La
capacità di reazione e le uscite nei giovani Portieri
Massimo
BIFFI
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Osservazioni iniziali
Nel calcio attuale la rapidità, la forza, la potenza, la resistenza alla velocità sono qualità
ritenute sempre più indispensabili.
I ritmi di gioco si sono notevolmente elevati, le azioni
si svolgono con grande intensità, abbreviando inevitabilmente il tempo a disposizione per
analizzarle, per elaborare e scegliere le risposte e per variarle in caso di necessità.
Tutto
ciò rende fondamentale per qualsiasi calciatore, ma in particolare per il portiere, possedere
la capacità di saper reagire in modo rapido e preciso alle mutevoli situazioni di gioco; tale
capacità è definita di reazione. Con essa si intende dunque la facoltà di iniziare un atto
motorio il più velocemente possibile, in risposta ad uno stimolo percettivo.
Il portiere,
oltre ad essere rapido nelle risposte motorie, deve mostrarsi capace nell’applicazione delle
uscite.
La velocizzazione del gioco, la disposizione tattica di molte squadre, l’uso frequente del
fuorigioco, inducono a tenere in campo una posizione alta e ad essere sempre attenti e
pronti nelle uscite, sia alte che basse.
Nello stesso tempo l’uscita, azione già di per sé non
semplicissima, soprattutto a livello giovanile, è resa ancora più difficile dal modo di
calciare degli attaccanti.
Raramente ormai assistiamo a cross alti e lenti, a calci d’angolo
battuti verso il secondo palo o al di fuori dell’area piccola. Più spesso invece notiamo
cross veloci, a giro, calci d’angolo corti con avversari appostati sul primo palo e altri che
arrivano in corsa.
Effettuare un’uscita in tali condizioni non è sicuramente agevole.
Il
portiere per compiere questa azione deve possedere specifiche doti di carattere percettivo -
cognitivo (valutazioni delle traiettorie, valutazione della situazione di gioco, attenzione,
anticipazione);
di carattere coordinativo (coordinazione spazio-temporale, capacità di
adattamento, di combinazione motoria e altro);
di carattere fisico - atletico (statura, forza,
rapidità, elevazione);
di carattere tecnico (abilità specifiche).
E’ necessario in primo luogo
però che il portiere non mostri timore ad uscire; neanche dopo un errore.
Alcuni invece, dopo un’uscita sbagliata, la volta successiva si mostrano titubanti, ansiosi,
indecisi e rinunciano a compiere tale gesto per paura di commettere un altro errore, spesso
condizionati anche dalle “sentenze” degli allenatori, dei dirigenti, del pubblico, subito
pronti a criticare un portiere che non esce, per poi condannarlo alla prima uscita sbagliata.
L’estremo difensore per essere abile nell’applicazione di tale gesto dovrà dunque
evidenziare anche particolari doti caratteriali quali sicurezza, coraggio, decisione,
equilibrio.
Alcuni manifestano in modo palese queste qualità, altri invece, sempre nell’ambito delle
loro potenzialità, vanno aiutati e sostenuti ad esprimerle, già a partire dal settore giovanile.
E’ importante che il preparatore dei portieri (e/o l’allenatore) sappia instaurare coi propri
allievi un rapporto costruttivo e un clima sereno che favoriscano l’acquisizione di
sicurezza e fiducia nei propri mezzi, di una mentalità attiva e positiva. Nel settore
giovanile occorre, con gradualità, abituare il portiere a un gioco rapido, dinamico, vario.
Ma è necessario rispettare le caratteristiche di ogni fascia di età e le qualità di ogni singolo,
selezionando obiettivi, mezzi, metodi e contenuti adeguati.
Spesso ai giovani, anche ai più
piccoli, si propongono le stesse attività degli adulti, ma non solo: si pretendono anche
identiche risposte. Se è vero che alcune esercitazioni possono essere eseguite sia dai grandi
che dai piccoli, è altrettanto vero però che la quantità e l’intensità non possono essere
uguali sia per gli uni che per gli altri, e che la qualità delle risposte non può essere la
stessa.
Un giovane portiere non sarà in grado di esprimersi in modo rapido, preciso,
potente e con le stesse valutazioni ed intuizioni di uno adulto.
Si rende pertanto necessario, anche per quanto riguarda le capacità di reazione e di uscita,
differenziare gli obiettivi e le attività adattandoli alle varie fasce di età.
