Recupero degli Infortunati
Chirurgia della tibio-tarsica: una ripresa funzionale su base propriocettiva e neuromuscolare
Autore: Enrico SARLI
Fonte: Alleniamo.com
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L’articolazione tibio tarsica rappresenta uno dei distretti più frequentemente coinvolti nei traumi sportivi, di conseguenza la chirurgia di caviglia negli ultimi anni si è imposta in modo sempre più importante diventandone indispensabile nella pratica ortopedica e medico sportiva.
Le lesioni dell’articolazioni tibio tarsica sono anche complesse, le attività come quella lavorativa o sportiva, richiedono una incessante dinamica dell’apparato locomotore e ci si accorge che le lesioni traumatiche della caviglia sono in aumento ricoprendo circa il 30% di tutti i traumi dell’arto inferiore.
I traumi che coinvolgono la caviglia oltre ad interessare le strutture capsulo‐legamentose interessano anche il distretto sotto‐astrgalico, l’esperienza descritta vuole portare a conoscenza dei dati riabilitativi basati su proposte di protocolli propriocettivi e di neurofisiologia applicati al caso di un paziente di 40 anni, sportivo non agonista, che presentava una frattura astragalica composta con fissazione posteriore del corpo dell’astragalo causata da un fattore intrinseco descritto come un colpo sotto la pianta del piede, nel trattamento chirurgico è stata effettuata una osteosintesi interna con vite.
Metodo
Il trattamento riabilitativo inizia già con l’apparecchio gessato con delle contrazioni isometriche del quadricipite, dopo rimozione del gesso al paziente viene data l’autorizzazione al carico con stampelle ed esegue cicli di Magnetoterapia (C100 60 G per 30 minuti).
La concessione del carico mi consente già dal primo giorno di applicare il protocollo propriocettivo per instaurare una buona coordinazione motoria.
Attraverso degli esercizi svolti di fronte allo specchio prima con sostegno delle stampelle e poi senza, si è cercato di fargli acquisire una migliore coscienza è una migliore capacità di controllo del proprio atteggiamento corporeo.
Vengono inseriti in questa fase le tecniche abituali di riabilitazione, trattamento miofasciale, mobilizzazione attiva e passiva e manovre contro resistenza manuale sviluppando delle sollecitazioni estrinseche grazie al contatto con la mano in vari punti del piede ottenendo cosi lo sviluppo di uno dei tre sistemi principali della propriocezione quello sensoriale.
A questo sviluppo hanno contribuito le esercitazioni sulla sabbia e superfici instabili capaci di attivare anche i numerosi ricettori del corpo.
In terza settimana il paziente era in grado di deambulare senza sostegno, questo lo facilita nella formazione di quel rapporto con l’ambiente che lo circonda in base ai vari obiettivi che deve raggiungere.
Nel corso del trattamento ho ritenuto fondamentale che il mio compito era quello di dettare al paziente delle situazioni reali che si basassero su argomenti specifici (funzione+contesto) questo per non esporlo ad una generica esperienza dell’informazione ma era importante che questa esperienza doveva essere specifica per la funzione da recuperare in modo da sentire il corpo che compie il movimento.
L’esercizio terapeutico che ha avuto inizio dalla quarta settimana ha come scopo il ripristino del controllo neuro‐muscolare in progressione funzionale al fine di avere una buona programmazione motoria.
Nel rispetto di una graduale progressione, tenendo presente quelle che sono le attitudini del paziente e le sue qualità coordinative, sono stati introdotti esercizi a circuito che presentavano diverse difficoltà da superare con l’obbiettivo di reintegrare il piede nello schema corporeo, cercare l’integrità segmentaria ed eliminare quelle alterazioni del piede che gli avevano cambiato l’immagine statica e dinamica reintegrandolo nello schema corporeo dal quale è momentaneamente escluso.
Il lavoro di riprogrammazione motoria è stato intervallato da esercizi di contatto, le tecniche specifiche che si riconoscono negli esercizi di appoggio con carico e deambulazione, nonché da esercitazioni attivo assistiti che sostituiscono quelli di contro reistenza manuale ed elastica.
Queste esercitazioni restituiscono al paziente una idea segmentaria del movimento utilizzando come confronto e partecipazione l’arto sano che diventa parte attiva della riabilitazione.
In questa fase abbiamo un maggiore sviluppo e capacità di percepire la locomozione dell’articolazione nello spazio più di ogni proposta propriocettiva, è la mente che insegna al corpo come deve comportarsi per eseguire un movimento, per fare questo si propone al paziente di ripetere più volte il suo schema motorio partendo da esercizi semplici fino ad arrivare a quelli più impegnativi.
In questa fase della riabilitazione si migliora l’armonia, la sincronia e il ritmo motorio, l’allenamento riabilitativo aiuta ad acquisire la gestualità necessaria al rapporto con il mondo esterno.
Non è importante il movimento che esegue ma lo sviluppo della coordinazione motoria, no è più l’attività del muscolo che ci interessa riabilitare, ma le scelte e il controllo dei suoi movimenti in una successione armonica la cosiddetta catena cinetica.
Nel contesto degli esercizi per l’approfondimento motorio, proposti a circuito ho considerato molto quelle reazioni di difesa dettati dal dolore o dalla insicurezza, sono dati fondamentali e necessari affinché la motricità volontaria non danneggi l’integrità fisica del soggetto.
Successivamente il paziente ha intrapreso un protocollo di lavoro in piscina sviluppando delle esercitazioni di tonificazione dei distretti muscolari che interessano la tibio‐tarsica ed esercitandosi alla camminata e corsa in acqua bassa.
Conclusioni
L’integrità della caviglia è chiaramente essenziale per l’autonomia dell’individuo, ma in pratica non riceve tutta l’attenzione che il suo ruolo merita.
Le piccole lesioni, anche minime non trattate, possono generare delle turbe statiche e delle sequenze le cui conseguenze sono incontrollabili.
Al contrario una presa con carico precoce e una rieducazione attenta contribuiscono ad una rapida reintegrazione.
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