Quando si opera con un gruppo di calciatori è necessario prevedere un esame obiettivo
(1) in modo da evidenziare (anche attraverso test) quali sono le rigidità muscolari del
singolo calciatore tenendo conto delle catene muscolari. “Le catene muscolari
rappresentano circuiti in continuità di direzione e di piano attraverso i quali si propagano
le forze organizzatrici del corpo”. (2)
I muscoli non agiscono come entità isolate nello spazio ma come “circuiti di continuità”
attraverso i quali è possibile indagare su eventuali compensi e, quindi, agire per
migliorare la funzione ed il gesto tecnico.
È necessario rivedere un piano di allenamento
programmato sul rafforzamento analitico di alcuni gruppi muscolari poiché troppo
distante da una visione del corpo globale.
Le catene muscolari statiche e dinamiche
agiscono in sinergia per una perfetta riuscita della performance ma anche per garantire
l’equilibrio psicofisico del calciatore e limitare gli aspetti traumatici e compensativi
specifici di questa disciplina sportiva. (3)
La catena statica posteriore è costituita da
aponeurosi, guaine, legamenti, tendini cioè da tutta quella struttura connettiva, che si
trova nella parte posteriore del corpo e che sul piano funzionale fa parte di un’unica
fascia.
Si possono distinguere diverse catene muscolari che intervengono nei vari gesti tecnici.
Ad esempio le catene crociate assicurano movimenti di torsione, pertanto diventano
indispensabili a livello del tronco quando l’atleta calcia la palla con forza e una spalla va
verso l’anca opposta.
Il calciatore utilizza costantemente le catene muscolari poiché si
deve adattare, da un punto di vista dinamico, ad una situazione di gioco, che istante per
istante cambia.
La muscolatura del calciatore
Negli anni passati, ma purtroppo in molte squadre ancora oggi, la preparazione fisica
rivolta al calciatore (oltre alla resistenza ed alla velocità) ha privilegiato l’allenamento
della forza intesa come rafforzamento dei gruppi muscolari.
In modo particolare è stato
privilegiato il rafforzamento di quei gruppi muscolari che intervengono come agonisti nel
gesto tecnico, soprattutto il quadricipite.
Il rafforzamento muscolare rivolto ad un
aumento della potenza e, quindi ad una migliore efficacia tecnica (almeno teoricamente)
ha comportato, in molti casi, il risultato di aumentare lo stiffness (rigidità della
muscolatura) riducendo la mobilità articolare e aumentando la possibilità di infortuni
nell’arco della stagione agonistica.
Nei casi di dolori al rachide molto spesso si opta,
erroneamente, per un lavoro di rafforzamento.
In realtà dall’esame di questi calciatori si
riscontrano muscoli paravertebrali estremamente contratti che non smettono mai di
lavorare.
Un muscolo contratto costantemente evolve in strutture che rispondono meglio
a questo lavoro cioè le strutture fibrose.
A tale proposito ricordiamo che il muscolo è
composto da due parti differenti, ma funzionalmente inseparabili:
1) dagli elementi contrattili, cioè i sarcomeri;
2) dall’insieme di connettivo fibroso di aponevrosi, tendini, legamenti, cioè la parte
elastica.
Il grande errore della ginnastica classica, è stato quello di identificare la patologia di un
muscolo con la sua debolezza, ignorando quindi il tessuto connettivo.
È necessario,
infatti, distinguere la muscolatura dinamica dalla muscolatura tonica.
La prima è una
muscolatura rapida ed affaticabile a servizio dei gesti della vita quotidiana ma anche dei
gesti tecnici del calciatore.
Il suo trattamento è classico: sviluppo della forza, quindi
esercizi di trofismo (tenendo conto delle rigidità muscolari individuali).
La muscolatura
tonica invece, è una muscolatura lenta; la sua funzione principale è quella di garantire la
statica.
È poco affaticabile e il suo agente meccanico è il riflesso miotatico.
