappresenta un modo efficace per aumentare la potenza dei tiri, concentrare l’attenzione sul mezzo (le dimensioni inferiori della pallina necessitano di un focus attentivo necessariamente maggiore); rispetto al normale tiro lineare, possiamo integrare un tiro schiacciato (che corrisponde così ad una ipotetica deviazione ravvicinata) oppure aggiungere un ostacolo visivo così da soddisfare l’ennesimo requisito.

- palloni “speciali”: l’utilizzo di palloni di taglia piccola entra negli stessi obiettivi della pallina da tennis (velocità ed attenzione sull’oggetto).

L’utilizzo di palloni leggeri può invece paradossalmente cambiare l’obiettivo allenato a seconda della tipologia di pallone scelto.

Il pallone di volley, ad esempio, calciato con i piedi da media distanza, dispone una traiettoria comunque lineare, per cui il portiere lavora sull’obiettivo diretto alla potenza dei tiri.

Il pallone ad aria (esempio i rinomati “super santos” e “super tele”), calciato anch’esso con i piedi da media distanza a mezza altezza, dispone una 10 traiettoria che, data la leggerezza del pallone, all’improvviso cambia direzione, per cui il portiere si trova a lavorare in forma “coinvolgente” verso l’obiettivo di traiettorie spezzate.

Il pallone da rugby, lanciato con le mani verso terra nelle vicinanze del portiere, porta a cambi di traiettoria post rimbalzo, cosicchè il portiere sembrerebbe lavorare sullo stesso requisito precedente della traiettoria spezzata, tuttavia con una diversa logica prospettica: nel caso dei palloni leggeri, infatti, la deviazione è da linea media a linea media o bassa; nel caso del pallone da rugby, invece, la deviazione avviene da linea bassa a linea media.

Scontato precisare come anche in questo caso, basterebbe inserire una presenza ostruttiva a debita distanza dal portiere, per soddisfare contemporaneamente l’altro requisito della visuale coperta.

- Oggettistica varia: proponiamo ora una serie di oggetti il cui utilizzo possa ancora di più contribuire ad allenare/diversificare/coinvolgere.

L’ utilizzo dei birilli alti, posti a circa tre metri dalla linea di porta, rappresenta un primo esempio significativo: l’allenatore calcia forte sui birilli, il pallone prende una traiettoria diversa, che potrà mantenere linea bassa o linea media a seconda del punto di contatto del pallone stesso con il birillo; si esercita quindi il parametro delle deviazioni ravvicinate.

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Stessa identica struttura utilizzando questa volta proprio …. i palloni come strumento: il tiro dell’allenatore sui palloni, tuttavia, potrebbe apportare una interessante variante nello sviluppo successivo al contatto “pallone – pallone”:

se il pallone calciato toccherà il pallone nell’emiciclo medio alto, il pallone stesso passerà da traiettoria bassa a traiettoria medio alta;

se il pallone calciato toccherà invece il pallone nell’emiciclo laterale, si vedrà come il pallone calciato cambierà traiettoria mantenendo tuttavia una dimensione bassa, con il fattore aggiuntivo di un possibile spostamento verso porta del pallone colpito, che potrebbe aiutare ad allenare la cosiddetta parata in controtempo;

in ultimo, se il pallone calciato dovesse centrare in pieno il pallone a terra, si attuerebbe una sorta di mantenimento della linea di tiro ma attraverso un cambio di pallone: una sorta di traiettoria spezzata-lineare.

Gli ultimi due esempi riguardano l’utilizzo di materiale da palestra, come materassini bassi oppure assi trasformabili in sponde.

Il tiro dell’allenatore raso terra su un materassino, posto a debita distanza dal portiere, porta ad una trasformazione di traiettoria da bassa a medio alta, generalmente mantenendo però la stessa linearità.

L’ utilizzo (anche contemporaneo, perché no?) di eventuali sponde, poste ad altezza dei pali, porta all’allenamento di deviazioni basse, spesso abbinate ad un movimento di approccio originario verso palla, per cui il portiere si trova poi costretto a “riadattare” la posizione, lavorando quindi sulla parata in controtempo.

 

All’allenamento della capacità attentiva in fase di reattività attraverso strumenti possiamo, anzi dobbiamo però necessariamente aggiungere una modalità “ordinaria” di esercitazione: primo per possibile indisponibilità degli strumenti, e poi per il consueto concetto di variazione qualitativa.

