Lo scienziato

Thomas Tuchel sta rivoluzionando il Borussia Dortmund sin dai più piccoli dettagli e i risultati finora sembrano dargli ragione. Ritratto di un filosofo della scienza prestato al calcio

Data inserimento e di aggiornamento nel sito: 25/09/2015 - 05/02/2018

Prologo. 15 Aprile 2015.

Il Borussia Dortmund ha appena subito la tredicesima sconfitta in Bundesliga ed è decimo in classifica, ma sta lentamente risalendo la china dopo l’inizio che lo aveva visto sprofondare fino all’ultima posizione in classifica, lasciata definitivamente solo a febbraio.

L’allenatore Jürgen Klopp ha voluto organizzare una conferenza stampa, a cui partecipa in prima persona, assieme al presidente del club, Hans-Joachim Watzke e al direttore sportivo, Michael Zorc.


 

Mentre parla, il tecnico non riesce a mantenere il suo solito sorriso: guarda in basso ed è scuro in volto, quasi sul punto di commuoversi.

Dopo sette anni di Dortmund, l’allenatore che ha riportato i gialloneri ai vertici del calcio europeo, vincendo due campionati, una Coppa di Germania e tre Supercoppe tedesche, oltre a sfiorare la Champions League nella finale tutta tedesca con i rivali del Bayern Monaco, ha deciso di lasciare il suo incarico alla fine della stagione. «Questo club merita di essere allenato da un tecnico che sia a posto al 100%.

Ho sempre saputo che, se avessi avuto la sensazione di non essere più l’allenatore giusto per questa società straordinaria, lo avrei detto chiaramente.

Nelle ultime settimane e negli ultimi giorni mi sono reso conto che la risposta chiara alla domanda non era più un “sì” categorico.

È un passo enorme riconoscere che finisce qualcosa che vorresti non terminasse mai».

 

Thomas Tuchel, der Sportwissenschaftler

L’ultimo capitolo dell’era Klopp si è chiuso, senza lieto fine, il 30 maggio con la finale di DFB Pokal persa 3-1 contro il Wolfsburg.

Il sostituto, scelto dalla dirigenza del club già il 19 aprile, è forse il tecnico più brillante della rampante scuola tedesca: Thomas Tuchel.

L’allenatore in grado di portare per ben due volte in Europa il Mainz, costantemente tra le peggiori cinque squadre della Bundesliga per ricavi, conquistando il quinto posto nel 2011, aveva lasciato il suo incarico al termine della stagione 2013/14.

 

Già mentre allenava a Magonza era stato accostato a molte squadre tedesche e addirittura alla Nazionale di Löw nell’anno pre-Mondiale.

Le offerte erano nuovamente piovute appena rassegnate le dimissioni, ma Tuchel aveva deciso di prendersi un anno sabbatico, al termine del quale ha accettato la proposta del Borussia Dortmund, club ideale per consacrarsi definitivamente sulla scena tedesca e internazionale.

Sia il 42enne Tuchel che Klopp hanno iniziato la loro carriera da allenatore professionista al Mainz ed entrambi non hanno una grande carriera professionistica alle spalle, avendo raggiunto al massimo la 2. Bundesliga, la Serie B tedesca.

 

Nonostante due percorsi simili, l’epiteto di “nuovo Klopp” affibbiato a Tuchel è alquanto superficiale. Innanzitutto per le differenze nello stile comunicativo: se l’ex tecnico giallonero è energico e spesso emozionale, sia nel parlare che nel linguaggio del corpo, Tuchel è più freddo e razionale, anche nelle sue risposte ai giornalisti: quando parla di calcio il suo approccio è scientifico e passa con scioltezza da argomenti quali la tattica alla nutrizione, fino agli studi sul cervello e l’apprendimento umano.

Tuchel ha l’aria del luminare, tanto che in Germania lo hanno soprannominato “Sportwissenschaftler”, letteralmente “scienziato dello sport”, per sottolineare il suo approccio multidisciplinare.

