I fondamenti del nostro allenamento
Il mio lavoro è preparatore coordinativo di squadre di calcio di bambini. Prima del risultato c’è un gioco
e c’è un giocatore. Il gioco è il Calcio. Il giocatore è un bimbo. Per poterci chiamare allenatori in
categorie della scuola calcio dobbiamo avere i piedi ben piantati per terra e capire fino in fondo cosa
significa educare dei bambini a giocare.
Che cosa è il Calcio?
All’età di 7 anni solitamente si gioca liberamente a rincorrere o scappare, si gioca a “1-2-3-stella” a
“nascondino”, “lupo mangia frutta”, si gioca a lanciare, rotolarsi e arrampicarsi, si gioca alla lotta, si gioca a dare pugni, si gioca a dare calci.
Il gioco che abbiamo scelto di allenare e farne sfondo della
nostra professione è quello “dei calci”. Sì perché al bambino piace sia fare gol che calciare o per meglio
dire per questa età .. tirare calci. Anche se queste ultime parole possono forse apparire semplicistiche
verso un giocosport come il Calcio così importante e strutturato nella nostra società, è vero altresì che
specialmente per fasce d’età così basse le motivazioni che portano i piccoli a giocare sono diverse da
quelle che spesso noi allenatori diamo per scontate siano.
Infatti il calcio per il bambino è un gioco che
piace perché è fatto di regole semplici, con giocatori eroi e antieroi che hanno ruoli diversi e con
ambientazione più o meno varia a seconda della fantasia del mister e della situazione metereologica.
Nel rispetto di queste leggi di gioco le persone,e in questo caso i bambini, sono libere di percepire
situazioni e muoversi di conseguenza con la strategia per loro più gratificante. Gratificazione che per
l’adulto è vincere ma che spesso e volentieri per il bimbo è di fare gol o tirare tanti calci alla palla.
Educare al gioco significa dare tutti gli strumenti possibili a una persona per meglio affrontare le
situazioni che quel gioco crea rispettando i bisogni che cerca di soddisfare col gioco stesso. L’adulto ha
bisogno di vincere e sentirsi in forma, il bimbo ci chiede scoperta e accettazione.
Chi è il giocatore?
La seconda premessa che faccio è quella di capire chi è il giocatore. Egli è una persona che si trova ad
affrontare come detto prima situazioni inserite in un contesto di regole e ruoli. Il suo comportamento
quindi nel gioco è, come nella vita, una cartina al tornasole dello stato d’animo, fisico e mentale che
attraversa. Una persona è come gioca. La postura, la personalità e il carattere di un essere umano si
manifestano sinceramente quando egli si muove e quando gioca (le parole invece spesso nascondono
quello che il gioco e il movimento rendono evidente).
Quando una persona gioca possiamo osservare che immagine ha di sé ovvero come percepisce se stessa
e il suo corpo in relazione all’ambiente esterno. Fuori dal campo vediamo gente posata e ben
proporzionata fisicamente che diventa frenetica e maldestra in campo, oppure persone riconosciute
come sorridenti e forti che si dimostrano sfiduciate e irritate nel gioco.
L’immagine che uno ha di sé quindi condiziona il modo di rapportarsi con le cose e le situazioni, e nel
nostro caso il modo di giocare, la percezione e reazione al pericolo e all’avversario. Vediamo 3 giocatori
differenti che portano palla. Pirlo il più delle volte cerca una via di fuga per aggirare l’avversario che gli si
avvicina per contrastarlo; Gattuso mostra i muscoli e va dritto verso lo scontro; Kakà affronta
frontalmente l’avversario muovendosi rapido di conseguenza.
Per il primo è fondamentale osservare
continuamente quello che fa l’avversario per comportarsi di conseguenza, proteggendo palla e servendo
i compagni, per il secondo l’osservazione passa in secondo piano rispetto alla prova di forza e grinta
perdendo e recuperando palla, per il terzo l’avversario è uno stimolo per esaltare la propria fantasia per
creare una grande azione personale.
Tutti e tre i giocatori sono efficacissimi nel loro ruolo ma è indubbio
che percepiscono loro stessi in modo diverso. Anche il loro corpo dimostra atteggiamenti diversi. Pirlo di
media statura, spalle chiuse, con ottima capacità coordinativa, freddo-introverso; Gattuso di bassa
statura, collo taurino, spalle incassate, grande forza agli arti superiori e inferiori, discreta capacità
coordinativa, sanguineo; Kakà di alta statura, spalle aperte, arti inferiori con discreta massa muscolare,
capacità coordinativa sereno-introverso.
Queste osservazioni che non hanno nulla di scientifico si
limitano a far notare che atteggiamenti diversi nelle situazioni di gioco riflettono anche carattere e
strutture corporee diverse.
Se un bambino nell’1 contro 1 dimostra di percepire l’avversario come paura del nemico da respingere
lo vedremo difendere la palla senza pensare allo scopo che è il gol ma con il timore che prima o poi la
palla non sia più sua. Egli inizierà a difenderla prima ancora che il nemico sia giunto vicino a sé. Se invece
il bimbo percepisce il nemico da respingere come un ostacolo da saltare in previsione del gol lo vedremo più propositivo e meno timoroso allo scontro. Infine se il bimbo vede stimolante la situazione di gioco e
divertente superare l’avversario cercherà addirittura anche quando non serve di saltare l’amico.
[
continua
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