 

Un primo esempio di esercitazione può essere l’utilizzo contemporaneo del doppio portiere.

 

L’allenatore posizionato con palloni a media distanza, un portiere in porta, l’altro avanzato a metà area: tutti e due con l’unico compito di … parare i tiri dell’allenatore.

La qualità assoluta di questo esercizio, oltre al non trascurabile fatto di tenere impegnati due portieri assieme, è quella di allenare contemporaneamente i tre requisiti spesso espressi: infatti il portiere avanzato lavorerà sulla potenza e vicinanza dei tiri, mentre il portiere arretrato lavorerà sulle componenti di visuale coperta e di possibili deviazioni causate dal portiere avanzato.

 

Proponiamo ora un ulteriore esercizio, diretto agli obiettivi di vicinanza del tiro ed ostacolo visivo.

Allenatore posizionato con palloni al limite d’area, altro allenatore posizionato con palloni a centro area: la prima parte dell’esercizio è una vera e propria “raffica” diretta verso il portiere da centro area.

Il portiere dovrà essere bravo a lavorare con la velocità massima di arti superiori ed inferiori senza andare a terra (l’obiettivo è proprio quello della velocizzazione del movimento degli arti).

Terminata la serie di palloni, l’allenatore 2 si gira e in posizione passiva farà da ostacolo visivo ai tiri dell’allenatore a limite d’area. Evidente come la prima sezione sia diretta alla vicinanza dei tiri, la seconda alla visuale ostruita.

 

Un ultimo esempio è invece diretto alle deviazioni ravvicinate ed ancora all’ ostacolo visivo.

Allenatore agli otto metri con pallone, portiere a riposo a fungere da ostacolo visivo a metà area, altro portiere a ridosso di un palo.

L’allenatore non deve far altro che tirare cercando un angolo: da un lato di porta, la presenza aggiuntiva di un portiere fa sì che ci possa essere anche una respinta verso porta (parliamo di respinta in quanto questi si trova ad affrontare non un appoggio, ma un tiro vero e proprio anche se….sbagliato), cosicchè il portiere possa lavorare su una traiettoria spezzata.

Dall’altra parte, invece, il lato libero inciderà esclusivamente sull’allenamento alla visuale coperta; ed aggiungiamo anche che il portiere a riposo fermo ad altezza palo svolge anch’egli una funzione “attentiva” preliminare contro una eventuale conclusione contro propria figura.

Potremmo continuare all’infinito, ma gli esempi dall’inizio esposti credo siano indicativi della cura del particolare a cui il portiere deve necessariamente essere sottoposto. Abbiamo dunque visto esercizi diretti alla capacità attentiva verso situazioni ordinarie e verso situazioni straordinarie: una sorta di mix tra le due parti è rappresentata da un’ultima componente, ossia lo studio del campo visivo puro e campo visivo condizionato. Su questo tema parto da una considerazione banale, ossia che, verso  palla in partenza, la visuale del portiere può essere libera da presenze circostanti (campo visivo puro), ma può essere a volte percentualmente “ degradata” dalla presenza di giocatori nei pressi della porta (campo visivo condizionato).

Attenzione, non stiamo parlando di ostacoli visivi, ma di presenza apparentemente non attive, spesso laterali, che però “portano via” decimali di …..“attenzione visuale” al portiere.

Per questa ragione, nelle esercitazioni standard al tiro in porta, ho sperimentato essere importante inserire a volte una “presenza passiva” che svolga questa funzione: in pratica, quasi assurdo dirlo, una presenza che alleni il portiere a concentrarsi sul pallone in percentuale minore rispetto ad un ambiente… “libero da presenze”. Un allenamento che ha il compito di allargare il “campo visivo” del portiere e non stringerlo solamente al circuito verso palla, in quanto in partita purtroppo le presenze condizionanti spesso esistono, e come tali, altrettanto spesso dobbiamo tenerne conto anche durante la fase di allenamento.


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David CALABRIA, Laurea in Scienze della Comunicazione. Docente ai Corsi di I Livello di Coverciano. Relatore corsi specifici nazionali ed internazionali sulla preparazione tecnico tattica ed esercitativa del Portiere di Calcio a 5. Interventi ad invito presso l'Istituto Universitario Scienze Motorie (IUSM).


Data inserimento e aggiornamento nel sito:  10/03/2011 -  01/06/2017

 

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