Soprattutto coi più
giovani sarà importante ricercare lo sviluppo dei prerequisiti di tali abilità, tenendo conto
che queste si strutturano sulla base di solide capacità percettive e coordinative;
si dovranno graduare le difficoltà e adeguare gli spazi e i tempi delle attività, vale a dire le
distanze, le traiettorie, le pause, la velocità dei tiri, degli attaccanti e altro; sarà inoltre
opportuno adottare una metodologia varia, polivalente e multilaterale.
Il giovane portiere deve mostrarsi sempre pronto all’uscita ed essere in grado di saper
rispondere velocemente ed efficacemente a situazioni di gioco che non sono mai identiche.
Ritengo pertanto necessario evitare forme di schematismo, di condizionamento, preferendo
invece una metodologia che consenta al portiere, anche a costo di sbagliare, di scegliere da
sé la risposta e di sperimentarne la validità.
Ciò non significa che sia poco importante creare degli automatismi, ma questi devono
riguardare la tecnica, la corretta esecuzione di un gesto; la scelta della loro applicazione va
lasciata al portiere, il quale, in base alla situazione di gioco, deciderà la posizione da
assumere, se intervenire e come intervenire, cioè quale abilità tecnica impiegare.
Troppo
spesso l’allenatore si sostituisce al portiere scegliendo per lui, fornendogli delle soluzioni, ordinandogli di agire, ma impedendogli di pensare. Non che egli debba evitare di dare
consigli, suggerimenti, opinioni, anzi ….., ma ciò che è contestabile è l’utilizzo di una
metodologia direttiva, rigida, che prevede l’impiego sistematico di esercitazioni con
risposte prestabilite e uniche.
Tutto ciò, se può dare risultati immediati, credo che alla lunga possa formare portieri
mentalmente rigidi, schematici, senza capacità di anticipazione, di scelta, di adattamento.
La capacità di reazione è una qualità fondamentale per il portiere e va coltivata già in età
giovanile.
Essa supporta ogni scelta ed ogni intervento e va considerata non solo come capacità di
eseguire rapidamente un gesto, ma soprattutto come capacità di selezionare il più
velocemente possibile la soluzione più efficace per rispondere ad una situazione.
A cosa
può servire essere rapidi nell’esecuzione di un automatismo, se non si è in grado di
scegliere quando applicarlo? Così, è sufficiente saper eseguire rapidamente i gesti tecnici
dell’uscita, se non si comprende quando uscire oppure si è lenti nel deciderlo?
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La capacità di reazione
Si è detto che la capacità di reagire velocemente ad uno stimolo è una qualità
fondamentale per il portiere. Tale capacità si realizza grazie alla funzionalità del sistema
nervoso centrale, attraverso il quale siamo in grado di relazionarci con il mondo esterno.
Il
SNC raccoglie gli stimoli ambientali mediante apposite strutture sensoriali, i recettori; da
qui gli stimoli raggiungono, viaggiando lungo fibre nervose definite afferenti o sensitive, il
cervello.
A questo livello le informazioni sensoriali vengono decodificate ed organizzate,
assumendo il carattere di percezioni.
Il cervello, in base alle informazioni ricevute, elabora
e invia ai muscoli, attraverso i nervi efferenti, la risposta motoria (se necessaria).
L’insieme del recettore, della fibra nervosa afferente e della zona specifica della corteccia
cerebrale a cui arriva il segnale, costituisce l’analizzatore sensoriale. Vengono classificati
cinque tipi di analizzatori:
- cinestetico (fornisce informazioni relative al movimento)
- statico-dinamico o vestibolare (informa sulla posizione e sui movimenti della testa)
- visivo
- acustico
- tattile.
Tutti gli analizzatori, seppure in misura diversa, concorrono nell’informare il portiere
relativamente alla situazione di gioco, alla sua posizione, ai suoi movimenti.
L’eccitazione
di un recettore, come detto, può provocare una risposta motoria; si parla in questo caso di
reazione.
Il periodo che intercorre fra l’eccitazione del recettore e la risposta è definito
tempo di latenza e varia a seconda che si tratti di una reazione semplice o complessa.
C’è
da notare che la rapidità del movimento di risposta è indipendente dal tempo di reazione.
Reazione semplice:
Si manifesta quando sia lo stimolo che la risposta motoria sono
prestabiliti, cioè già noti prima dell’azione (esempio: il portiere ad un preciso segnale
effettua un’uscita bassa verso un pallone fermo).
Reazione complessa: Si manifesta
quando la risposta motoria deve essere scelta ed effettuata in riferimento ad uno stimolo
non predeterminato, quindi non conosciuto in precedenza (esempio: il portiere, rivolto
verso una parete, para, dopo il rimbalzo, il tiro dell’allenatore posto alle sue spalle).
