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Negli ultimi anni emerge sempre con maggior urgenza la questione delle relazioni tra i diversi soggetti coinvolti nel calcio giovanile. Ed il problema più urgente è diventato il rapporto tra i genitori e le società di calcio giovanile. Ma quali sono i motivi principali di scontro tra le società e i genitori? I genitori hanno chiaro il ruolo delle società di calcio? Ed ancora: le società hanno chiaro il ruolo dei genitori nella crescita del bambino, o del ragazzo adolescente? Le forze in campo sono enormi e l'energia che si sprigiona dall'unione di questi elementi è di valore inestimabile. Non ci possiamo permettere di disperderla. Non solo: con l'unione delle forze si perviene ad un risultato eccezionale: crescere dei ragazzi migliori, equilibrati, che conoscano il vero valore della vittoria e della sconfitta, che non abbandonino un progetto dopo una difficoltà o a causa dell'ostacolo posto da un fattore esterno: allenarli alla vita. E' quindi compito di noi allenatori contribuire in modo pregnante all'unione delle forze, permettendoci nel nostro piccolo di suggerire con fermezza una strada semplice di lavoro di gruppo con compiti ben definiti fra federazione, società, allenatori e genitori. Partiamo dai bisogni dei ragazzi cercando di suddividerli per età. Studi psicologici affermati riconoscono che esiste uno stretto legame tra bisogni ed età: ogni età ha dei bisogni che sono specifici ad un periodo di crescita ben definito. La possibilità di ascoltare i propri bisogni, di esprimerli e di poterli soddisfare aiuta i ragazzi a crescer e a passare ai bisogni dell'età successiva. L'adulto (allenatore e genitore) quindi ha un ruolo importante come educatore nell'aiutare il ragazzo ad affrontare i nodi evolutivi specifici dell'età, utilizzando un linguaggio adeguato. Lo sport, quindi, viene vissuto diversamente nelle diverse fasce d'età perché l'esperienza sportiva segue il corso naturale della crescita.
Bisogni dei ragazzi
8-12 anni PULCINI ESORDIENTI
Bisogni dei ragazzi
13-16 anni GIOVANISSIMI - ALLIEVI
Il bisogno più emergente in questa fase diventa lo scambio con i pari.
Il gruppo diventa uno strumento insostituibile per confrontarsi con i propri pensieri e
sentimenti, per imparare a stare con gli altri, per costruire amicizie e sentirsi accettati.
Il calcio offre il gruppo squadra dove i ragazzi si relazionano, si confrontano accettando le
regole per sentirsi guidati.
L'adulto (allenatore-genitore) svolge anche in questa fase un ruolo importante, anzi,
determinante nel fungere da RINFORZO, da sostegno e da incentivo nelle relazioni dei
ragazzi col loro gruppo.
L'allenatore in questo caso avrà un compito in più: stare attento ad evitare esclusioni di
singoli giocatori.
Lo staff che ruota attorno a giovanissimi ed allievi avrà quindi il compito di favorire le
interazioni di gruppo e di prevenire l'isolamento dei singoli mettendo in risalto che le
specificità di ognuno arricchiscono tutti.
IL MESSAGGIO DA DARE E': PUOI APPARTENERE.
Bisogni dei ragazzi
16 – 20 ANNI CATEGORIE SUPERIORI – PRIMA SQUADRA
In questa fascia di età i ragazzi hanno bisogno di sentire la propria identità come diversa
da quella degli altri, lottano per affermarsi e spesso si sentono messi in discussione dal
mondo degli adulti verso il quale hanno atteggiamenti o di evitamento o di avvicinamento.
Lo sport in questa fase è sia competizione che apertura lavorativa, quindi è importante che
gli adulti di riferimento (allenatore – genitore) trasmettano ai giovani calciatori il concetto
che competere e scoprire i propri limiti è qualcosa di positivo, avere cura del proprio corpo
è un elemento in più per crescere e migliorarsi, restando comunque se stessi.
Lo staff deve essere consapevole di come la preparazione tecnico tattica e atletica deve
essere completata dall'attenzione ai vissuti personali, che entrano obbligatoriamente in
gioco nell'esperienza di crescita dell'atleta.