Quando era ancora calciatore, per volere della madre, ha studiato fisioterapia e scienze sportive, mentre nel 1998, una volta chiusa la carriera per un problema cartilagineo cronico, si è laureato in economia aziendale.

 

Durante la sua esperienza da allenatore del Mainz ha lavorato a stretto contatto con il Professor Wolfgang Schöllhorn, stimatissimo neuroscienziato, studioso dell’apprendimento differenziale.

Tuchel ha passato il suo anno sabbatico a studiare calcio e tattica, concentrandosi soprattutto su come produrre un possesso palla che non sia fine a sé stesso, un mezzo piuttosto che una filosofia, rielaborando anche concetti di altri sport e consultandosi con allenatori di pallacanestro e pallavolo.

Al settimanale tedesco Die Zeit, ha dichiarato di apprezzare l’applicazione della statistica al gioco del calcio, anche quella più avanzata. «La visione scientifica dello sport, la matematica applicata al calcio è in grado di dare un contributo davvero interessante.

Io stesso ho incontrato personalmente Matthew Benham (statistico ed ex-scommettitore professionista, ora proprietario del Brentford e dell’FC Midtjylland, nda): è stato affascinante sedersi allo stesso tavolo con un esperto in grado di costruire un modello matematico basato sui dati ricavati dalle partite passate e di prevedere i risultati futuri con le rispettive probabilità.

Lui stesso dice che non potrebbe mai allenare una squadra di calcio, ma di essere in grado di dire da quale posizione un attaccante avrebbe le maggiori probabilità di segnare, perché il suo modello ha analizzato un’infinità di tiri nello specchio e continua a farlo tuttora (vedi alla voce Expected goals, nda)

 

Più che a Klopp, Tuchel assomiglia a Guardiola: il tecnico nato a Krumbach, cittadina di 12500 abitanti tra Ulm e Augusta, ha più volte ricordato come il Barcellona di Pep sia stato per lui un’inestimabile fonte di ispirazione.

Ma se per molti lo è stata per il modo in cui controllavano le partite, quello che Tuchel ha apprezzato di più dei blaugrana era la l’umiltà dei campioni del Barça di sacrificarsi per recuperare il pallone ogniqualvolta veniva perso il possesso.

Con Guardiola condivide anche la maniacale attenzione al dettaglio e la scrupolosa abitudine di analizzare per ore l’avversario, allo scopo di individuarne pregi e difetti tattici.

 

A inizio luglio, prima dell’amichevole con il Kawasaki Frontale (vinta per 6-0), ha stupito i suoi nuovi giocatori sottoponendo loro un dettagliatissimo rapporto sui punti di forza e di debolezza dei giapponesi.

Come Guardiola, anche Tuchel ha costruito il proprio progetto a Dortmund a partire dai piccoli dettagli alla base del calcio.

Neven Subotic e Ilkay Gündogan si sono detti colpiti dall’approccio del loro nuovo manager. Il centrocampista di origine turca ha dichiarato: «Tuchel ha iniziato dalle cose semplici: con quale piede devo controllare il pallone? Su quale piede i miei compagni vorrebbero riceverlo?

 

Questi dettagli sembrano minuzie, ma possono rendere il nostro gioco un pochino più veloce.

Penso che i nostri progressi siano sotto gli occhi di tutti». Fin dal primo giorno di preparazione, Tuchel ha introdotto il pallone, i famosi rondos e assieme al suo staff ha messo a punto programmi di allenamento fisico specifici per ogni giocatore.

La squadra, contrariamente a quanto ci si poteva aspettare dopo la pessima annata appena trascorsa, non ha cambiato volto durante il calciomercato.

