- regole che delimitino un nuovo “MERCATO”
- che vadano a colpire la base del “MONDO CALCIO”
- riforma del DILETTANTISMO cercando di creare una struttura
adiacente, collegata e contigua al PROFESSIONISMO e all’istruzione.
PROPOSTE (sinteticamente)
1. Accorpamento di tutti i campionati dilettantistici (dalla 3^
categoria alla serie D) in un unico campionato. Obiettivo:
eliminazione dei fuori quota, delle retrocessioni, razionalizzazione
dei costi gestionali, permettere a tutti di giocare contro tutti, e
ciò almeno nelle fase iniziale.
Suddivisione in gironi all’italiana privilegiando l’accorpamento in
base all’appartenenza geografica, quindi partendo da una fase
distrettuali/comunali per poi progressivamente passare per una
provinciale prima ad una regionale, concludendo una finale nazionale
in modo che una squadra di blasone, o nobile decaduta, incontri una
squadra anche di quartiere.
Sostanzialmente una FA CUP senza eliminazione diretta; favorire lo
sviluppo dei gironi in modo che successivamente, sempre tenendo
conto il più possibile delle distanze geografiche, alla fase
iniziale le squadre che si incontreranno esprimano valori omogenei;
Inversione del campionato rispetto ai professionisti, con obbligo di
iniziare la preparazione entro una certa data (es. 15/02) finire la
stagione regolare entro es. 30/10, e le finali entro es. 30/11.
Obbligo di allenarsi da una certa ora in poi e di non fare più di
tanti allenamenti alla settimana, almeno fino alla fine della
stagione regolare (il tutto potrebbe essere risolto giocando il
venerdì sera e imponendo il riposo al sabato e alla domenica).
Limite TASSATIVO DI RIMBORSO SPESE, libertà di decidere il premio
finale (come, quando e perché sono disposto a parlarne
dettagliatamente in separata sede).
Istituzione di due finestre per scambio giocatori con i
professionisti ( es. 15-20/07 e una 01-20/12), per permettere al
dilettante in salita di essere preparato con metà o tutta la
stagione sulle gambe; e alla squadra che punta alla vittoria di
pianificare lo sforzo economico a metà percorso in base a tutte le
variabili del caso; inoltre giocatori infortunanti, se
professionisti, potrebbero ricominciare in categorie meno stancanti
e allenarsi senza problemi di ottenere, a tutti i costi, risultati
elevati.
Gestire assieme ai Comuni la possibilità di convogliare partite o
gironi del campionato, con le sedi dei tornei estivi (sagre paesane)
per riqualificare il prodotto restituendo un ambito POPOLARE: (a
certi tornei estivi c’è un enorme afflusso di pubblico).
Fino ad una certa data possibilità di sette/otto cambi, in modo che
tutti giochino, chi per divertirsi e chi per prepararsi.
Finita la fase iniziale di rodaggio dove il risultato vale
relativamente, ecco che i meno bravi provano il piacere di giocare
contro i più forti; nella fase successiva tutto si riequilibra in
base alle forze espresse in campo, ognuno si troverà ad affrontare i
pari grado, con la possibilità di poter accedere al professionismo
per i migliori.
Per tutti gli altri, la possibilità di continuare a giocare
sfidandosi in partite senza l’assillo della retrocessione, magari
condite da sano campanilismo.
2. Il settore giovanile non può più essere interpretato come un’attività divisa dall’educazione fisica
nelle scuole. (discorso estendibile a tutti gli sport)
Non penso sia ammissibile a livello dilettantistico che ci sia una divisione di campionati con
retrocessioni, almeno per la massa, e ancora obblighi di risultati.
Lo sport deve aiutare gli
adolescenti a crescere con la cultura della salute e della sana competizione.
Sono convinto che i settori giovanili non debbano più essere gestiti da Società dilettantistiche.
Credo, anzi, che l’allenatore debba essere un “Docente” formato, preparato e aggiornato dalla
FIGC.
Nel caso di personale esterno, che voglia occuparsi di sport in modo del tutto gratuito (CERCANDO DI ESSERE UNA REALTA’ ILLUMINATA E DI ESMPIO PER ALTRI) quest'ultimo potrebbe e dovrebbe
avere, a mio avviso, e giustamente, una forma particolare di remunerazione quale: contributi
figurativi, esenzione da spese particolari come i farmaci, sconti sui tributi locali o simili.
Si
tratterebbe di utilizzare persone motivate, provenienti dalle più diverse estrazioni sociali, che in
base a determinati requisiti, non solo sportivi, sarebbero idonee allo svolgimento di questo
importante ruolo SOCIALE.