Più
stimoli presenta una situazione e più il tempo di reazione complessa tende a salire.
E’
generalmente riconosciuto che la capacità di reazione semplice è limitatamente
migliorabile, in quanto è strettamente dipendente da fattori nervosi; essa dunque è
determinata soprattutto dalle caratteristiche individuali e dall’età.
Ciò non significa però che essa non debba essere specificatamente stimolata; occorre
infatti fare in modo che ogni soggetto possa esprimere tutte le sue potenzialità.
Per
abbassare i tempi di reazione semplice occorre, da una parte accrescere la familiarità,
l’abitudine alla situazione percettiva, cioè allo stimolo, e dall’altra ricercare
un’automatizzazione massimale della risposta, in modo da renderla il più possibile
coordinata, efficace, sintetica.
La capacità di reazione complessa si basa oltre che su fattori nervosi, sul vissuto, cioè
sulle esperienze precedenti, e sulla capacità di anticipo; pertanto essa è maggiormente
migliorabile, rispetto alla reazione semplice, attraverso un allenamento specifico.
Se nel
processo di riconoscimento di un segnale siamo in grado di ricondurlo ad un evento già
noto e, quindi, di riconoscerlo immediatamente, la risposta motoria risulta più veloce.
Diventa dunque di estrema importanza, soprattutto a livello giovanile, sperimentare più
situazioni e creare un’ampia memoria motoria.
La capacità di anticipazione abbassa
notevolmente i tempi della reazione complessa. Con essa si intende la capacità di
prevedere, di intuire l’esito di una situazione, consentendo di selezionare in anticipo la
risposta motoria.
Tale qualità é dunque una dote fondamentale per il
portiere, essa supporta la capacità di reazione e ne determina la rapidità.
La capacità di
reazione sia semplice che complessa va sviluppata già nei giovani portieri.
Occorre però tener conto che più giovane ed inesperto è il portiere e più i tempi di reazione
tendono a salire. Pertanto essa va allenata proponendo situazioni e tempi adeguati all’età.
Ritengo importante stimolare la capacità di reazione semplice, ma soprattutto sviluppare la
capacità di reazione complessa, al fine di sollecitare processi percettivo - cognitivi
altrimenti poco coinvolti.
In sintesi, nel settore giovanile ritengo opportuno:
- sviluppare le capacità senso-percettive
- sviluppare le capacità coordinative
- formare un vasto patrimonio motorio
- automatizzare gli apprendimenti e, sulla base di quelli acquisiti, formarne di nuovi
- stimolare la capacità di anticipazione
- stimolare la capacità di reazione semplice
- sviluppare la capacità di reazione complessa.
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L'uscita
Generalmente l’uscita viene considerata come la semplice esecuzione di un gesto tecnico.
Personalmente preferisco classificarla come un’azione tattica, la quale si concretizza
attraverso abilità specifiche.
Infatti per realizzare un’uscita il portiere deve:
- analizzare i dati della situazione
- scegliere se intervenire o non intervenire
- scegliere le modalità d’intervento
- eseguire il gesto tecnico.
Come si può notare l’esecuzione è solo la fase conclusiva di un atto ben più ampio e
complesso.
Ciò che caratterizza l’uscita è la possibilità di scegliere se intervenire o non
intervenire.
Nel parare un tiro in porta il portiere non ha questa possibilità, è obbligato ad
intervenire, potrà solamente scegliere come farlo.
Proprio per questi motivi l’uscita è un’azione che richiede tempestività, decisione,
coraggio, sicurezza, oltre che doti tecniche, coordinative, percettive.
La realizzazione di
un’uscita è sicuramente un atto difficile per tutti i portieri, ma soprattutto per i più giovani,
le cui capacità percettive e motorie non sono del tutto strutturate o adeguate a situazioni
veloci e complesse. Una corretta analisi dei dati della situazione di gioco risulta
fondamentale per l’effettuazione di scelte appropriate.
Prima che si concretizzi l’azione avversaria il portiere deve considerare:
anticipazione
- La sua posizione
- La posizione della palla e il suo stato
- La posizione e il movimento dell’attaccante in possesso di palla
- La posizione e il movimento degli attaccanti
- La posizione e il movimento dei difensori
- Le condizioni climatiche e del terreno.
Quando si realizza l’azione avversaria il portiere deve considerare: valutazione
- La velocità del pallone
- La traiettoria del pallone
- Il movimento di attaccanti e difensori
Il portiere in base alle informazione ricevute coi processi di anticipazione e valutazione
elabora la sua azione di risposta e la concretizza mediante abilità specifiche (uscita alta, in
tuffo, con respinta, ecc.).
