Con questa premessa, naturalmente benedette sono state, per il sottoscritto, le
modifiche regolamentari che hanno via via mutato il comportamento sia dei portieri che
degli altri compagni di squadra (vedi per tutte il retropassaggio).
Ecco così, proprio
facendo riferimento ai dati oggettivi che emergono dagli scout (rilevazione degli interventi
dei giocatori effettuati in gara) con cui sempre più si leggono e analizzano le partite, che in
effetti le “azioni di attacco” che è chiamato a compiere adesso un portiere, sono
nettamente prevalenti a quelle “di difesa”.
C’è poi da dire, ancora, che grazie al lungo
rapporto di lavoro/amicizia con l’allenatore Ezio Glerean, ho avuto modo di dare
concretezza sul campo a questa predetta “filosofia”, vista l’abitudine dello stesso Glerean a
disporre la squadra in campo in modo tale che al portiere è sempre chiesta collaborazione
in prima persona per la migliore riuscita dell’inizio dell’azione.
Nel mio rapporto dunque
con i portieri (ancor più poi dal ’95, dopo il varo delle modifiche regolamentari che li
riguardavano più da vicino), ho sempre così cercato di dare l’assoluta precedenza a
evidenziare subito quel che loro potevano fare per contribuire a costruire la vittoria della
squadra.
Cercando così di indirizzare la loro attenzione sul
COSA FARE per aiutare la
squadra a vincere, piuttosto che su quel da NON FAR FARE agli avversari per non
perderla. Subito, ad inizio di stagione, nel momento della “conoscenza” con un nuovo
portiere, ho sempre trovato utile presentare lo scout di una gara del portiere della stagione
precedente, avendo cura di descrivere anche come si disponeva la squadra in campo, le
caratteristiche dei vari giocatori-compagni nei vari ruoli e le zone di campo in cui
prevalentemente agivano.
Quali poi i principali movimenti di sviluppo dell’azione e in
generale la mentalità propositiva sempre richiesta al gruppo, in primis naturalmente dallo
stesso Glerean.
Un quadro d’assieme che richiedeva dunque delle risposte e un progetto di
lavoro di cui cercare sempre di mettere bene in chiaro le finalità e pure il percorso da
intraprendere per arrivarci.
Nello specifico, se al portiere chiediamo di calciare
mediamente 30 volte a gara (questo dato risulta dai rilevamenti da me effettuati da circa
dieci anni), oppure gli chiediamo di utilizzare il rinvio con le mani in una zona del campo
ad una velocità opportuna e adatta a far ripartire la squadra; se gli chiediamo di gestire
l’area negli interventi di presa aerea su palloni provenienti da cross laterali o da palle
inattive; è necessario per arrivare a tutto questo avere un portiere che sia Forte, Veloce e
anche Coraggioso.
Nel nostro gruppo di lavoro che per anni ha fatto capo a Ezio Glerean (con Andrea
Redigolo, Enrico Mendo, Fabio Munzone e Pino Lazzaro), la necessità di avere un certo
tipo di giocatori per il gioco richiesto alla squadra ci ha indirizzato ad un approccio il più
possibile “scientifico” nella valutazione degli atleti nella progettazione del loro lavoro.
Ad
inizio stagione, ed a scadenze fisse durante la stagione, i portieri venivano sottoposti ad
una valutazione attraverso una batteria di test che comprendeva:
- Squat Jump, Counter Movement Jump, Counter Movement jump a braccia libere e
Stifness jump eseguiti su pedana Optojump della Microgate.
Il rapporto tra le varie prove
ci forniva informazioni sulle qualità “esplosive” e coordinative degli atleti.
- Dynabiopsy test per la valutazione delle qualità di Forza e Potenza e per l’analisi della
strategia d’uso della catena cinetica estensoria degli arti inferiori.
