Dieta,
integrazione e supplementazione nel calciatore
Medicina | Alimentazione
di Giorgio GALANTI
Premessa
Una dieta adeguata non si traduce immediatamente in un incremento di potenza, di forza o di resistenza dell’atleta e non trasforma uno sportivo mediocre in un campione, ma viceversa, se inadeguata, può impedire una prestazione ottimale, aumentare il rischio di incorrere in infortuni o addirittura determinare patologie acute gravi.
In realtà quali siano le caratteristiche principali di una dieta adeguata per uno sportivo, in particolare il calciatore, occasionale o altamente competitivo, non sono poi così ovvie.
La scienza della nutrizione é d’altronde una branca di recente sviluppo, che si adopera per documentare la validità scientifica delle varie teorie alimentari, ma é ancora lontana dal univoche interpretazioni delle linee guida alimentari.
Quand’anche avessimo ottenuto soddisfacenti risultati scientifici, resta da attuarli nella pratica quotidiana, combattendo tra le diversità culturali che caratterizzano ogni singolo individuo.
Da un nostro studio recente eseguito su 100 calciatori, di età dai 11 ai 20 anni, è emerso che la dieta del giovane calciatore non rispetta l’intervallo di digiuno pari previsto prima dell’attività agonistica (gara o allenamento).
Il 13% dei soggetti, inoltre, non assume alimenti a colazione.
Manca dunque una adeguata sensibilizzazione all’importanza del timing dei pasti. E ciò é ancora più preoccupante in quanto l’educazione alimentare ha sicuramente una maggior efficacia se impostata fin dalla giovane età, piuttosto che imposta nel calciatore adulto.
La colpa, se colpe vogliamo cercare, non é certo del calciatore adolescente, quanto piuttosto della mancanza di chiarezza sui comportamenti utili da seguire, data anche la non uniformità di giudizi nella classe medica stessa.
È storia che si ripete quella che i criteri per stabilire la migliore dieta per lo sportivo cambino nel tempo.
Qual’è la migliore dieta per un atleta?
Nell’antica Grecia, l’atleta era prevalentemente un vegetariano che si nutriva di cereali, frutta, verdure e vino diluito con acqua.
Fu il grande Milo di Crotone, la cui forza di lottatore è divenuta leggendaria, ad introdurre una dieta a base di carne con 9 Kg al giorno, consumati insieme a 9 Kg di pane e “solo” 8 litri di vino!
Da allora la componente proteica dell’alimentazione dello sportivo è divenuta fondamentale, fino alle discusse diete iperproteiche.
Di recente introduzione è la dieta a Zona che evidenzia l’effetto ormonale di stimolazione o inibizione dell’ingestione dei vari alimenti. La dieta a Zona é un programma alimentare costituito al 40% da carboidrati, 30% proteine e 30% lipidi, ottenuti con un uso solo sporadico di cereali.
Il rapporto specifico di 0,75 tra proteine e carboidrati viene mantenuto ad ogni pasto per ridurre a sua volta il rapporto insulina/glucagone.
Tale induzione avrebbe effetti sul metabolismo degli eicosanoidi, producendo a sua volta una cascata di eventi biologici capaci di determinare una riduzione generale della morbosità per malattie croniche, un incremento della immunità cellulare e della performance psico-fisica, associato ad una riduzione del peso corporeo ed una prolungata longevità.
Tali entusiasmanti effetti in realtà mancano ancora di evidenze scientifiche ottenute con studi clinici randomizzati e controllati in doppio cieco; pertanto rimangono nella sfera delle ipotesi e dovremo usare cautela nel promuovere un simile programma dietetico, dato che invece sono segnalate critiche quali un possibile effetto catabolico, una possibile disidratazione corporea ed un sovraccarico epato-renale.
Attualmente è comune il consenso che una dieta equilibrata, che si discosti poco dalle linee guida fornite per la popolazione generale, sia sufficiente a garantire una performance ottimale per lo sportivo.
L’inserimento di nuove abitudini alimentari, dieta a zona inclusa, trae motivazione dal fatto che molte qualità di regimi alimentari diversi possono essere ottimali.