IL MESSAGGIO DA DARE E': PUOI ESSERE TE STESSO.
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Manca la strada
Già dagli inizi degli anni 2000 si avvertiva sempre di più un generale calo del numero delle
ore impegnate dai ragazzi di qualsiasi età per giocare all'oratorio, in un parcheggio, in un
campetto aperto in città o in periferia, fino ad arrivare ai giorni nostri dove la strada è
presente solo marginalmente.
Non dobbiamo assolutamente sottovalutare questo elemento che manca ai ragazzi di
oggi, per motivi che tutti noi (più o meno condivisibili) conosciamo.
Non ci fidiamo di lasciare i nostri ragazzi un pomeriggio intero a giocare in uno spazio
aperto e pertanto sottoposti a rischio di essere aggrediti, derubati, rapiti (!!!!) o molestati da
un eventuale adulto di passaggio.
E' molto più semplice (apparentemente) per ognuno di noi genitori impacchettare la vita
dei nostri ragazzi suddividendo gli orari ad incastro in modo che gli stessi praticamente
non abbiano alcun tipo di libertà e di conseguenza dipendano in tutto ed in parte dalle
nostre disponibilità di tempo e di denaro.
La strada manca a noi allenatori perché quando i ragazzi arrivano al campo non sono
“svegli” o scaltri come anni fa.
La strada manca ai ragazzi stessi perché le percentuali di infortuni legamentosi ed
articolari sono più alte rispetto a 15 anni fa, ed il motivo è abbastanza intuitivo in quanto
15 anni fa si faceva propriocettiva schivando radici di alberi, montando sui marciapiedi e
mettendo i piedi nelle buche della strada o del campetto in terra.
Anche oggi qualcosa facciamo, ma prima lo facevamo per 4/5 ore al giorno!
La strada manca agli stessi genitori i quali hanno un compito educativo maggiore rispetto a
prima in quanto molto spesso 15 anni fa i ragazzi tornavano a casa e raccontavano ai
genitori di aver litigato o fatto a botte con quello o con l'altro, ma molto più semplicemente
raccontavano di essere arrabbiati perché nel comporre le squadre per la partita del giorno
si veniva scelti fra gli ultimi.
Questo insegnamento ce lo dava la strada e non potevamo dare la colpa a nessuno se
non a noi stessi ponendoci come unico obbiettivo quello di dimostrare a chi non ci aveva
scelto che aveva fatto male!
Oggi questo obbiettivo non si raggiunge rimboccandoci le maniche ed accettando le scelte
e gli errori dell'allenatore, ma i problemi tenta, in modo maldestro ed a volte maleducato,
di risolverli il genitore, che il più delle volte vede giocare il proprio figlio un ora la domenica
e niente più.
Scuola e sport
Per riuscire a capire quali danni possiamo commettere nei confronti dei nostri ragazzi,
dobbiamo per un attimo guardare soprattutto nelle prime due fasce di età sopra riportate
con gli occhi dei ragazzi.
Perché?
Perché per il ragazzo il mondo è completamente diverso da come lo vediamo noi: se pensiamo che il mondo che vede il bambino sia come il mondo che può vedere un
piccolo adulto, uguale a noi ma con capacità limitate, commettiamo un errore
imperdonabile.
Esempio. Per gli adulti esistono compartimenti ben definiti nella vita: lavoro, famiglia, sport e
ciascuno di noi mette in ordine questi aspetti secondo le proprie disposizioni personali e
secondo l'ambiente in cui vive.
Lavoro e famiglia assumono giustamente priorità e sono considerati gerarchicamente
superiori rispetto allo sport.
Per il bambino c'è la scuola, ci sono i genitori, e c'è lo sport.
Se il bambino va male a scuola la prima cosa che gli succede e che gli si vieta di andare
a giocare a calcio.
Naturalmente un genitore può avere dei buoni motivi per non far giocare a calcio il figlio
ma quello che bisogna sapere e che il figlio non darà alla cosa lo stesso significato: per lui
scuola, genitori e calcio sono un contesto unico ed indistinguibile in cui loro orientano i loro
comportamenti solo in funzione di compiacere i genitori.