- Curva Forza/Velocità su Pressa Orizzontale con sistema Real Power della Globus
- 20m sprint con fotocellule Globus
I risultati dei test venivano sempre messi a conoscenza del gruppo in modo che ciascuno
poteva confrontare i propri progressi con quelli di ciascun compagno (anche questo tra
l’altro un modo per il portiere d’essere ancor più “uguale” agli altri).
In base ai risultati
emersi dall’analisi dei test e dalla valutazione tecnica del portiere, veniva progettato il
lavoro fisico e la sua periodizzazione.
Nella nostra settimana tipo, il lavoro “ a secco” per
le qualità di forza veniva svolto il mercoledì mattina assieme a tutta la squadra.
Il lavoro/test sulla velocità veniva invece proposto il sabato mattina a settimane alterne.
Il lavoro proposto era realmente individualizzato, perché ciascun portiere svolgeva il
proprio personale programma che poteva differenziarsi dagli altri sia per la tipologia che
per la quantità e la qualità degli esercizi. In generale la sessione di lavoro del mercoledì
mattina prevedeva tre fasi ben distinte:
1. - Lavoro di Forza massimale e/o esplosiva per gli arti inferiori
2. - Lavoro di Forza resistente o esplosiva per gli arti superiori
3. - Lavoro di rapidità e di Coordinazione dinamica generale
La fase numero 1 comprendeva lavori sulla Pressa orizzontale sia di Forza massimale che
di Forza esplosiva, monitorati con un ergometro (Real Power della Globus) per far si che
ciascun atleta fosse in grado di gestire e controllare il proprio allenamento e, soprattutto,
per monitorare settimana per settimana la loro condizione, così da apportare eventuali
modifiche (carico, potenza, velocità d’esecuzione, etc.) e mantenere il programma di
lavoro il più adatto possibile (mi piace pensarlo…) alle condizioni del momento
dell’atleta; lavori alla Multi power (o castello) per i tricipiti surali; lavori sulla Leg
extension a completamento del lavoro svolto sulla Pressa; lavori sulla Leg curl in forma
eccentrica per compensare il lavoro svolto sugli estensori; lavori sugli ostacoli di 15cm
(hover) e 30-40cm in varie forme.
Nella fase numero 2, la squadra svolgeva lavori a circuito per gli arti superiori ed il tronco,
sia di Forza resistente che, in particolare i portieri, di Forza Massimale ed Esplosiva, con
lavori “a contrasto”.
Nella fase numero 3 la squadra con i portieri lavorava su percorsi allestiti per sviluppare la
rapidità sfruttando le qualità coordinative e di Forza esplosiva.
La durata di ciascun
percorso era non superiore ai 5-6”.
Venivano proposte esercitazioni dove il percorso era
segnato da colori che condizionavano la partenza e l’andatura. L’obiettivo ricercato era
ottimizzare gli appoggi a terra utilizzando le varie zone della pianta del piede.
In questa
fase cercavo di variare continuamente il tipo di esercitazioni proposte, in quanto una volta
riconosciuto il percorso e l’andatura il miglioramento del gesto non veniva sviluppato.
Anche in questa fase il lavoro veniva proposto in forma di competizione tra giocatori o in
forma cronometrata.
Riscontravo che lo spirito che si creava era coinvolgente e
particolarmente stimolante.
Nelle tre fasi la squadra veniva suddivisa in gruppi di 6-8 persone in maniera che noi dello
staff potevamo seguirli e controllarli nel lavoro con particolare attenzione.
Durante la
stagione, quando la squadra lavorava alla ricerca del miglioramento di qualità fisiche che
al portiere non erano necessarie, proponevo inoltre, un lavoro comprendente salite su
panca, balzi, cadute pliometriche in forme e quantità adatte alle caratteristiche dei portieri.
L’allenamento test del sabato mattina, effettuato a settimane alterne, era incentrato su 3
prove sui 20m, cronometrate con le fotocellule.
Curando in questa forma il lavoro fisico riuscivo, nei periodi in cui ci preparavamo tra
portieri, a curare particolarmente l’aspetto tecnico e tattico
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