Tali abilità si strutturano sulla base di determinate capacità
coordinative e condizionali.
Capacità coordinative dell'uscita
- Coordinazione spazio - temporale
- Coordinazione oculo - manuale
- Capacità di accoppiamento e combinazione
- Capacità di equilibrio
- Capacità di differenziazione senso-motoria
- Capacità di reazione.
Capacità condizionali dell'uscita
- Rapidità
- Forza rapida
- Mobilità articolare
In base a quanto detto risulta chiaro come nel settore giovanile sia essenziale ricercare e
sviluppare in primo luogo i prerequisiti dell’uscita (capacità senso-percettive, capacità
motorie), per giungere poi a strutturare le abilità tecniche; tutto ciò attraverso attività che
consentano di sperimentare, di valutare, di confrontare situazioni, traiettorie, soluzioni.
Sarà dunque importante far conoscere e verificare tutti i tipi di traiettorie: tese, a parabola,
veloci, lente, alte, basse; occorrerà proporre varie situazioni di gioco, adeguandole all’età
dei soggetti a cui le proponiamo, iniziando da quelle più semplici sino a quelle più
complesse (n° di avversari; velocità delle azioni).
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Il tuffo del Portiere
I portieri sono spesso definiti un po’ matti per i loro tuffi, le loro acrobazie, le loro uscite
spericolate. Di certo essi devono mostrare coraggio, decisione e forti motivazioni per
compiere tali azioni, ma devono anche possedere coscienza dei propri mezzi, fiducia in se
stessi, nonché una preparazione adeguata.
Il tuffo è sicuramente l’aspetto più caratteristico
del portiere, è il gesto più spettacolare, più coreografico, ciò che più affascina e colpisce di
questo ruolo, esalta il pubblico e il portiere stesso.
Molti giovani decidono di fare il
portiere proprio perché sono attratti dal volo, dal tuffo.
Questo non è però un gesto
casuale, seppure a volte possa risultare istintivo, ma richiede una corretta tecnica di
esecuzione che si apprende con un addestramento specifico e progressivo.
Il tuffo può
essere definito come un fondamentale tecnico che il portiere effettua quando, non potendo
intercettare in stazione eretta un pallone troppo distante e veloce, perde volontariamente
l’equilibrio e cade, dopo una spinta più o meno intensa degli arti inferiori, con il corpo
proteso ad incrociare la traiettoria della palla. Il tuffo prevede quattro fasi:
1. una fase di sbilanciamento, in cui il portiere porta la verticale passante dal proprio
baricentro al di fuori della base di appoggio, formata dai piedi , perdendo così l’equilibrio;
2. una fase di spinta più o meno accentuata a seconda della distanza del pallone; la spinta
deve avvenire con l’arto inferiore corrispondente al lato del tuffo, dopo uno spostamento
del piede in avanti-diagonale o lateralmente oppure dietro diagonale; con palloni veloci
vicini al portiere la fase di spinta è pressoché nulla; in tale situazione, per cadere il più
rapidamente possibile, è anzi necessario sollevare e togliere il piede d’appoggio più vicino
al pallone;
3. una fase di volo che può essere più o meno lunga a seconda della forza di spinta e
durante la quale si intercetta il pallone; la traiettoria del volo deve essere la più immediata,
la più diretta possibile verso la palla, evitando il cosiddetto tuffo ad arco;
4. una fase di caduta che deve avvenire in modo graduale al fine di evitare possibili traumi;
l’impatto col suolo deve essere ammortizzato appoggiando dapprima la parte esterna della
gamba, successivamente quella della coscia e dell’anca; l’azione terminerà sulla parte
laterale del tronco, su spalla e braccio, evitando assolutamente di cadere sul gomito.
Il contatto col pallone può avvenire attraverso una presa o una deviazione. La presa viene
eseguita per bloccare la palla; sui tiri rasoterra essa si effettua ponendo una mano dietro (la
stessa del lato del tuffo) e una sopra al pallone, chiudendolo a terra; sui tiri alti la velocità
della palla viene smorzata mediante una flessione delle braccia e un avvicinamento della
sfera al corpo, appoggiandola poi al suolo oppure girandola al petto.
Durante la presa le
mani devono coprire il più possibile il pallone, con dita bene aperte, pollici distesi e
ravvicinati (all’incirca sulla stessa linea) e indici convergenti.
