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Uno
dei
temi
caratterizzanti
il
Convegno
“Prima
del
risultato”
è
sempre
stato
il
divertimento
quale
elemento
fondamentale
dell’apprendimento.
Il
divertimento
richiama
immediatamente
e
inevitabilmente
l’elemento
gioco.
Essendo
il
gioco
una
attività
che
coinvolge
completamente
chi
gioca
vi
ritroviamo
sia
le
capacità,
sia
le
abilità
che
le
maestrie.
Il
gioco
è
quindi
uno
strumento
attraverso
il
quale
l’individuo
apprende
divertendosi,
ma
è
anche
una
attività
nella
quale
attraverso
il
divertimento
ci
si
può
allenare.
L’apprendere
quindi
come
“gioco
allenante”.
Considerando
che
il
bambino
già
dalle
prime
ore
di
vita
apprende
naturalmente
relativizzando
ciò
che
lo
circonda
“al
e
attraverso”
il
proprio
corpo,
il
gioco
per il bambino
diventa
il
primo
grande
“educatore”.
Se
riteniamo
valide
le
asserzioni
citate,
allora
spetta
a
noi
il
compito
di
garantire
che
sia
così
anche
nel
futuro,
lasciando
ai
nostri
ragazzi
gli
spazi
temporali
naturali
per
poterlo
fare
(gioco
allenante)
senza
bruciare artiHicialmente
le
tappe
del
loro
sviluppo
(specializzazione
precoce).
Se
educare signiHica
“portare
fuori”
allora
dovremmo
cominciare
a
chiederci
cosa
portare
fuori?
Attitudini,
potenzialità,
emozioni,
capacità,
passioni,
motivazioni.
E
come
portare
fuori,
con
quali
metodologie,
didattiche,
strumenti,
attraverso
la
trasmissione
di
quali
saperi
e
seguendo
quale
modello
relazionale.
E infine
chi?
Quanti
sono
i
soggetti coinvolti,
quali
le
loro
storie,
le
loro
caratteristiche,
i
loro
vissuti.
La
didattica
costituisce
lo
spazio
esistente
fra
insegnamento
e
apprendimento,
fra
l’azione
nostra
e
la
reazione
dei
ragazzi.
Quale
didattica
quindi?
La
risposta
a
questa
domanda
è
la
responsabilità
educativa
che
ci
prendiamo
nel
momento
in
cui
decidiamo
di
mettere
al
centro
dell’azione
l’individuo
(e
quindi
l’apprendimento
come
gioco
allenante)
o
la
disciplina
(e
quindi
l’allenamento
serve
per
apprenderla),
tenendo
ben
presente
che
se
si
insegna
attraverso
la
relazione
è
inevitabile
che
insegniamo
la
relazione
stessa.
Divertimento
=
piacere
di
muoversi.
Che
ne
pensate?
Anche
per
voi
è
così?
E
qual
è
la
motivazione
che
vi
spinge
a
muovervi?
La
sensazione
gradevole
dell’esperienza
del
proprio
corpo
nel
vivere
l’attività
sportiva
(armonia,
forza,
destrezza ..)?
L’interagire
con
l’ambiente
e
con
gli
altri?
La
possibilità
di
migliorare
esteticamente
e/o fisiologicamente
la
propria
persona?
Il
piacere
del
confronto
con
sé
stessi
e
con
gli
altri?
Il
desiderio di collaborazione
nella
competizione?
Cos’altro?
Per
me
è
“provare
piacere
in
ciò
che
si
fa”!
Quale
risultato
nel
piacere
nel
movimento?
Quali
le
vostre
risposte?
Per
me
“è
la
soddisfazione,
intesa
come
la
sensazione
di
aver
raggiunto
un
obiettivo
ed
il
rilassamento,
il
riposo
e
la
sicurezza
che
ne
consegue
e
che
prepara
campo
a
nuovi
momenti”
La
soddisfazione
è
una
motivazione
fondamentale
per
le
prestazioni
umane
che
pur
collegandosi
allo
sviluppo
di
altre,
non
può
e
non
deve
essere
persa.
Bene,
ora
con
questo
background
scendiamo
in
campo.
L’obiettivo
è
creare
le
condizioni affinchè
attraverso
la
didattica
proposta
e
il
modo
(relazione)
con
cui
la
proponiamo,
si
possa
raggiungere
il
risultato
di
provare
soddisfazione
nella
realizzazione
del
fare
che
si
sviluppa
nell’incontro
tra
insegnamento
e
apprendimento
(didattica).
“La didattica costituisce lo spazio esistente fra
insegnamento e apprendimento, fra l’azione nostra
e la reazione dei ragazzi.