Impegno scolastico ed impegno sportivo sono indifferenziati generano la stessa ansia e la
motivazione è, soprattutto per i più giovani, compiacere le richieste dei genitori.
Solo con il progredire dell'età il bambino si rende più consapevole che le norme a cui deve
sottostare sono diverse: alcune cose devono essere fatte obbligatoriamente, come la
scuola, altre sono lasciate alla volontà personale: proprio in questa fascia di età che
potremmo identificare con la seconda e la terza sopra descritte, avvengono gli abbandoni
dell'attività sportiva, e cioè quando il ragazzo inizia a plasmare la sua personalità
rendendosi indipendente dai genitori, facendo maggiormente riferimento al gruppo di pari
(compagni di scuola ed amici) per cui se le aspettative dei genitori non coincidono con le
sue si creano attriti fino ad arrivare alla scelta di fare cose diverse dallo sport.
E' qui che assumono un ruolo determinante tutti i RINFORZI che possono provenire al
ragazzo dal mondo adulto e principalmente dalle figure dell'allenatore e del genitore.
Soprattutto nelle prime fasi di vita il bambino è fortemente legato ai rinforzi dei genitori e
alle altre figure di riferimento, ma anche nelle fasi successive il ruolo dell'adulto rimane
importante nonché delicato.
Lo sport infatti offre lo slogan “PALESTRA DI VITA” che possiamo condividere se
considerato come l'irrinunciabile possibilità di insegnare a vincere (cosa che però riguarda
solo pochi) ma soprattutto offre l'opportunità ben più importante di imparare a perdere.
Imparare a dare il giusto significato all'obbiettivo e alla sconfitta è un occasione
irrinunciabile di apprendimento perché se nell'ambito sportivo la sconfitta è non solo
tollerabile, ma fa parte del gioco stesso, (non si può vincere tutti) fuori dal campo di calcio
la sconfitta è meno tollerabile perché può comportare conseguenze più gravi e
difficilmente recuperabili con una bella prestazione la domenica successiva.
Diventa determinante il ruolo dell'adulto.
Il ruolo del genitore che proprio attraverso le sconfitte, o meglio la modalità di superarle ed
interiorizzarle psichicamente conferisce degli strumenti al bambino per costruire la propria
personalità: RINFORZA la personalità del bambino attraverso l'occasione sconfitta.
Il ruolo dell'allenatore che attraverso gli stessi strumenti applicati all'interno del gruppo
squadra, può RINFORZARE l'individuo con incoraggiamenti, compiacimenti, condivisione
dei sentimenti.
Se i RINFORZI sono positivi, i comportamenti entrano nel patrimonio interno dell'individuo
e ne caratterizzano la propria crescita, se invece il RINFORZO è negativo: offese,
punizioni, stigma, mancata partecipazione al sentimento del bambino, il comportamento si
estingue e non entra nel patrimonio personale di crescita del bambino.
Capacità di astrazione e logica mentale
I bambini non possiedono la capacità di astrazione e cioè non possiedono la capacità di
distinguere da soli il sistema delle norme e dell'importanza di esse associate al significato
dei comportamenti posti in essere dagli stessi.
Cerchiamo di spiegarci meglio;
3 + 3 = 6
ciò vale sia per un bambino che per un adulto.
Ma se chiediamo ad un adulto di scommettere € 6000,00 giocandoli a testa o croce, la
maggior parte di noi rifiuterà.
Considerato il valore maggiore se rischiamo di perderli che se rischiamo di vincerli.
Se invece la stessa scommessa l'avessimo fatta con € 6 la percentuale dei giocatori si
sarebbe alzata notevolmente.
Eppure la percentuale di vittoria è la stessa: 50%.
I bambini queste valutazioni non sono in grado di farle, questa possibilità ce la concede
l'esperienza, ed è questo il motivo per cui la nostra specie differentemente dalle altre ha
un percorso evolutivo molto lungo, perché il nostro adattamento
fortemente vincolato all'esperienza.
Crescita e risultati: togliamo la retrocessione
per due anni
Ogni allenatore è consapevole che una buona crescita tecnica, tattica, psicologica ed
atletica dei giocatori che fanno parte del suo gruppo porterà puntualmente ai risultati
massimi aspettati.