La deviazione è compiuta dal portiere con l’intenzione di modificare la traiettoria della
palla, qualora possa risultare rischioso o difficile effettuare una presa (tiri forti, palloni e
terreni viscidi, tiri veloci e angolati); può essere effettuata a due mani (superficie d’impatto
più ampia e sicura) o a una mano (gesto più rapido e maggior distensione del corpo).
Il tuffo per il portiere deve riuscire un gesto abbastanza spontaneo, naturale; esso però va
appreso, migliorato, perfezionato attraverso appropriate esercitazioni tecniche ed attività
propedeutiche come la preacrobatica e gli esercizi di contatto col terreno.
Nei lavori di preacrobatica vengono eseguiti movimenti con fasi di volo, con perdita di
equilibrio; principalmente si propongono capovolte e salti di vario genere, rotolamenti,
verticali, ruote, esercizi con pedane, trampolini elastici, materassoni.
Durante tali attività l’uso e la gestione dello spazio risultano decisamente atipici, in quanto
il corpo assume posizioni insolite.
Il sistema senso-percettivo viene diversamente
stimolato rispetto alla stazione eretta; diminuisce o é nullo l' apporto delle informazioni
tattili, e in alcuni casi anche visive, mentre vengono maggiormente sollecitati i
propriocettori (recettori del movimento) e in particolare il sistema vestibolare (informa
sulla posizione e sugli spostamenti del capo nello spazio).
L’obiettivo della preacrobatica è
quello di migliorare l’agilità e la destrezza del portiere e di garantirgli un progressivo
controllo segmentario e globale del corpo.
Le attività di contatto col terreno hanno lo
scopo di far prendere confidenza al portiere col lavoro a terra, abituandolo all’impatto con
il suolo che deve avvenire in modo graduale, attutendo la caduta.
Esse consistono in
movimenti come rotolare, rullare, strisciare; esercizi vari in posizione prona, supina,
seduta, in decubito laterale, in quadrupedia.
Importanti sono le cadute con rullata per
imparare a smorzare l’impatto col terreno; si possono eseguire in avanti, all’indietro, sul
fianco; è consigliabile iniziare con cadute da posizioni abbassate per poi alzarsi
gradualmente (in ginocchio, in accosciata ecc., per arrivare a cadute dopo salti).
Le
esercitazioni di contatto possono venire utilizzate anche in fase di riscaldamento per
prepararsi alla esecuzione di lavori più impegnativi.
Sia le attività di preacrobatica che di
contatto si possono svolgere con o senza palla, ma è consigliabile, soprattutto coi
principianti, cominciare senza per concentrare l’attenzione solo sul gesto motorio.
Per quanto riguarda l’addestramento puramente tecnico, dopo un primo approccio di
carattere globale, si propongono lavori prevalentemente analitici mediante i quali si vuole
dare la corretta impostazione al tuffo o si vogliono correggere eventuali difetti;
successivamente si passerà ad automatizzare il gesto tecnico nella sua globalità.
Naturalmente è necessario organizzare le esercitazioni in sequenze ordinate e progressive.
Per giungere al tuffo dalla stazione eretta è bene, soprattutto coi più piccoli, partire da
posizioni con baricentro più basso per abituarli gradualmente all’impatto con il suolo.
Si
inizierà con parate da posizione seduta, poi in ginocchio, in accosciata, in piedi; dalla
stazione eretta si comincerà con tuffi senza spinta, poi con spinta, con spinta verso l’alto,
con passi di rincorsa.
E’ consigliabile all’inizio esercitarsi con palla ferma per poi passare
a palla in movimento, con diverse traiettorie e velocità.
Lo spazio da dedicare agli esercizi analitici deve variare a seconda delle capacità e dell’età
dei soggetti; coi portieri più giovani tali lavori dovranno essere affiancati da attività di
carattere globale, ludico, in forma induttiva. Non dimentichiamo infine che se il tuffo da
un lato provoca piacere ed emozioni, dall’altro può essere anche causa di infortuni più o
meno gravi come contusioni, abrasioni, borsiti; questo specialmente in allenamento,
quando il portiere compie decine di tuffi.
Sarebbe bene quindi, soprattutto in caso di
superfici dure e sconnesse, evitare alcuni tipi di esercitazioni, fare in modo che il portiere
abbia un abbigliamento adeguato, possibilmente utilizzare materassini o materassoni.
Tutto ciò per ridurre il rischio di traumi, non solo fisici, ma anche psicologici che
potrebbero provocare nel nostro “numero 1” paure ed inibizioni e una disaffezione al
ruolo.
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