Essendo
riflessa la patologia della muscolatura tonica non è mai identificabile con la debolezza, ma
con l’accorciamento e con la retrazione. (4)
Il tiro nel calcio
Quello del tiro rappresenta un gesto tecnico fondamentale nel bagaglio tecnico di un
calciatore.
Sembra tuttavia che il tiro sia determinato quasi esclusivamente dalle capacità
coordinative e che nella forza impressa alla palla entri in gioco il trofismo del quadricipite.
“Calciare al massimo della potenza richiede sempre un alto livello di abilità, poiché la
sommatoria delle forze deve essere applicata abilmente.
Ciò vuol dire che la produzione
della forza dei flessori, estensori dell’anca e ginocchio e il momento della produzione di
tali forze è corretto.
La mobilità delle articolazioni è un prerequisito fondamentale ad una
tecnica di tiro ottimale”. (5)
Come ricordava Bosco la mobilità articolare interviene in modo determinante nella
perfetta riuscita del gesto tecnico.
Bisogna valutare la rigidità dei muscoli della catena
posteriore prima di far eseguire esercizi di trofismo per il quadricipite.
I muscoli posteriori
della coscia (considerati degli “antagonisti” degli estensori della gamba sulla coscia) sono
molto spesso (nei calciatori) troppo accorciati, pertanto dopo diverse sollecitazioni
possono stirarsi.
Infortuni nel calcio
Troppo spesso assistiamo a partite di calcio dove l’atleta si porta la mano alla coscia
posteriore e chiede di essere sostituito.
Questo può accadere dopo un tiro potente ma,
anche dopo una corsa in accelerazione.
Osserviamo tuttavia, che la muscolatura di atleti
professionisti è molto trofica pertanto non possiamo certo parlare di debolezza della
muscolatura.
Dobbiamo constatare che esistono delle retrazioni e degli accorciamenti
profondi che possono essere facilmente indagati con alcuni test di flessibilità.
L’infortunio
che il calciatore si procura correndo o tirando in porta, senza un contrasto con
l’avversario, è il risultato di una preparazione fisica analitica che non considera l’essere
umano nella sua globalità.
Migliorare l’estendibilità muscolare
Un atleta che ha incrementato in maniera ottimale l’estendibilità muscolare non solo
riesce a prevenire questo genere di infortuni, ma produce un gesto tecnico, oltre che una
corsa, economico ed efficace.
Purtroppo ancor oggi si ricorre nella preparazione atletica del calciatore ad un uso
eccessivo dello stretching classico che non evita i compensi.
Infatti un tentativo di
stiramento della nuca comporta un’accentuazione della regione lombare.
“Un muscolo
che si irrigidisce è indissociabile dalla catena muscolare alla quale appartiene. Per
allungarlo è indispensabile tirare alle due estremità di questa catena impedendo tutte le
compensazioni.
Ciò implica che solo stiramenti globali possono essere realmente
efficaci”. (6)
Souchard sostiene inoltre che ogni riscaldamento prima dello stiramento è da evitare.
Un
muscolo “caldo” diventa per qualche istante più elastico (e questo rende
provvisoriamente l’allungamento più facile), ma questo ritornerà, raffreddandosi, alla sua
lunghezza originale.
Pertanto si tratta di un allungamento effimero, a differenza della
“messa in tensione globale” della muscolatura (“a freddo”), che permetterà di
guadagnare una lunghezza in concreto che si conserverà successivamente.
Le scuole posturali
Nel mio nuovo volume ho trattato, vista la complessità, a grandi linee tre diverse scuole
posturali:
‐ la scuola francese: approccio Mézières, Souchard, Metodo delle tre squadre;
‐ la scuola australiana: approccio Mc Kenzie;
‐ la Back school.
La scuola francese rappresenta il lavoro principale sia a livello qualitativo che
quantitativo.