Quale didattica quindi?”
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Principi di base
Sicurezza: |
|
Un ambiente dove il
bambino si senta protetto e
sicuro. Un posto dove andare al
di fuori della scuola e della
famiglia per giocare senza
giudizio e
aspettative. |
|
Ricettività |
|
La Scuola Calcio
deve essere improntata per
permettere al bambino di ricevere
ciò di cui ha bisogno: la
possibilità di avere spazi,
materiali, amici, persone che lo
sostengano nel suo prendere
tempo e spazio per il gioco. |
|
Espressività |
|
La possibilità di
esprimere sé stesso, di
sperimentare, di scaricare le
proprie energie positivamente.
Avere tempo e spazio per
l’espressività ed il sostegno
adeguato per
manifestarla |
|
Libertà |
|
Solo se esistono le
condizioni precedenti, il bambino
è in grado di giocare liberamente.
Muoversi senza limiti e
limitazioni, ma all’interno di una
situazione di sicurezza e di
contenimento che gli permetta di
scoprire, sperimentare e
modificare i propri
comportamenti.
|
|
Piacere/Passione |
|
Le quattro fasi
precedenti sono la basi naturali che permettono al bambino di
scoprire il piacere di giocare. Tale
scoperta è eccitazione, passione e
si trova ad un livello di energia
superiore rispetto alla libertà.
Anche in questa fase il bambino
va sostenuto nello scoprire le
proprie passioni, senza pretesa di
risultato. |
|
Creatività |
|
La creatività è figlia
della libertà e della passione. Se
il bambino trova le condizioni per
potersi muovere attraverso tutte
le fasi precedenti fino al giocare
appassionato, sicuramente sarà
nella condizione di esprimere la
propria creatività. Intesa come la
capacità di trovare soluzioni
personali nell’affrontare
situazioni di gioco. |
|
Gioia |
|
Quando attraverso il gioco
il bambino sperimenta e vive le
sensazioni di cui sopra, sarà in
grado di giocare con gioia e
grazie a ciò di protrarre il suo
giocare senza tempo. |
|
Mellow - Maturità |
|
Maturo. Prendo in
prestito questo termine inglese
per definire la fase che segue la
gioia di giocare e che si
determina quando il bambino
passa attraverso le fasi
precedenti. Potevo usare il
termine italiano Maturità ma, non
definisce bene questa fase in
quanto non la considero come il
risultato di un percorso, quanto
piuttosto la sensazione che
precede il sentirsi soddisfatti. |
|
Soddisfazione |
|
la sensazione di
avere raggiunto un risultato e il
rilassamento, il riposo e la
sicurezza che prepara il campo a
nuovi momenti. |
|
Se
nella
realizzazione
dell’esperienza
si
sviluppa
il
piacere
di
muoversi,
ognuno
per
sé
stesso
avrà
probabilmente
raggiunto
un
risultato
soddisfacente
sia
che
si
tratti:
per
Paolo
di
riuscire finalmente
a
fermare
la
palla
con
la
suola
della
scarpa.
Per
Leo
di fintare
a
destra
per
poi
scappare
veloce
a
sinistra
sul
proprio
piede
debole
ingannando
il
suo
migliore
amico
Roberto
che
pensava
di
conoscere
tutto
il
repertorio
tecnico
di
Leo
tanto
da
fargli
pensare
che
non
sarebbe
mai
andato
a
concludere
di
mancino.
L’allenatore
quindi verifica
continuamente
durante
l’attività
se
i
ragazzi
nel
loro
fare
esprimono
quel
piacere
del
movimento
che
possiamo
percepire
nel
momento
in
cui
quel
fare
è
leggero
pur
se
pesante,
facile
seppur serenità,
faticoso
e
piacevole,
possibile
e
impossibile,
bianco
e
nero,
avversario
e
compagno,
ecc.
ecc.
Allenarsi
a
sentire
e
percepire
nella
seduta
di
allenamento
tali
sensazioni
(visive,
tattili,
uditive,
propriocettive,
equilibranti)
è
il
possibile
percorso
dell’allenatore
per
diventare
maggiormente
consapevole
del
processo
didattico.
Come
direbbe
il Prof.
Accame "Si tratta, insomma, di aggiungere al bagaglio dell'esperienza
personale nuove consapevolezze"
Nel
periodo
puberale
gli
ormoni
cominciano
a
produrre
nel
ragazzino
cambiamenti
importanti.
Cambiamenti
che
tendiamo
a
pensare
solamente
in
riferimento
all’aspetto fisico.
In
realtà
succede
molto
di
più.