Considerare l'eventualità di derogare (su quanto su esposto) a squadre dilettantistiche o
associazioni esterne alla scuola (affiliate alla F.I.G.C.), ma solo per i primi calci o piccoli amici, fino
cioè alla quinta elementare; le altre categorie (come ad es. dalla 1^ alla 3^ media) dovrebbero
essere invece inserite in un unico campionato studentesco tra scuole/municipalità; così pure per 1^
e 2^ superiore (in un altro campionato), e le classi 3^ ,4^ e 5^ (in un ulteriore campionato
studentesco).
Obbligo di far giocare tutti almeno un tot. di minutaggio nell’arco della stagione o trovare un’altra
formula che permetta a tutti di essere alla pari.
Giocare durante la bella stagione e sospendere il campionato nei mesi più freddi.
Sarebbe
auspicabile anche proporre l’inversione dei campionati come fatto al punto 1, anche se la cosa
resterà probabilmente un'utopia, visto e considerato che la scuola interrompe le sue attività per
circa tre mesi nel corso dell’estate.
Imporre una nuova cultura alla disciplina sportiva, dando maggior spessore e peso anche al voto in
educazione fisica.
Gli alunni dovrebbero essere vincolati all'obbligo di svolgere regolarmente una
qualche attività fisica, anche a livello agonistico, e ciò almeno fino al 18esimo anno d’età.
Poi
saranno loro stessi, con la maggiore età, a decidere se smettere o continuare l'attività nei
campionati dilettantistici.
Abolizione dei cartellini e del vincolo al venticinquesimo anno, tranne il caso in cui qualcuno sia
attratto dal mondo professionistico (dove inevitabilmente saranno applicate regole diverse).
Il
giocatore finché studierà giocherà per il proprio istituto, dopodiché deciderà lui stesso cosa fare.
La
squadra di destinazione verserà cifre - da definirsi - per il mantenimento delle attrezzature
comunali o scolastiche.
Ripristino del concetto di TORNEO STUDENTESCO E DI ATTIVITA’ SCOLASTICA.
Gli atleti dovrebbero essere attorniati da personale qualificato e competente, come:
accompagnatori, autisti, dirigenti, giardinieri ecc. Non dovrebbero più essere semplici persone che
utilizzano il loro tempo libero giocando, ma persone qualificate e anche remunerate, allo stesso
modo degli allenatori.
Troppe volte, purtroppo, individui con limiti personali si trascinano dietro i propri fallimenti (anche
quelli sportivi ) riversandoli nel mondo del calcio; ciò in altri sport accade con meno frequenza.
Una buona risorsa potrebbe essere quella di attingere dalle università (pedagogia, psicologia per i
dirigenti) o da coloro che percepiscono assegni di disoccupazione.
In questo modo si potrebbe
utilizzare del personale già remunerato, ma momentaneamente escluso dal mondo del lavoro,
dando modo allo stesso di essere riqualificato per un nuovo inserimento.
Non più pseudo volontari a contatto con i giovani, quindi, ma solo persone qualificate e
determinate nel sostenere l’attività sociale.
3. La formazione degli allenatori e i programmi didattici devono essere rivisti in modo drastico, e
imposti dalle organizzazioni periferiche della FIGC e dell’AIAC, con corsi obbligatori e controlli
severi.
Non è ammissibile che siano commessi tanti Orrori da personale scadente.
Chi non è in grado per
limiti di mezzi e competenze non dovrebbe più accedere alle strutture sportive.
La valutazione
periodica, a seguito di una formazione atta a valutare l’apprendimento e l’attitudine ad allenare,
sarà cosa necessaria.
Scegliere e formare i "FORMATORI": un imperativo categorico che farà si che essi saranno in grado
di dare un sostegno concreto a coloro che lavorano sul campo.
Come sostenuto in apertura, molti cambiamenti nella società, hanno inciso nella metamorfosi che
il gioco del calcio e lo sport in generale, ha subito in questi anni (in primis le quote che vengono
pagate per l’attività) e il continuo mitigare le posizioni ha disorientato gli addetti ai lavori.
Ciò non
giustifica la perenne carenza cronica di strutture ed organizzazione, che sta creando ormai un
divario con altre realtà.
Cio’ che altri fanno normalmente, nel nostro paese è altamente rivoluzionario.
La speranza è che ognuno di noi possa coltivare nel proprio “orticello” una nuova cultura e magari
proporre a livello provinciale, quindi in forma embrionale, come progetto pilota, delle alternative
che possano abbracciare la maggior parte delle esigenze e soprattutto permettano a più giovani
possibile di coltivare una cultura sportiva che conduca ad una maggior educazione civica, tenendo
conto anche dei futuri scenari sanitari che si stanno affacciando in modo preoccupante, vedi
obesità abuso di alcolici, bullismo ecc.
Lo sport calcio deve essere motivo di orgoglio e piacere, non di rancore o mal gestito.