Aspetti coordinativi di “differenziazione” durante la realizzazione di un gesto tecnico del gioco del calcio: la ricezione della palla
Emanuele BRUZZONE
Ogni movimento contempla un intervento muscolare.
Il muscolo si contrae massimamente ed esprime una
potenza non condizionata da fattori di regolazione,
ovvero il muscolo si contrae, ma la specificità
della situazione gl’impone di regolare l’energia
dell’intervento.
Questo non solo per il corpo muscolare chiamato in
causa, ma anche per l’intera catena cinetica che,
sinergicamente, partecipa. Peculiare per ogni
movenza .. Un muscolo è costituito da numerose
fibre.
Per queste, com’è noto, vige una legge fisiologica
tale per cui, se stimolate, si contraggono
massimamente. Se lo stimolo resta appena sotto alla
soglia, la stessa fibra non subisce alcuna
variazione contrattile. Per questi effetti tale
legge viene definita “del tutto o nulla”. Come
modulare allora l’intensità di contrazione del
muscolo (costituito da un certo numero di fibre)?
La regolazione dell’intensità della contrazione del
corpo muscolare deriva dal fatto che esiste una
soglia di eccitabilità, specifica per ogni fibra.
Più precisamente, connesse ad un motoneurone, al
quale sono collegate per mezzo di una placca
motoria, un certo numero di fibre muscolari
rispondono allo stesso stimolo soglia.
Motoneurone, placca motoria e fibre innervate vanno
a costituire un elemento di base nella fisiologia
del muscolo: l’unità motoria. Per ogni muscolo le
varie unità motorie, ognuna con livelli di soglia
propri e differenti dalle altre, offrono la
possibilità di modulare il grado d’intensità della
contrazione.
Nelle espressioni di forza massima tutte le unità
motorie avranno ricevuto l’impulso e tutte le fibre
saranno attivate con una contrazione massima.
Invece il lavoro sottomassimale implica l’intervento
delle sole unità motorie sollecitate, non tutte, ma
che, se attivate, provocheranno la contrazione
massima delle fibre a queste correlate.
Le altre, non stimolate perché con un limite soglia
superiore, resteranno completamente decontratte
(vedi appunto legge del “tutto o nulla”).
E’ pertanto la percentuale delle unità motorie
eccitate a determinare l’intensità della
contrazione.
Queste, è utile ribadire, realizzano una contrazione
massima delle fibre ad esse congiunte, le altre
lasciano le loro fibre completamente inalterate
rispetto alla condizione di riposo.
E’ necessario precisare altresì che un’unità motoria
può essere costituita da un numero di fibre
muscolari differente, che può variare di molto ( da
2-3 fino a oltre 1000).
Le unità motorie chiamate al lavoro rispondono
inoltre alle modalità organizzative con le quali,
all’interno di una procedura elaborata a livello del
SNC, devono contrarre le fibre e partecipare
attivamente al movimento.
I processi di reclutamento e di sincronizzazione
delle fibre rappresentano queste fasi “miocoordinative”,
strettamente correlate al fenomeno della regolazione
contrattile e di conseguenza alla efficacia del
movimento. La capacità di ottimizzare il rendimento
di questi processi s’identifica in quegli sviluppi
cinetici denominati appunto di coordinazione neuro
motoria.
Essere coordinati sottende pertanto l’essere
funzionali ed economici relativamente ad un compito
motorio che preveda la necessità di controllare, nei
tempi di reclutamento e nelle modalità sequenziali
(sincronia), l’intervento delle fibre interessate.
n ambito calcistico l’esecuzione di un
“fondamentale” tecnico come la ricezione della
palla, implica, in modo importante, la necessità di
dover coinvolgere, nell’espletazione del gesto,
questi passaggi interni correlati alla regolazione
della contrazione muscolare, assegnando allo “stop”
un coefficiente di difficoltà neuro motoria
decisamente superiore alla media.
Dal punto di vista strettamente coordinativo tali
capacità vengono cosiddette “di differenziazione”,
intendendo sostanzialmente una qualità d’esecuzione
che riduca al minimo i tempi di latenza e di
sovrapposizione nelle fasi di reclutamento e di
sincronizzazione necessari alla realizzazione del
gesto.
Nel tiro in porta, che peraltro rappresenta un
episodio molto importante della partita, l’atleta
esprime un movimento senz’altro subordinato nella
sua efficacia ad una corretta impostazione del corpo
rispetto alla traiettoria di ricezione e ad una
gestualità che prevede una preparazione ottimale nel
suo aspetto globale.
