LEGAMENTI
Se stiamo fermi in piedi le forze (gravità) che agiscono sulle articolazioni sono quasi in equilibrio,
equilibrio che non essendo mai perfetto ci sarà un certo grado di movimento che col tempo metterà in
tensione i legamenti (tensori passivi).
Infatti la statica assoluta esiste solo nel cadavere (Standing Static) e
l’intervallo di tempo che un individuo riesce a stare realmente fermo in piedi è molto limitato (Standing Dynamic).
I legamenti sono strutture elastiche (contengono elastina), si allungano sotto tensioni di
breve durata e recuperano la loro originale struttura quando la tensione viene rimossa.
Sono inoltre
anche strutture plastiche cioè quando vi è una tensione prolungata si allungano definitivamente senza
più recuperare la forma originaria.
Quando i legamenti, che sono i primi ad intervenire, sono sottoposti
a tensione, si allungano progressivamente.
I propriocettori che rispondono allo stimolo di stiramento dei legamenti inducono per via riflessa la
contrazione muscolare adeguata ad annullare la tensione del legamento. Successivamente i muscoli si
rilasciano ed ha luogo un altro breve periodo di posizione statica, ed il ciclo si ripete.
Se il movimento di
una articolazione avviene su un piano non fisiologico (piede instabile squlibrato) con grosse e
permanenti tensioni che superano la loro resistenza si avrà rottura e deformità ma tutto sarà
ovviamente proporzionale al tipo di trauma, di legamento e in funzione del tempo, cioè avviene il carico
di rottura (il minimo peso per rompere o modificare un filo di una certa sostanza, per convenzione 1mm
q).
Quindi possono essere facilmente equilibrate dalla normale azione muscolo ‐ legamentosa.
Al
contrario in un piede eccessivamente pronato astragalo adduce formando un angolo tra i due assi molto
ampio e l’apparato muscolo ‐ legamentoso deve sviluppare forze consistenti per opporsi alle grandi
tensioni che si creano durante la deambulazione).
MUSCOLI
L’efficienza di un muscolo nel creare stabilità articolare dipende dalla sua forza, la lunghezza, efficienza
meccanica dei suoi tendini, stabilità delle proprie pulegge.
‐ Un muscolo normale deve avere una forza sufficiente a resistere ai traumi ascendenti e discendenti
che si sviluppano durante la marcia.
Tuttavia in alcune patologie una posizione scheletrica anormale può determinare un movimento di forza
rotatorio elevato che possa vincere la normale resistenza in modo che il muscolo non possa assicurare
più una certa stabilità articolare.
Un muscolo è in grado di produrre la massima tensione quando si trova
nello stato di lunghezza fisiologica normale che è dato dalla lunghezza di un muscolo in condizioni
statiche. Quando un muscolo è eccessivamente stirato ed allungato la sua tensione lentamente
diminuisce, anche quando un muscolo è accorciato la sua capacità di tensione è ridotta.
Infatti molti muscoli producono la loro maggiore tensione durante il cammino quando sono di lunghezza
normale o leggermente allungati.
Per avere una certa stabilità articolare, alcuni gruppi di muscoli
devono lavorare in maniera sinergica lavorando in gruppo piuttosto che singolarmente (agonisti ed
antagonisti). Nel cammino la contrazione di un muscolo isolato determina una funzione anormale.
‐ L’efficienza meccanica di un tendine dipende dalla lunghezza del suo braccio di leva l’angolo di
inserzione e dalla sua puleggia.
La distanza perpendicolare tra l’asse dell’articolazione ed il punto in cui il tendine supera l’asse viene definito’’ braccio di leva’’.
La capacità di un muscolo di produrre sia movimento che stabilità dipende dalla lunghezza del suo
braccio di leva tra il suo tendine e l’asse di movimento articolare.
Se un tendine passa attraverso l’asse
di rotazione non ha braccio di leva e non può produrre una rotazione o resistere ad un movimento
rotatorio.
Un muscolo quindi è molto efficiente quando il suo tendine è perpendicolare all’asse di
movimento dell’articolazione.
Perciò più è grande l’angolo tra la direzione del tendine e quella dell’asse
di movimento fino al massimo di 90° più efficiente sarà il muscolo nello stabilizzare o produrre rotazione
intorno all’asse di movimento.
Vanno sempre considerati sia l’angolo con cui il tendine attraversa l’asse,
sia la distanza tra il tendine e l’asse stesso.
Un singolo tendine può essere perpendicolare ad un asse di movimento e parallelo ad un altro.
Per
esempio un flessore lungo dell’alluce è un buon stabilizzatore dell’articolazione mediotarsica intorno al
suo asse obliquo, ma è incapace di stabilizzarla intorno al suo asse longitudinale