Il grosso merito del metodo Mézières (ed in modo particolare delle tecniche
proposte dai suoi allievi) consiste nel fatto che esercita contemporaneamente un’azione
sul muscolo, sul dolore, perché riduce la rigidità muscolare, e sul bloccaggio articolare,
che è determinato dal muscolo contratturato.
Queste tecniche consentono, con una
trentina di sedute a cadenza settimanale, di ottenere buoni risultati con atleti che
presentano rigidità alle catene muscolari.
Tuttavia si possono proporre alcune posture
statiche (come quella classica da supini, gambe a squadra) anche tutti i giorni per 10
minuti.
Rimane fondamentale la seduta settimanale di un’ora poiché alcune posture
vengono mantenute a lungo (anche 30 minuti per una sola postura).
La messa in tensione
della muscolatura avviene in maniera lenta e progressiva pertanto si inizia sempre da 10
minuti per poi aumentare, senza mai forzare.
Queste posture saranno assunte dal
calciatore sotto il controllo costante del preparatore con una partecipazione
determinante del soggetto.
Le basi tecniche del metodo delle tre squadre si possono
sintetizzare in tre concetti:
‐ tensione;
‐ progressione;
‐ rilasciamento.
La tensione fisiologica si può ottenere solo attraverso la postura e deve andare al limite
dell’estendibilità muscolare senza superarla.
Bisogna quindi rimanere in uno stato
fisiologico normale, obbligando il tessuto (la cui tendenza è di ritornare al suo punto
neutro di tensione) a vincere le barriere che impediscono questo ritorno.
L’apprendimento delle tre squadre consente di giungere adelle posture ad angolo retto,
in cui occipite‐scapole‐sacro sono allineati.
Il grande merito di questo metodo consiste
nell’aver distinto tre fasi indispensabili per il preparatore che deve operare attraverso
una progressione didattica ben definita: fase passiva, fase attivo‐passiva, fase attiva.
La progressione, inoltre, deve rispettare alcuni parametri:
‐ il tempo;
‐ la forma della postura;
‐ il rapporto con il dolore;
‐ il rapporto con la catena algica.
Quest’ultimo fattore è di primaria importanza, perché il dolore può avere una evoluzione
ascendente o discendente.
L’atleta che inizia un lavoro per una lombalgia, avrà
probabilmente in passato sofferto di una cervicalgia che è la vera causa del problema ed
all’origine dell’evoluzione discendente.
Il dolore presente in quel momento infatti, è
raramente il punto di partenza del problema.
In un processo discendente si comincerà
quindi da un allineamento sacro‐scapole.
Viceversa in un processo ascendente si
comincerà da un allineamento scapole‐occipite.
In entrambi i casi si andrà dall’effetto alla
causa, dal problema secondario al problema primario, dal compenso alla lesione iniziale.
Infine non bisogna trascurare il rilasciamento psico‐muscolare.
Tutto il lavoro di messa in
tensione e tutti gli esercizi devono essere accompagnati da una espirazione cosciente e
controllata, andando a ricercare quello che gli autori francesi definiscono un
“rilasciamento globale espiratorio”.
Questa espirazione non è di facile comprensione,
molti atleti si ostinano ad eseguire una espirazione forzata, coinvolgendo così la
muscolatura dinamica (gli obliqui).
Bisogna allora chiedere al soggetto di non fare altro
che un “sospiro espiratorio”, continuando a soffiare fuori l’aria lentamente, anche
quando crede di aver terminato l’espirazione. (4)
Calcio e postura
La rieducazione posturale viene utilizzata dal preparatore molto spesso solo per
recuperare calciatori infortunati o che soffrono di lombalgia o pubalgia, talvolta
recidivanti. (7) Quando si inseriscono invece queste tecniche nella normale
programmazione atletica, non bisogna compiere l’errore di paragonarla allo stretching.
Quindi non ha molto senso inserire queste metodiche lasciando immutato il programma
per lo sviluppo della forza, resistenza e velocità.