 

Roman Bürki, il portiere libero prelevato dal retrocesso Friburgo, difende i pali in Bundesliga (per Weidenfeller spazio in Europa League); il jolly ex-Leverkusen Gonzalo Castro ha aggiunto flessibilità a centrocampo, mentre il sudcoreano Joo-Ho Park, già allenato da Tuchel a Magonza, è, con le dovute proporzioni, una sorta di Lahm mancino, capace di giocare da terzino su entrambe le fasce e davanti alla difesa; Jonas Hofmann, infine, è tornato dal prestito annuale al Mainz, mentre Adnan Januzaj è arrivato con la stessa formula dallo United di van Gaal.

 

Ma l’acquisto più importante, visto l’impatto immediato avuto sulla squadra, è quello di Julian Weigl.

Il più giovane capitano della storia del Monaco 1860, pagato appena 2,5 milioni di euro, si è subito imposto nel centrocampo del BVB, togliendo il posto di pivot davanti alla difesa a Sven Bender, dimostrando fin da subito doti tattiche e mentali eccezionali (qui dà addirittura istruzioni tattiche ai compagni), specie per un 20enne.

Qualità che gli sono valse paragoni importanti, uno tra tutti quello con Sergio Busquets. Quanto sia importante nell’economia del gioco del Dortmund lo si è visto con il Krasnodar, quando è rimasto in panchina e la squadra ha avuto diverse difficoltà nella costruzione del gioco, con Castro incapace di fornire le stesse soluzioni, specie a livello di senso e consapevolezza della posizione.

Probabilmente qualsiasi tecnico con un minimo di competenza, Klopp compreso, sarebbe riuscito a partire meglio rispetto a quella che il capitano Mats Hummels ha definito «la peggior stagione della mia carriera»: sull’ultima e negativa annata del Dortmund ha sicuramente influito la cattiva sorte, assieme a un’interminabile serie di infortuni (ben 116) che non hanno mai permesso di schierare l’undici titolare, con un totale di ben 1646 giorni di allenamento o partita saltati dai suoi giocatori (paradossalmente, al termine della scorsa stagione il dottore del Borussia è stato ingaggiato dal Bayern, con Tuchel che ha portato il suo staff medico di fiducia).

 

Tuchel non solo ha fatto meglio, ma ha vinto tutte le undici partite disputate dalla sua squadra, segnando 39 gol e subendone 9.

La sensazione, nelle battute finali dell’era Klopp, era che la squadra mancasse di un’alternativa al proprio gioco di pressing e transizioni veloci, un piano B quasi sempre necessario nel calcio moderno.

Il nuovo allenatore del Borussia Dortmund non si è limitato a fornire un piano B, ma ha rivoluzionato l’impianto della squadra, proponendo un gioco esaltante che per alcune caratteristiche, come il possesso palla, il pressing e il gioco di posizione, ricorda proprio il calcio di Guardiola.

 

Dal gegenpressing al gioco di posizione

Il modulo base del Borussia Dortmund di Tuchel è un 4-1-4-1 asimmetrico e molto flessibile, soprattutto tra una fase di gioco e l’altra.

Questa elasticità garantisce alla squadra la necessaria superiorità posizionale, muovendo gli uomini tra le linee e creando una vasta gamma di linee di passaggio.

Il manifesto del calcio heavy metal di Klopp, “il gegenpressing è il miglior playmaker” sembra ormai un ricordo: l’approccio diretto e verticale e i ritmi altissimi che vedevano il possesso del pallone passare continuamente da una squadra all’altra hanno lasciato il posto a un calcio più ragionato, fatto di passaggi rapidi ma più corti, con la palla quasi sempre tra i piedi dei gialli.

 

D’altronde la fluidità nel modulo e negli interpreti era un dei cardini del suo Mainz: i giornalisti locali facevano a gara per indovinare i titolari e il modulo schierati da Tuchel, ma lui puntualmente li sorprendeva, schierando ora un 4-1-4-1, ora un rombo a centrocampo, fino a moduli meno canonici quali il 4-1-3-2 e il 5-2-2-1 pentagonale con cui mise in seria difficoltà il Bayern di Guardiola (pur perdendo 1-4), nella sua ultima stagione a Magonza.