Ora
i
nostri
allievi
cominciano
a
sentire
pulsioni
sempre
più
forti
riguardo
il
piacere
genitale
e
non
solo.
Aumentano
la
forza
e
le
potenzialità
legate
ad
essa.
Aumenta
la
potenza
sessuale
e
la
capacità
di
provare
piacere.
Se
tenessimo
veramente
in
considerazione
quanto
accade
dai
12/13
ai
16/18
anni
dovremmo
tutti
convenire
su
quanto
sia
importante,
in
questo
periodo
adolescenziale
di
forte
spinta
ormonale,
proporre
l’attività
sportiva
nel
rispetto
di
tale
spinta.
Diventa
a
parere
mio
molto
importante
il
sentire
del
corpo
in
movimento
in
funzione
del
piacere
legato
alle
nuove
potenzialità
esprimibili.
Si
va
verso
un
cambiamento
corporeo
molto
veloce,
nel
giro
di
un
anno
alcuni
ragazzi
crescono
di
10/12
cm
e
aumentano
notevolmente
di
peso.
E’
vero
che
ciò
coincide
con
un
temporaneo
regredire
a
livello
coordinativo,
ma
è
altrettanto
vero
che
in
questo
sentire
nuovo
e
in
continuo
cambiamento
c’è
un
enorme
potenziale
da
esplorare.
In
che
modo?
Continuando
a
mettere
davanti
a
tutto
la
percezione
del
piacere
di
giocare
e
fare
sport
che
consente
di
mantenere
elevati
livelli
di
energia.
Invece
succede
che
l’allenamento
tende
a
diventare
in
molti
casi
un
fare
qualche
cosa
riferito
alla
mente
o
un
qualche
altro
riferito
al
solo
corpo.
Non
a
caso
nelle
categorie
Giovanissimi
e
Allievi,
e
non
solo
nelle
realtà
professionistiche,
subentra
la figura
del
preparatore
atletico.
Molto
spesso
quindi
le
sedute
di
allenamento
si
suddividono
in
una
parte
atletica
e
in
una
parte
tecnico ‐ tattica
che
tende
ad amplificare
gli
aspetti
cognitivi
piuttosto
che
quelli
emotivo-‐percettivi.
Corpo
e
mente
ritornano
ad
essere
considerati
separatamente
e
ad
essere
stimolati
separatamente.
In
questo
vedo
un
errore
molto
grande
e
allo
stesso
tempo
un
ampio
margine
di
miglioramento.
Se
manteniamo
prioritario
l’obiettivo
del
piacere
di
muoversi,
le
nostre
proposte
continueranno
ad
essere
organizzate
in
funzione
dell’obiettivo
stesso
e
quindi
non
potranno
prescindere
che
dal
gioco
allenante
piuttosto
che
dall’allenamento
della
tecnica.
L’individuo
quindi
ancora
al
centro
del
progetto
educativo
e
didattico
piuttosto
che
la
disciplina
sportiva.
Cosa
può
aiutarci
a
conoscere
meglio
l’unità
corpo-‐mente
in
funzione
della
didattica
e
delle
unità
operative
da
proporre?
E’
forse
giunto
il
momento
di
cominciare
a
conoscere
un
po’
di
più
metodi,
modelli
e
metodologie
che
danno
vita
a
nuovi significati
nel
rapporto
fra
pratica
sportiva
e
conoscenza
di
sé;
le
Ginnastiche
dolci,
l’antiginnastica
di Thérèse
Bertherat,
il
Metodo
Feldenkrais,
la
Rieducazione
Posturale
di
Marcel
Bienfant,
l’Integrazione
Bodymind
di
Jack
Painter
possono
senza
dubbio
alcuno
contribuire
ad
arricchire
la
cultura
del
“corpomente”
ed
il
conseguente
panorama
delle
Scienze
Motorie.
“L’educazione
attraverso
il
movimento
è
l’educazione
dell’essere
tutto
intero
attraverso
il
proprio
corpo”
(Borgogni).
Se
allenatore
e
preparatore
lavorassero
veramente
in
sinergia
allora
potremmo
parlare
di
valore
aggiunto.
Al
momento
sembra
più
un
dividersi
il
lavoro
che semplifica,
facilita,
organizza
e
separa
piuttosto
che
amplificare
e
unire
forze,
competenze
e
capacità. ----------------------------------------------
Fabio LEPRI:
Diplomato ISEF, Preparatore atletico professionista.
Allenatore di Base Diploma B Uefa
Allenatore squadre minori Bologna Fc 1909
Operatore di Integrazione Posturale - Membro dell'Associazione Italiana Bodymind Integration
Assistente alla Scuola di Formazione in Integrazione Posturale Rimini