Gli elementi senso - percettivi orientano l’
attenzione dell’ atleta verso l’ attrezzo da colpire
(in sostanza la buona riuscita dell’atto si verifica
se, negli istanti precedenti l’impatto con la palla,
abbiamo ben identificato la situazione motoria da
risolvere, proponendoci correttamente al momento
dell’esecuzione vera e propria).
Chiaramente inferiore risulta per contro la
difficoltà nella regolazione delle fibre coinvolte,
alle quali viene richiesta la effettuazione di un
lavoro esplosivo e massimale, soprattutto laddove si
voglia conferire potenza più che precisione al tiro
in porta eseguito.
Meno subordinate quindi a regole di coordinazione
interna nell’intervento delle fibre stesse. Percorso
ben più complesso, da questo punto di vista, è
invece attribuito all’esecuzione di una buona
ricezione (meglio identificata con lo “stoppare la
palla”).… In un esempio significativo, nel momento
in cui andiamo a finalizzare una trama di gioco con
una conclusione potente (tiro in porta) la risposta
muscolare è paragonabile a quella che il muro compie
quando viene impattato dalla palla.
Risposta rigida e di forte intensità (la quasi
totalità delle unità motorie viene sollecitata,
laddove una ricerca di regolazione degli interventi
potrebbe anche compromettere l’efficacia della
conclusione).
Durante l’esecuzione di uno stop siamo coinvolti
invece allo stesso modo in cui la rete della porta
raccoglie la sfera, ammortizzandone la corsa ed
addomesticandola nel sacco.
Ogni unità motoria resta costantemente sotto
controllo attraverso frequenti modulazioni laddove
si rende necessaria una variazione incessante
nell’intensità di contrazione.
E’ richiesta una continua regolazione delle forze
che sottende un’elevata capacità di controllo neuro
- muscolare, costruita peraltro nel tempo,
attraverso esperienze motorie ricche di variabili e
di richieste di adattamento (se vogliamo seminare
bene durante il periodo dell’avviamento, evitiamo
inutili, se non dannose, forme di addestramento
analitiche, spostandole eventualmente sui programmi
di lavoro dedicati al settore giovanile, dopo i 12
anni, laddove, solo “pescando” dalla quantità dei
movimenti liberamente sperimentati in precedenza,
potremo ottenere la miglior qualità nella
coordinazione di tipo specialistico).
Pare utile precisare che la cosiddetta coordinazione
fine è riservata alle unità motorie piccole, che
muovono piccole masse muscolari.
Anche in fase di reclutamento, le prime ad essere
interessate sembrano essere le piccole unità motorie
(la resistenza elettrica del neurone è proporzionale
alla sua superficie), che peraltro sono anche le più
vascolarizzate acquisendo maggior resistenza e
migliori capacità di recupero rispetto a quelle di
diametro maggiore.
Alle altre (le più grosse), meno coinvolte nel
nostro argomento, sono riservati compiti correlati
alla forza massimale, palesando limiti sia in
termini coordinativi che di recupero (minor
vascolarizzazione), laddove fosse richiesta una
insistita reiterazione del gesto.
Non
dimentichiamo che all’interno dei due esempi di
fibre descritte nel prospetto di cui sopra (lente e
veloci, sottili e di grosso diametro, …), che
evidenzia le caratteristiche ai confini del range,
ne troviamo una consistente varietà con
caratteristiche intermedie.
E’ parso
comunque utile mostrare un quadro riassuntivo di
connotati d’identificazione, che ricordano aspetti
sempre interessanti e collegabili ad ogni forma di
manifestazione contrattile del muscolo.
Volendo infine
offrire al lettore alcuni esempi pratici di
supporto, individuiamo nel palleggio, in tutte le
sue possibili variabili, piede – coscia – testa, con
tempi e sequenze diverse, una proposta didattica
essenziale e propedeutica.
In successione
è razionale proporre esercitazioni tipiche dedicate
alla ricezione, affinando il contatto con l’attrezzo
attraverso le varie parti del piede, ma anche della
coscia, del petto e della testa.
Numerosissimi
riferimenti bibliografici, nonché webbografici, sono
reperibili con estrema facilità e descrivono, con
tanto d’integrazioni grafiche, una scelta nutrita di
mezzi utili allo scopo.
Resta fermo
infine il principio della gradualità che, anche per
tale obiettivo, consiste nell’aumento progressivo
della complessità tecnica delle proposte.
Emanuele
Bruzzone, allenatore di base, laureato in Scienze
Motorie. E-mail:
ebruzz@dipteris.unige.it
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