Tra le altre cose, il suo Mainz è stato una delle poche squadre in grado di mettere in difficoltà i bavaresi, vincendo ben 3 incontri su 9 disputati contro il club di Monaco.

Tuchel ha cercato di variare approccio durante le sue ultime due stagione in carica. Nel 2012/13 aveva proposto un calcio di possesso e, rispetto allo stile diretto delle stagione precedenti, la gittata dei passaggi degli Zerocinque era gradualmente diminuita, grazie alla difesa alta che permetteva di accorciare il campo. L’esperimento non ebbe il successo sperato (13.esimo posto) e nella stagione successiva, la sua ultima in carica, Tuchel ha riproposto un blocco medio-basso. Con una difesa più vicina alla propria porta, il Mainz cedeva territorio agli avversari e rimediava muovendo la palla più velocemente e con passaggi più lunghi, tanto che a fine stagione fece registrare la percentuale più alta di palle lunghe giocate rispetto al totale.

 

I palloni lunghi avevano un doppio obiettivo: far salire la squadra sfruttando le boe in avanti, oppure fungere da trigger per il gegenpressing, altro concetto caro al suo Mainz.

L’utilità dei passaggi lunghi e la stretta correlazione con il contro-pressing è così tenuta in considerazione in Germania che nei corsi federali da allenatore viene addirittura insegnato quando e come giocare passaggi appositamente sbagliati, con lo scopo di creare situazioni favorevoli alla genesi del gegenpressing.

La rosa del Mainz non aveva probabilmente la qualità necessaria per dominare le partite, ma i giocatori del Dortmund sono tecnicamente superiori e le loro caratteristiche si sono adattate ottimamente anche a un gioco con più possesso palla.

 

La cura TT ha risolto in un lampo problemi che il Borussia di Klopp si era trascinato lungo tutta la passata stagione.

La difficoltà in fase di costruzione rappresentava uno dei più evidenti scompensi tattici della squadra, soprattutto a causa della mancanza di una precisa struttura posizionale in fase di possesso palla, in grado di produrre i triangoli necessari allo sviluppo del gioco.

Il BVB sembrava crearsi i propri problemi da solo: gli avversari non dovevano far altro che difendere bassi e compatti, aspettando il momento in cui il Dortmund si fosse isolato in una zona cieca del campo, solitamente lungo la fascia.

 

Durante l’estate Tuchel ha introdotto i suoi ai principi della sua versione del gioco di posizione, concetto tattico ben chiarito da Martí Perarnau, autore del libro Pep Confidential. «Il gioco di posizione non consiste nel passarsi la palla orizzontalmente, ma in qualcosa di ben più complicato: generare la superiorità numerica dietro a ogni linea di pressione».

Il juego de posición è un sistema non così diffuso al di fuori della Spagna, ed è forse più noto nella tattica scacchistica che in quella calcistica.

Ogni giocatore riceve il pallone in un posizione determinata ed è istruito su cosa fare esattamente con la palla, a seconda della situazione che gli si pone davanti.

Vi partecipano tutti i giocatori in campo, nessuno escluso, tanto che lo stesso Bürki è spesso coinvolto in fase di uscita e, se necessario, si spinge fuori dalla porta per coadiuvare i difensori centrali in possesso.

 

Das positionsspiel, per dirla alla tedesca, è una vera e propria coreografia che il singolo attua in coordinazione con la squadra in fase di possesso, rendendo il gioco molto fluido e costringendo gli avversari a muoversi e a concedere spazio.

Quasi uno spartito musicale.

I principali punti di riferimento dello spartito del Dortmund sono Weigl e Gündogan, schierati nel cuore del centrocampo asimmetrico di Tuchel.

Weigl agisce sul centro-sinistra e funge da equilibratore, coprendo sia i giocatori offensivi che si trova di fronte che Hummels quando gli si sovrappone per impostare il gioco [ read more ]

 

Flavio FUSI