La costruzione dei concetti di gioco
nella categoria Giovanissimi
Settore Giovanile
A cura di Enrico BATTISTI
Nel titolo di questo intervento “La costruzione dei concetti di gioco nella categoria Giovanissimi” ci sono due parole da analizzare con estrema attenzione: costruzione e concetti di gioco.
Costruzione è una parola che a monte presume ci sia stata progettazione. Inoltre richiede tempo, perché nulla che sia stabile e duraturo si costruisce in fretta.
La parola concetti richiama all’idea, l’immagine, la rappresentazione mentale di ciò che è accaduto, che sta accadendo o che si prevede possa accadere.
È contrapposta alla rigidità dello schema ed alle soluzioni preparate dall’allenatore.
Sarà il giocatore ad analizzare ciò che sta avvenendo (la situazione reale) ed a scegliere la soluzione migliore alla difficoltà che si sta presentando.
L’obiettivo dell’allenamento dovrebbe essere quindi quello di preparare giocatori capaci di vedere, percepire ed analizzare gli avvenimenti in ogni situazione per scegliere la soluzione migliore1.
Il passaggio successivo sarà quindi di riuscire ad anticiparli, e poi con sempre maggiore intensità, e poi con maggiore intensità ed efficacia... tenendo ben presente che il percorso è un divenire continuo.
Come si procede allora?
È fondamentale stabilire il proprio PERCORSO DIDATTICO, ovvero il modus operandi che ci guiderà nella scelta delle nostre proposte, ma ancor prima nella scelta dei nostri eventuali interventi.
Al fine di essere efficaci, non è fondamentale soltanto cosa si propone (mezzi) bensì è molto più importante il come si propone (metodo).
Il nostro attuale modus operandi prevede vari step, che dopo anni di esperienza sul campo, sono riassunti come segue, pur sapendo che non sono definitivi ed esaustivi, ne tanto meno i migliori o gli unici validi o efficaci.
1. L’allenatore propone alcune situazioni problema, in cui si evidenzierà un concetto, un principio del gioco. Osserverà poi come i ragazzi cercheranno di risolvere quanto proposto.
Prenderà informazioni riguardo agli eventuali errori o soluzioni che noterà (feed – back).
2. Interverrà quindi attraverso la pedagogia della domanda, al fine di provocare una riflessione riguardo un possibile errore o soluzione, stimolando l’analisi con domande tipo: cosa hai fatto?
Perché hai fatto così?
Cos’altro potevi fare?
In quale altro modo avresti potuto fare?
Ci sono altri modi per...?
3. L’allenatore lascerà tempo a disposizione ai giocatori, per provare ed esplorare nuovi e diversi modi per risolvere il problema posto (generazione di alternative), preoccupandosi di differire il giudizio, evitando interventi del tipo: così è giusto, così è sbagliato, non così, fai così, ecc.
Comunque è sempre meglio rendere consapevoli piuttosto che giudicare.
Questo, in quanto il giocatore potrebbe non capire perché una certa soluzione è sbagliata, e quindi non essere consapevole dell’errore.
È molto più utile vedere dove ci porterà quella soluzione (cosa succede se ci muoviamo così?
È efficace? E in quest’altro modo?).
Facendo vivere, sperimentare le soluzioni, si rende consapevole il giocatore di quello che sta avvenendo e di ciò che è più efficace.
4. Trovate alcune alternative potenzialmente efficaci, l’allenatore chiederà di risolvere il problema, in un modo diverso ad ogni ripetizione.
5. ... GIOCO ... attraverso l’anticipo della progettazione, cioè indurre i giocatori a risolvere i problemi di gioco con le soluzioni sperimentate nella fase di apprendimento, ma applicate nelle mini-partite.
6. la domanda che dobbiamo sempre porci dopo ogni feed back ricevuto, è quanto noi tecnici siamo stati capaci di trasmettere ciò che avevamo in mente di proporre?
Quanto siamo stati capaci di correggere gli errori evidenziatisi? Che modi e tempi abbiamo utilizzato per far arrivare il nostro messaggio?
7. dobbiamo sempre tener presente della peculiarità e differenze del “vissuto” dei ragazzi che abbiamo a disposizione per differenziare adeguatamente con ognuno linguaggio e proposte.
Questo modo di operare dà diversi VANTAGGI che non abbiamo riscontrato utilizzando il metodo tradizionale:
1. non è la disciplina o il nostro sistema al centro dell’attenzione, ma il giovane, con i suoi spazi e tempi di apprendimento...
2. allena indirettamente ciò che direttamente è molto difficile allenare stimolando molto gli aspetti cognitivi ed emotivi e la relazione tra i giocatori.
3. l’utilizzo delle mini-partite e delle situazioni problema, quindi del gioco, porta divertimento, il divertimento porta motivazione, la motivazione porta apprendimento e miglioramento ...
4. nel gioco, anche l’errore diventa una ricchezza pedagogica, ed in quanto tale una nuova possibilità di apprendimento ...
5. ogni tema, proposta, esercitazione risulta valida ma organizzarla efficacemente nel contesto del gioco ne aumenta le potenzialità e rimane il mezzo più allenante ...
Se vogliamo ragazzi recettivi mentalmente e curiosi di scoprire nuove strade, dobbiamo noi per primi studiare continuamente, aggiornarci, confrontarci con il maggior numero possibile di colleghi e dirigenti, affrontando la professione ponendoci mille dubbi, consapevoli che potremo dare risposte soddisfacenti alimentando la nostra preparazione, competenza e passione.
Il mio intento oggi non sarà tanto quello di mostrarvi esercitazioni nuove o indicarvi la via per raggiungere gli obiettivi prefissati.
Non ho certezze da trasmettervi, bensì dubbi da condividere al fine di poter offrire il meglio ai giovani coi quali interagiamo.
“Se vediamo il calcio come un mestiere otterremo dei mestieranti, se lo vediamo come arte, avremo degli artisti”... a volte (anzi spesso), la risposta ai nostri dubbi arriva dai ragazzi stessi, se vengono lasciati liberi di esplorare e di esprimersi.
Info
Fonte: 1° Clinic Sersport
Autore: Enrico BATTISTI
Categoria: Settore Giovanile
Data inserimento: 09/11/2020
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