Potremmo comunque asserire che la base di una ottima dieta è una grande varietà di cibi, correttamente bilanciati e adeguati per l’apporto calorico consumato dal singolo atleta.
A tale riguardo risulta fondamentale:
• una valutazione dello stato nutrizionale, individuando il modello alimentare più idoneo che deve considerare le preferenze ed i gusti personali, gli orari dei pasti e le esigenze sportive e lavorative;
• la determinazione dei bisogni energetici individuali;
• il mantenimento il peso corporeo ideale, distinguendo dal metabolismo basale la quota di calorie specifiche richieste dal tipo e dall’intensità di attività sportiva praticata;
• la valutazione di fattori psico - sociali. L’atleta deve seguire delle regole alimentari?
Dal 1943 il Food and Nutrition Board ha reso note le RDA (Ration Dietary Allowed, cioè le cosiddette Razioni Giornaliere Raccomandate che trovano il corrispettivo italiano nei LARNA) che stabiliscono, in base all’età del soggetto, la quantità di calorie, di proteine, di vitamine lipo - e idrosolubili e di sali minerali destinati a coprire i bisogni individuali.
Le principali regole alimentari sono rappresentate dai seguenti consigli:
1. variare la qualità dei cibi;
2. modulare la quantità di cibo per mantenere il peso corporeo;
3. dieta povera di grassi saturi e colesterolo;
4. dieta ricca di verdure frutta e prodotti del grano;
5. zucchero con moderazione;
6. sale e sodio con moderazione;
7. vino e alcolici in moderazione.
Quante calorie sono necessarie ad un atleta per mantenere il peso?
Il bisogno energetico dipende da molti fattori quali:
• superficie corporea;
• età e livello di richieste basali;
• variazioni interindividuali;
• tipo e intensità dell’attività sportiva: l’incremento di calorie può richiedere fino a 1500 kcal aggiuntive in relazione al peso dell’atleta, ma soprattutto al livello di attività fisico che è il fattore principale condizionante il dispendio energetico;
• periodo di allenamento;
• condizioni di allenamento.
Cosa deve mangiare prima della competizione?
La performance atletica non dipende dal pasto pregara.
L’obiettivo del pasto pregara è quello di dare fluidi ed alimenti energetici per la competizione, ottenibili prevalentemente con un pasto a base di carboidrati complessi, di rapida digestione e ad indice glicemico basso per evitare quanto più possibile il picco glicemico improvviso, associato alla successiva risposta insulinica con conseguente, transitoria ipoglicemia, negativa ai fini della prestazione sportiva.
Bisogna considerare inoltre che i cibi graditi all’atleta e che l’atleta mangia di solito, saranno anche quelli più facilmente digeriti. L’obiettivo primario é infatti quello di fornire all’atleta energia di rapido utilizzo per la competizione da sostenere a breve, senza reclutare una eccessiva quota di sangue per l’apparato gastro-enterico, impegnato nei processi digestivi e di assorbimento, proprio mentre i processi metabolici muscolari richiedono una ulteriore ossigenazione ematica durante esercizio fisico.
Quanti carboidrati sono necessari?
Il bisogno glicidico dipende dall’intensità e dalla durata dell’esercizio.
In generale sono necessari 200 g di CHO/giorno.
Fondamentale é l’assunzione di carboidrati anche ad indice glicemico elevato, dopo la prestazione agonistica, per reintegrare il prima possibile le riserve di glicogeno muscolare ormai esaurite dopo lo sforzo fisico.
Tale assunzione deve avvenire entro le due ore dall’interruzione dell’esercizio.
Quante proteine sono necessarie?
Il bisogno proteico degli atleti, calciatori inclusi, è maggiore rispetto ai sedentari.
In generale sono necessari 1,5-2 g Kg/Pc/giorno, sufficientemente ottenibili nella maggior parte delle normali diete, senza supplementazioni aggiuntive.
Diete iperproteiche possono comportare una compromissione dell’assorbimento di vitamine e minerali, con possibili conseguenti incrementi di anomalie della funzione emuntoria renale e soprattutto epatica.
L’esercizio aumenta il bisogno di minerali?
Il fabbisogno di minerali può aumentare durante esercizio strenuo, specialmente in condizioni climatiche sfavorevoli.
