Studio della tattica del
portiere su palla inattiva
Preparazione Fisica | Prepariamo i nostri Portieri
di Luca BELLINI
Introduzione
Fondamento di questo lavoro sono l’idea e la necessità da parte dell’autore di dare continuità all’argomento di tesi del triennio, dove in esso si era evidenziato, entro i limiti della ricerca di quell’elaborato, che il portiere deve possedere spiccate doti tecnico-coordinative oltre che morfo-funzionali.
Di qui la necessità di comprendere se l’estremo difensore, in un calcio in continua evoluzione, debba anche possedere, doti tattiche e soprattutto in che modo queste si esprimano.
Per valutare la presenza e il livello di tali doti tattiche si è deciso di analizzare l’atteggiamento del portiere in situazione di palla inattive.
La situazione di gioco delle palle inattive situazione di gioco negli ultimi anni è stata oggetto di studio da parte dei tecnici e dei calciatori, che la considerano ormai determinante per lo scopo del gioco, il gol.
Mentre, però, tale situazione gode dell’attenzione dei tecnici per quanto attiene la fase offensiva, con inevitabili ricadute sulle percentuali realizzative, non vi è stato pari interesse per queste particolare situazione dal punto di vista difensivo.
In altre parole, spesso in allenamento, attraverso la consulenza di veri e propri specialisti, si impegnano frazioni di tempo significative a provare e riprovare situazioni di gioco e soluzioni riconducibili allo sfruttamento della palla inattiva in fase realizzativa, ma forse ci si preoccupa meno di analizzare con la stessa minuziosità e inventiva la palla inattiva in chiave difensiva, per neutralizzare le situazioni che potrebbero portare alla segnatura la squadra avversaria.
E’ tuttavia risaputo che, soltanto il portiere mantiene un atteggiamento specifico, rispetto a quello consueto, quando viene giocata una palla inattiva.
Tuttavia non è chiaro se l’evoluzione dello sfruttamento di tale situazione abbia portato a un adattamento tattico da parte dell’estremo difensore, con lo scopo di fronteggiare al meglio l’attacco della squadra avversaria, con l’obiettivo di mantenere quindi la sua porta inviolata.
Scopo del presente elaborato sarà quindi quello di ricercare l’esistenza di approcci tattici differenti rispetto le situazioni di palla inattiva e valutarne l’eventuale efficacia.
Capitolo I. Il ruolo del Portiere
Quello del portiere è il ruolo che, nel gioco del calcio, ha il compito di difendere la porta, evitando la segnatura di una rete da parte della squadra avversaria.
All’interno dell’area di rigore (Figura 1), al portiere è permesso di impiegare le mani per intercettare o respingere il pallone. L’azione con cui il portiere svolge il suo compito principale è definita parata ed è classificata in base al modo in cui viene eseguita: parata rasoterra centrale, parata rasoterra laterale, parata centrale a mezza altezza, parata a mezza altezza laterale. L’estremo difensore completa le proprie azioni con le uscite basse e le prese alte.
Per uscite si intendono un gruppo di gesti tecnici nei quali il portiere abbandona la linea della porta ed arriva sui cosiddetti “palloni vaganti”, in anticipo rispetto agli attaccanti avversari, con la finalità di scongiurare eventuali “situazioni di pericolo”.
Si considerano uscite, siano esse alte o basse, siano esse di mani o di piedi (o di testa), quelle azioni che comportano arresto, o respinta del pallone, effettuate al di fuori della zona di campo ideale, individuata delimitata semicirconferenza con centro del diametro nel mezzo della linea di porta.
E’ opinione dell’autore che il “il portiere ideale” debba possedere imprescindibilmente spiccate doti tecnico-coordinative, mentre la ricerca di eventuali caratteristiche comuni dal punto di vista morfo-funzionale non sia altrettanto importante, sebbene non trascurabile.
Tale binomio, sebbene sbilanciato a vantaggio delle prime, permette al portiere una migliore interpretazione del ruolo, ma non è superfluo ricordare che la suddivisione che si adotta ha funzione meramente speculativa e didattica, poiché è parere condiviso da molti studiosi del movimento che l’uomo (più specificatamente l’atleta) sia la sommatoria di tali capacità e che queste siano interdipendenti tra loro, sia come singole, sia come gruppi di classificazione.
Nel tempo il calcio ha subito innumerevoli evoluzioni dal punto di vista del regolamento, delle attrezzature di gioco, della tecnica, della tattica e quindi dell’allenamento.
Tali modificazioni hanno investito gli interpreti dello sport di situazione qualunque fosse il loro ruolo, portiere incluso.
E’ facile, osservando i filmati d’epoca, notare come il portiere sia cambiato nel corso di questo secolo di calcio, non solo per le maglie che sono passate da sobri maglioni di cotone o lana neri, a indumenti traspiranti in fibra sintetica con protezioni a livello di spalle e gomiti.
Il cambiamento ha investito il portiere a 360 gradi: si è passati da portieri che paravano a mani nude o al massimo con guanti di lana in particolari condizioni atmosferiche, a portieri che indossano guanti anatomici, rinforzati con stecche per evitare traumi alle dita, con palmo in mescola di gomma tale da garantire un “effetto colla”; gli antichi palloni erano soggetti a mutamenti di peso e velocità a seconda delle condizioni climatiche, mentre ora garantiscono costanza di prestazione in tutte le situazioni. Questo dunque è quello che appare all’osservatore attento, ma non tecnico.
Il tecnico si accorge che con il cambio dei sistemi di gioco e soprattutto con l’introduzione della difesa a zona in linea, il portiere ha perduto il ruolo passivo di spettatore chiamato in causa per intervenire sui tiri avversari, per divenire soggetto attivo e partecipe, una sorta di difensore di movimento aggiunto, com’era nell’antica impostazione del gioco il “libero”, staccato dalla linea dei difensori in marcatura.
Proprio la maggior partecipazione all’azione in fase difensiva, derivata anche dalle novità regolamentari che richiedono un portiere valido anche nel giocare la palla con i piedi, ha portato questo giocatore a mutare il suo atteggiamento tattico.
Nei filmati delle partite di 40 o 50 anni fa, gli interventi dei portieri in uscita sono poco numerosi, sia nell’uno contro uno con l’attaccante lanciato a rete, sia nell’anticipo sulle giocate provenienti dalle fasce laterali.
La tendenza che via via cambia avvicinandosi ai giorni nostri, in cui il portiere di categoria viene definito tale se sa interpretare correttamente questo 8 fondamentale tecnico.
Ciò significa che il portiere ideale deve si possedere un’adeguata miscela di doti tecnico-coordinative e di qualità morfo-funzionali sbilanciata verso le prime rispetto alle seconde, ma deve essere in grado di estrinsecare tali doti in un’interpretazione tattica adeguata del ruolo.
Il portiere deve avere capacità e padronanza nonché coscienza del suo piazzamento, dei suoi movimenti e dei suoi interventi in relazione alle nuove richieste del calcio moderno, doti che, guarda caso, fanno parte della “sezione coordinativa”.
Esemplare al riguardo la questione delle uscite, sia su azione normale di gioco sia su palla inattiva.
Proprio su questa seconda parte verterà lo studio di quest’elaborato, in quanto il portiere che adotta un atteggiamento migliore in quella particolare situazione riesce, o dovrebbe riuscire, a vanificare una situazione potenzialmente pericolosa per la sua squadra, in un calcio che come si dirà nel capitolo V (Grafici a1 – a2 – a3 e Tabella 4a – 4b – 4c), punta molto sulle palle inattive come “chiave” per spalancare la porta avversaria.
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