L'allenatore sa riconoscere sempre i motivi per cui la squadra ha ottenuto dei risultati
inferiori rispetto al programma prefissato ad inizio di un ciclo o dell'inizio stagione?
Il compito nostro è proprio questo: l'osservazione dei ragazzi durante allenamento e gara
senza la partecipazione emotiva ponendoci più domande possibili sui gesti tecnici proposti
in gara, sulle abilità tattiche individuali e sui limiti sui quali dover lavorare, sulla crescita
graduale ottenuta da ogni ragazzo.
Se faremo questo saremo talmente impegnati a cercare di capire se un ragazzo ha scelto
la ricezione del pallone più adatta, oppure ha letto bene una traiettoria, che non ci sarà
tempo per altro, per la critica all'arbitro o l'emotività del risultato che, francamente, nel
settore giovanile non conta veramente niente.
Qui, però, subentra il problema che abbiamo a monte: la retrocessione.
Se la retrocessione sarà decisa sulla base dei punti ottenuti in classifica dalla squadra,
non faremo altro che alimentare le tensioni, alimentare la ricerca del risultato ad ogni costo
permettendo che un allenatore insegni o suggerisca le “furbizie” ed in questo caso il lavoro
non è programmato con un obiettivo a lungo termine (crescita annuale del ragazzo/
giocatore) ma con un obiettivo a breve termine (vittoria di una partita o di un torneo,
salvezza).
Eliminiamo la retrocessione e le tensioni che si porta dietro, con un riassetto sperimentale
per 2 anni.
E concordiamo uno schema attraverso il quale le squadre meritevoli si incontreranno nel
finale di stagione.
Proponiamo RINFORZI POSITIVI da parte della Federazione: premiamo le squadre che
raggiungono buoni risultati facendole confrontare fra loro in finali regionali e magari anche
nazionali.
La proposta quindi è: togliamo la retrocessione per 2 anni e proponiamo degli indici
per cui le società faranno valere i propri meriti non solo attraverso il risultato (ad
esempio: presenza di istruttori diplomati ISEF, presenza di psicologi, abilitazioni di
allenatori, strutture presenti ecc....).
Così come oggi è pensata la retrocessione serve solo ad alimentare tensione e paura di
perdere.
Esonero dell'Allenatore
Questo è un altro fenomeno sempre più preoccupante e dilagante ed è strettamente
collegato a quello precedentemente descritto.
E qui le società devono dare la svolta per migliorare il calcio-giovanile.
Ogni responsabile tecnico di società deve avere le competenze per scegliere ad inizio
stagione l'allenatore che sarà in grado di far crescere i ragazzi della propria squadra PER
TUTTA LA STAGIONE SPORTIVA.
Ma è assolutamente insensato assistere all'esonero di un allenatore per.... mancanza di
risultati!
Questo è il frutto della mancanza di idee chiare, della mancanza di programmazione
tecnica da parte delle società e della risposta al mondo delle prime squadre dove il 50%
degli allenatori ogni anno viene esonerato.
Ecco allora che si assiste alla modifica del lavoro dell'allenatore già dalla preparazione
pre-campionato per evitare che già dai primi incontri il suo lavoro non venga messo in
discussione dai dirigenti.
A quel punto il tecnico “ va sul sicuro” ed inizia ad allenare già dal pre-campionato la
tattica di squadra in fase difensiva.
Allenare la tattica di squadra è più semplice che allenare la tecnica individuale o la tecnica
in situazione di gioco.
Ma nel settore giovanile non è il mezzo di allenamento da utilizzare maggiormente.
Serve
un lavoro individuale paziente sul giocatore attraverso lavori di tecnica e tattica individuali
che necessitano di tempo, di errori e che non hanno risultati a breve termine, ma ne hanno
di enormi a lungo termine.
Con un lavoro di tattica di squadra, in 1 mese o 2 al massimo una squadra di allievi sarà in
grado di “scimmiottare” movimenti difensivi coordinati con una certa correttezza, ma se
poi i calciatori avranno difficoltà a calciare il pallone oppure a battere una rimessa laterale
qualcosa non torna!