I rischi maggiori sono ovviamente durante la stagione caldo-umida, quando la sudorazione profusa é necessaria per realizzare il processo di raffreddamento corporeo durante l’evaporazione del sudore dalla cute; ma non dobbiamo trascurare lo stimolo alla diuresi dato dall’abbassamento delle temperature, per cui è possibile anche un rischio di disidratazione durante la stagione invernale.
La qualità della bevanda ingerita per reintegrare le perdite idro-saline deve essere diversa da quella da assumere durante esercizio fisico. Infatti durante esercizio é essenziale non somministrare bevande ad elevata tonicità che potrebbe determinare un effetto osmotico sfavorevole, richiamando liquidi nel lume intestinale dai tessuti già disidratati.
Anche la velocità di svuotamento gastrico é un parametro importante che determina un più rapido recupero delle sostanze perse. Numerosi studi hanno evidenziato l’utilità di una percentuale minima di glicidi nel favorire tale effetto (concentrazione al 2% di glucosio o meglio maltodestrine).
Pertanto durante esercizio fisico si consiglia di bere, per uno sforzo inferiore alle due ore, soltanto acqua, ad elevata concentrazione salina, in particolare sodio, potassio e soprattutto bicarbonati.
Dopodiché una bevanda lievemente glicidica con aumentata concentrazione salina, proporzionata all’entità delle perdite.
Qualora quest’ultime fossero rilevanti l’integrazione minerale é ottenibile con alimenti ricchi di sali, acqua e zuccheri, come la frutta.
L’esercizio aumenta il bisogno di vitamine?
Tutte le cellule producono continuamente radicali liberi e reagenti ossidanti come elementi inevitabili dei vari processi metabolici.
La maggior parte dei radicali sono neutralizzati da complessi sistemi antiossidanti costituiti da enzimi come catalasi, superossido dismutasi, glutatione perossidasi, e da numerosi sistemi antiossidanti non enzimatici, comprese vitamina A, E, C, glutatione, ubichinone, flavonoidi e chissà quante altre sostanze spesso fitoterapiche non ancora individuate.
L’attività fisica strenua può sbilanciare tale equilibrio tra ossidanti e sistemi riparativi lo stress ossidativo.
Da ciò trae ragione una supplementazione dietetica con antiossidanti, ampiamente utilizzata nel mondo sportivo.
In realtà dall’analisi da più di 180 lavori scientifici ultimamente pubblicati non sono emersi elementi di certezza sull’effettiva utilità di tale supplementazione.
La decisione di integrare la razione alimentare dell’atleta con vitamine dovrebbe scaturire da un’analisi dello stato nutrizionale di ogni singolo soggetto, comprensivo di una valutazione delle abitudine alimentari e dei parametri biologici specifici.
L’integrazione migliora la performance?
Secondo il decreto legislativo 21 maggio 2004 n. 169 per Integratori Alimentari si intendono “prodotti alimentari destinati ad integrare la comune dieta ... come fonte concentrata di sostanze nutritive o aventi effetto nutritivo o fisiologico”.
In particolare gli integratori alimentari per lo sport sono adattati ad un intenso sforzo muscolare per sportivi per i quali esistono dal 1999 linee guide ministeriali, codificati secondo categorie di:
• prodotti con minerali destinati a reintegrare le perdite idrosaline, fondamentali nel recupero dopo disidratazione;
• prodotti finalizzati all’integrazione di proteine o aminoacidi e derivati quali creatina
• altri prodotti a valenza nutrizionale quali vitamine, antiossidanti, ferro, dei quali solo parzialmente abbiamo sopra accennato. La creatina merita un cenno particolare.
Rappresenta un componente organico della carne, in particolare di fibra bianca.
E’ un aminoacido non essenziale presente essenzialmente nel muscolo in forma libera e fosforilata, dove costituisce un pool di riserva energetica per la resintesi di ATP.
La creatina presente in una normale razione alimentare, oltre a quella di produzione endogena, é più che sufficiente a coprire i fabbisogni giornalieri. Tuttavia é comune la supplementazione negli atleti con creatina monoidrata in polvere.
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