Sposare questa metodologia significa
capire l’importanza della muscolatura tonica, dell’estendibilità muscolare e della visione
del corpo in senso globale.
Continuare con l’utilizzo frequente delle macchine di muscolazione non significa
rispettare i principi della ginnastica posturale globale.
Le macchine agiscono parzialmente
e settorialmente, lavoro che è in netto contrasto con la concezione del corpo della scuola
francese.
Il continuo rafforzamento dei muscoli principali (cosiddetti agonisti) crea spesso
gravi squilibri morfologici e funzionali poiché non vengono adeguatamente rispettate le
rigidità e i “compiti degli antagonisti”.
In quindici anni di lavoro con atleti, molto spesso
ho valutato posture e rigidità muscolari che richiedevano interventi mirati e specifici, a
volte del tutto ignorati dagli addetti ai lavori.
Considerazioni
Nel programma di lavoro che comprende tutta la stagione agonistica, è importante
individuare dei momenti per inserire le metodologie posturali nel piano delle attività.
Da
alcuni anni con l’intensificarsi degli impegni agonistici da parte delle società
professionistiche, già dal precampionato, i tempi per allenarsi si sono notevolmente
ridotti a scapito di un maggior numero di partite ufficiali.
Questo ha comportato un
sempre maggior numero di infortuni e pertanto l’aspetto preventivo ha trovato uno
spazio minore rispetto a quello rieducativo.
L’attività del preparatore è vista, in alcune situazioni, solo in funzione del recupero degli
infortunati e l’allenamento del resto della squadra viene svolto parallelamente ma i due
binari non si incontrano mai.
In questo modo operiamo con calciatori che sono impazienti
di tornare con il resto del gruppo e dal punto di vista psicologico soffrono perché non
vengono impiegati in gare ufficiali.
Il programma impostato per microcicli settimanali o mensili (che prevedono
normalmente lo sviluppo delle capacità condizionali) può riservare uno spazio importante
per esercitazioni di “messa in tensione globale” della muscolatura, che migliorano la
mobilità articolare indispensabile per la perfetta riuscita di un gesto tecnico
fondamentale come il tiro.
Il lavoro di “messa in tensione della muscolatura” deve essere
diverso da calciatore a calciatore, poiché un medesimo esercizio posturale assume un
significato diverso per l’uno rispetto all’altro.
Chiaramente questo dipende dalle diverse
rigidità delle catene muscolari: in una squadra di venti persone si possono individuare
quattro o cinque gruppi omogenei, facendo tuttavia attenzione alla risposta del singolo.
Il
calciatore diventa estremamente collaborativo quando si infortuna e pertanto è
necessario un recupero, mentre quando è “integro” la proposta operativa viene accettata
con difficoltà.
È auspicabile un’inversione di tendenza che induca gli atleti alla “presa di
coscienza” del proprio corpo, per conoscerne i limiti e le possibilità, attraverso tecniche posturali finalizzate al raggiungimento della forma fisica ottimale.
Bibliografia
1. Buzzi A.M. – Guidi Fabbri C., Le metodologie posturali in funzione educativa e
rieducativa, Ed. Armando, Roma 1996, 37‐8.
2. Busquet L., Le catene muscolari, vol.1, Ed. Marrapese, Roma 1994, 25.
3. Guidi Fabbri C., Le metodologie posturali nella preparazione fisica del calciatore, Ed.
Calzetti‐Mariucci, Perugia 2005, 31‐2.
4. Verkimpe‐Morelli, Bienfait, Il metodo delle tre squadre, Ed. Marrapese, Roma 1991,
12‐15; 21‐8.
5. Bosco C., Aspetti fisiologici della preparazione fisica del calciatore, S.S.S., Roma 1995,
162.
6. Souchard Ph. E., Lo stretching globale attivo. Ed. Marrapese, Roma 1995, 38.
7. Guidi Fabbri C., Italian journal of sport sciences 1997; 4(1), 25‐
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