L'allenatore ha le sua colpe e dopo approfondiremo il tema, ma le società non hanno il
diritto di mettere in discussione il lavoro del tecnico fino a sollevarlo dall'incarico per
mancanza di risultati.
A cascata poi succederà che i ragazzi meno abili, meno dotati, non giocheranno mai e
saranno esclusi anche dall'allenamento perché “non c'è tempo!” e l'allenatore deve
pensare a sé: e questo succede molto, troppo spesso.
La proposta è: divieto assoluto di esonero del tecnico di settore giovanile se non
per motivi disciplinari gravi.
L'esonero dovrà essere comunicato in Federazione ed analizzato da consulenti federali
incaricati dalla FIGC che avranno il compito di verificare se ci sono stati dei comportamenti
gravi tali da rendere necessario l'allontanamento del tecnico.
Per motivi diversi (tecnici) la società avrà la possibilità di affidare al tecnico la conduzione
tecnica di un altra squadra, ma solo se l'allenatore lo accetterà, con comunicazione
firmata congiuntamente dal tecnico e dalla società ed inviata in FIGC (es. passaggio dagli
allievi ai giovanissimi).
Fatte tutte queste doverose considerazioni ci preme arrivare alle conclusioni.
Le risorse che abbiamo a disposizione sono enormi.
I bisogni dei ragazzi sono individuabili e differenti per ogni età.
Il compito di noi adulti sarà quello di fornire dei RINFORZI POSITIVI perché solo
attraverso la condivisione di questi mezzi ci sarà una crescita graduale e costante nei
nostri ragazzi.
MA MANCA UNA COSA FONDAMENTALE.
CI DOBBIAMO DIVIDERE I COMPITI E RISPETTARE LE COMPETENZE DI OGNI
ELEMENTO CHE CONTRIBUISCE ALLA CRESCITA DEL GIOVANE:
1- FEDERAZIONE
2- GENITORE
3- SOCIETA'
4- ALLENATORE-----Il bisogno emergente è quello di esplorare il
mondo per rendersi conto delle proprie capacità e nello stesso tempo per
avere più fiducia in se stesso e negli altri, per crescere sereni!
RIEPILOGO:
OBIETTIVI E COMPITI DELLA FEDERAZIONE
1- eliminazione della retrocessione per 2 anni e studio di una formula di riforma dei
campionati e dei criteri per la partecipazione ai campionati regionali e di serie le società
meglio attrezzate.
2- divieto dell'esonero del tecnico eccetto casi disciplinari gravi.
OBIETTIVI E COMPITI DEL GENITORE
1- provvedere alla contribuzione della crescita del proprio bambino attraverso la cura di
un'alimentazione sana e corretta.
2- incentivare il ragazzo a giocare più ore alla settimana (si gioca troppo poco rispetto a
prima)
2- provvedere al continuo e costante appoggio emotivo per la crescita del bambino e
dell'adolescente in modo da essere sia di esempio che di rinforzo positivo.
3- possibilità di ritagliarsi uno spazio all'interno della squadra contribuendo
all'organizzazione delle trasferte, degli allenamenti, sapendo che la presenza e l'aiuto del
genitore è fondamentale e rappresenta una fonte di energia inesauribile per la
sopravvivenza stessa delle società di calcio.
OBIETTIVI E COMPITI DELLE SOCIETA'
1- diventare l'UNICO ricettore delle eventuali critiche all'operato dell'allenatore,
canalizzando tutti i tentativi da parte dei genitori di invischiarsi nel ruolo dell'allenatore con
modi più o meno corretti, e più o meno educati, in modo da impedire quei tentativi posti in
essere da parte dei genitori stessi di manipolare le situazioni in cui si trovano i figli per
agevolare tutto quello che si aspettano da loro.
2- rimarcare il ruolo fondamentale del genitore come supporto all'aspetto emotivo ed
educativo del proprio figlio.
2- comunicare con fermezza che il rapporto tra l'allenatore ed il genitore nell'ambito
sportivo non è alla pari.
Il contesto in cui operano gli allenatori, infatti, si caratterizza da una differenziazioni di ruoli
in funzione delle competenze ricoperte: gli allenatori sono gli esperti, i genitori sono
l'utenza chiunque essi siano e ovunque abbiano giocato.
