Il calcio d’angolo a favore e il dilemma dell’ultimo uomo

Quanti uomini tenere dietro? E a che altezza?
ORGANIZZAZIONE TATTICA

Quando una squadra guadagna un calcio d’angolo offensivo, l’attenzione dell’osservatore si concentra su quello che accade in area di rigore.

Quanti uomini porta a saltare la squadra che attacca?

Con quale sistema di marcature l’altra squadra difende la propria porta?

L’inquadratura televisiva stretta accentua l’idea che quello che succede all’interno dell’area, in occasione di un corner, è tutto ciò che conta. A dieci giorni di distanza, le difese di Inter e Lecce hanno subìto gol molto simili.

Entrambe battevano un calcio d’angolo a proprio favore, attaccando le porte di Napoli e Milan, ed entrambe hanno preso gol da una ripartenza lunghissima condotta in campo aperto.

La coincidenza di due eventi simili, relativamente rari e ravvicinati nel tempo, ha portato molte persone a chiedersi se fosse cambiato il modo di difendere sui calci d’angolo da parte delle squadre di Serie A; oppure se Inter e Lecce, in particolare, avessero preso rischi in eccesso rispetto alle altre.

Gli errori commessi da Inter e Lecce hanno molto in comune e riguardano, a mio parere, più la condotta tenuta dai giocatori che uno squilibrio nella strategia adottata.

Nell’immagine, il Napoli schiera a zona 9 effettivi su tre linee ravvicinatissime; degli uomini di movimento, il solo Insigne è fuori dall’area per contestare il gioco a due tra Eriksen e Candreva.

L’Inter ha 5 uomini in area di rigore; Eriksen è incaricato della battuta, mentre Candreva e Barella gli si avvicinano perché lo schema prevede che il pallone venga mosso prima della battuta a centro-area.

Fuori dall’inquadratura stazionano Brozovic, nei pressi della lunetta dell’area, e Young, schierato all’altezza del centrocampo da ultimo uomo. Non c’è niente di azzardato nella strategia interista.

Secondo una consuetudine consolidata, sui calci d’angolo come sulle azioni manovrate, gli allenatori scelgono di disporre di un uomo in più sull’ultima linea: se gli avversari schierano un attaccante, piazzano due difensori; ne tengono tre se l’altra squadra mette due punte.

Il Napoli non lascia alcun uomo in attacco e l’Inter, correttamente, mette un solo difendente a protezione della propria metà campo.

Peraltro Young è anche un calciatore particolarmente veloce in campo aperto, non c’era probabilmente una scelta migliore tra gli uomini in campo.

Anzi, sulla carta, si potrebbe dire che è addirittura il Napoli a prendere un rischio, lasciando il solo Insigne in inferiorità numerica con tre avversari.

 

Sugli sviluppi della battuta da calcio d’angolo, il pallone arriva a Barella che lo crossa al centro di prima intenzione. Il pallone vola ancora verso il cuore dell’area, quando Barella già indica a Eriksen la marcatura di Insigne.

Il trequartista danese ignora l’indicazione del compagno – pensa forse che Insigne verrà preso in consegna da Candreva alle sue spalle? – e prima si fa attirare dalla posizione del numero 4 Demme, poi trotterella verso il centro del campo.

L’azione prosegue per alcuni secondi. Il pallone, rinviato di testa da un difensore azzurro, viene rimesso in area da Brozovic, ancora di testa.

Successivamente, Lautaro Martinez controlla e gira di destro un pallone che è bloccato da Ospina.

Il lancio del portiere colombiano, eseguito con una rapidità e una precisione fuori dalla norma, espone l’Inter irrimediabilmente. Insigne, che riceve sulla corsa, ha un vantaggio su Eriksen non più colmabile.

Young deve tagliare il campo in diagonale per provare a chiudere sul capitano napoletano, e non può vedere l’inserimento di Mertens, che risulterà vincente, alle sue spalle.

 

Al contrario del Napoli, il Milan difende sui calci d’angolo per lo più con marcature a uomo: gli unici a sistemarsi a zona sono Rebic, all’altezza del primo palo, e Bonaventura, a copertura della linea di passaggio che dal calcio d’angolo va verso l’uomo al limite dell’area.

Considerando anche i due uomini che vanno a contestare la battuta corta del corner, il Milan, come il Napoli, difende con tutti gli effettivi. Il Lecce ha sei uomini in area di rigore; altri due presso la bandierina; Rispoli è posizionato centralmente all’altezza dei venticinque metri. Più defilato sulla sinistra, fuori dall’inquadratura e qualche metro più basso di Rispoli, c’è l’altro terzino Calderoni.

È una situazione statica e il Lecce non sta prendendo rischi eccessivi: il Milan non lascia nessun uomo in attacco, il Lecce ha due uomini fuori dall’area di rigore con almeno venti metri di vantaggio sugli avversari.

Il rischio nasce, ancora una volta, dall’interpretazione delle fasi successive alla battuta.

L’azione prosegue a lungo intorno all’area di rigore del Milan, tra la battuta del corner e il passaggio che innesca la corsa di Rebic verso la porta passano 19 secondi.

L’immagine in campo lungo immortala il momento in cui il Milan rientra in possesso del pallone. La disabitudine di Saponara ai compiti di marcatura lo porta a posizionarsi davanti a Rebic, e non tra Rebic e la porta.

Anche la posizione di Petriccione, che dalla battuta del corner è finito nella zona che era presidiata da Rispoli – fuori dall’inquadratura e autore del contro-cross da destra – è a quel punto troppo alta sul campo.

Ora guardiamo ad un paio di esempi virtuosi: nell’immagine relativa a Torino-Atalanta, l’ultimo uomo De Roon entra nell’inquadratura per raccogliere un pallone che rimbalza fuori dall’area di rigore granata dopo la battuta del corner.

Gosens e Freuler reagiscono correndo all’indietro verso il centrocampo.

Sarà proprio Gosens a chiudere il tentativo di tiro di Belotti nell’area opposta, dopo aver protetto il centro del campo e aver portato l’attaccante del Torino fuori dalla luce della porta, costringendolo ad un lungo taglio interno-esterno.

Ancora un esempio da Brescia-Napoli: Mario Rui e Fabian Ruiz arretrano verso la porta senza intervenire, mentre Sabelli porta palla e Tonali scatta in profondità.

Rui era l’unico ultimo uomo piazzato dal Napoli, mentre Fabian, posizionato ai limiti della lunetta avversaria, arretra appena vede che l’azione offensiva non si concretizza.

Manolas, che era andato a saltare su angolo, ha il tempo di chiudere l’azione togliendo il pallone a Sabelli, proprio perché i suoi due compagni, pur in campo aperto, hanno costretto gli avanti bresciani a temporeggiare.

In definitiva, le argomentazioni sul numero di uomini da tenere indietro e sull’altezza di campo alla quale devono stare su un corner offensivo innescano discussioni sterili.

In occasione di un calcio d’angolo, la proattività e la capacità di lettura e anticipo di un calciatore è tutto quel che serve.


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Categoria: Organizzazione Tattica

Autore: Alfredo GIACOBBE

Fonte: L'Ultimo Uomo


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