3- organizzare in modo chiaro i programmi tecnici annuali, provvedere all'organizzazione
logistica, facendo affidamento con chiarezza sulle forze dei genitori (UNIRE LE FORZE)
OBIETTIVI E COMPITI DELL'ALLENATORE
1- devono essere i primi a rispettare la differenziazione di ruoli fra allenatore e genitore,
con un atteggiamento informale ma professionale, mantenendo le giuste distanze con i
genitori stessi.
Un genitore, infatti, non si permetterebbe mai di andare dall'insegnante di matematica a
chiedergli come mai gli ha fatto studiare prima le tabelline e poi l'algebra.....
2- accrescere fino ad un livello alto le proprie conoscenze specifiche in modo da
accrescere la propria autostima e quindi evitare di farsi amici genitori scomodi per
mancanza di fiducia nei propri mezzi e nelle proprie competenze.
Può infatti capitare, anche involontariamente, che un allenatore per essere accettato se
non è convinto di quello che sta facendo, cerchi approvazione nei genitori più esigenti
attraverso una maggiore confidenza o collusione.
3- non farsi sorprendere dalle reazioni dei genitori.
L'insoddisfazione dei genitori può
indurre l'allenatore a pensare di non aver fatto bene il proprio lavoro.
Se questo momento sarà vissuto come uno spunto di riflessione sarà anche un momento
di crescita positivo, ma non deve essere vissuto come un momento nel quale l'autostima
diminuisce favorendo reazioni sbagliate nei confronti dei genitori.
4- lavorare in gruppo con gli altri allenatori confrontandosi continuamente in modo da
vedere gli altri punti di vista e capire dove poter migliorare sapendo che si può migliorare
ogni giorno.
Il lavoro in gruppo permetterà inoltre all'allenatore di non sentirsi solo nei momenti di
confronto o di scontro con un genitore o con la società.
I programmi tecnici saranno condivisi e discussi con tutti i tecnici.
5- non essere gelosi dei giocatori che si allena. L'allenatore di settore giovanile ha
l'obiettivo fondamentale ed irrinunciabile di contribuire con il proprio lavoro, con le proprie
conoscenze, con la propria passione, alla crescita tecnica fisica ed intellettuale di ogni
singolo giocatore.
Non si allena una piccola prima squadra!
RIEPILOGO
L'ipotesi di lavoro di gruppo unendo una volta per tutte le forze in campo potrebbe essere
affascinante, fantasiosa, ma per i più irrealizzabile.
Invece proprio noi allenatori sappiamo che il motore che muove la giornata di ognuno di
noi a percorrere decine, anche centinaia, di chilometri ogni giorno per recarsi al campo di
allenamento, ad impegnare ore e risorse per preparare con la maggior attenzione
possibile un allenamento, a vedere una partita in tv cercando di carpire un gesto, uno
schema, una giocata da riproporre ai ragazzi si chiama passione.
Ed è immensa perché questo sport ha il potere di regalarci in un attimo gioie indescrivibili
e ferite sportive che non guariscono mai.
Il calcio rimane ancora oggi il gioco più bello e seguito al mondo.
La passione è un'energia che ci fa lavorare gratuitamente per mesi, ci fa allenare due o tre
squadre contemporaneamente, ci fa comprare i palloni ai ragazzi se la società non li può
acquistare, e di esempi ne potremmo fare centinaia.
E con questa energia possiamo superare tutti gli ostacoli purché i ruoli e i compiti siano
chiari per tutti e purché tutti (Federazione, genitori, società ed allenatori) si impegnino
nella ricerca dell'obiettivo comune imprescindibile: che il ragazzo cresca in un ambiente
sano e positivo, fatto di persone capaci, rinforzanti e competenti.
Ipotesi fantasiosa o realizzabile?
La sfida è iniziata..............
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Cristiano CIARDELLI,
Allenatore Professionista di 2^
categoria. Ha Allenato il Pietrasanta, gli Allievi Nazionali della
Juventus e ha collaborato quale Allenatore in seconda nel Carpi. Membro
del Consiglio direttivo AIAC Provinciale di LUCCA. Match Analysis presso
UEFA |