Nello sport di
squadra il senso
comune ritiene
erroneamente che il
leader debba
identificarsi nell’
allenatore o nel
capitano e qualche
volta nel campione
più affermato.
Nella realtà però
non é sempre così.
Molto spesso si
tende a ritenere che
l’allenatore possa
essere il vero
leader della
squadra, in quanto -
di fatto - ha
compiti
organizzativi e di
conduzione del
gruppo stesso.
Il vero problema
però é che molto
spesso l’allenatore
non é riconosciuto
come leader dalla
squadra ed allora
viene declassato al
ruolo di capo, un
ruolo che per essere
esercitato non
richiede
l’accettazione
emotivo affettiva
dei membri del
gruppo.
Lo stesso dicasi per
il capitano, se
viene nominato
tenendo conto di
valori diversi da
quelli del gruppo.
Infatti, sovente, il
capitano é colui che
ha più presenze in
campo con la maglia
della squadra,
oppure é il più
anziano.
Per un gruppo
possedere un leader
dal quale farsi
guidare, soprattutto
nei momenti
difficili, é di
vitale importanza
per arrivare ad
ottenere i risultati
che il gruppo stesso
desidera
raggiungere.
Il leader é
l’elemento che aiuta
a valorizzare le
potenzialità dei
singoli: il fulcro,
intorno al quale, le
varie individualità
si fondono nella
ricerca di quello
spirito cooperativo
che é ingrediente
essenziale per il
successo di una
squadra di calcio.
Chi ha pratico uno
sport di gruppo sa
che nella squadra
non tutti hanno le
stesse doti di
carisma. Infatti vi
sono soggetti che
amano restare
defilati, altri che
sono portati a farsi
guidare e qualcuno
invece che dimostra
delle doti spiccate
da trascinatore.
La ricerca sul
problema della
leadership tra i
membri del gruppo si
sono fondate
principalmente su
due presupposti:
· La
posizione del leader
sul terreno di
gioco.
· Le qualità
e gli elementi di
personalità del
leader stesso.
In merito alla
posizione sul campo,
ed alle correlazioni
conseguenti con la
possibilità di
essere leader, la
ricerca é stata
abbastanza copiosa
di risultati.
Queste ricerche
hanno avvalorato
l’ipotesi teorica
secondo la quale la
centralità della
posizione in campo é
importante nel
determinare la guida
affettiva della
squadra. Per esempio
il “ battitore “
nella pallavolo,il
“quarterback “ nel
football americano,
“ il centrocampista/
regista” nel calcio,
il “centroboa” nella
pallanuoto etc. Su
queste ipotesi ha
lavorato Grusky, che
anche rilevato come
coloro che hanno
questo tipo di ruolo
sono poi anche più
predisposti a
divenire nel post
carriera dei manager
dello stesso sport.
La leadership é
comunque un elemento
dinamico che integra
molti altri elementi
oltre a quello della
posizione sul campo,
in particolare la
personalità. La
regolarità delle
prestazioni,
l’esperienza di
squadra,
l’ascendente sui
compagni, possono
certamente essere
discriminanti più
forti rispetto alla
posizione sul campo
di gioco.
Nel momento che i
leader - per essere
tali - hanno bisogno
di gregari, una
semplice
osservazione dei
comportamenti della
squadra o del
gruppo, rileverà la
scena d’azione dei
leader e dei gregari
stessi. Gli atleti
più giovani, che
sono da poco nel
gruppo, risultano
tendenzialmente più
portati a seguire il
parere, le opinioni
dei più esperti
(B.J.Cratty e R.E.
Pigott ).
In linea generale i
leader sono quelli
che vengono vissuti
dai compagni di
squadra come
competenti, abili,
determinati nel
condurre la
formazione verso la
conquista del
successo, ma anche
capaci di creare
buoni rapporti
interpersonali con i
compagni e
l’allenatore.
Chi ha più
possibilità di
essere riconosciuto
come leader deve
avere un personalità
particolare. Questo
tipo di soggetto
deve possedere prima
di tutto un buon
livello di
autostima.
Essere consapevole
del suo valore come
persona, ma anche
come calciatore, al
punto da
riconoscersi la
capacità di dare
suggerimenti e
scelte d’indirizzo
ai suoi compagni.
Il leader non può
essere troppo
egoista ne tantomeno
esageratamente
narcisista. Lo
spirito cooperativo
deve essere un
elemento di base su
cui fondare il
rapporto con i
compagni.
Chi anche sul campo
dimostra di essere
troppo egoista,
magari
esageratamente ”
driblomane “,
difficilmente verrà
riconosciuto come
elemento guida del
gruppo.
L’intelligenza e la
sensibilità sono due
doti fondamentali
per poter sperare di
essere un buon
leader.
Il vero leader é
quello che riesce a
condizionare in
positivo l’umore
della squadra sia in
campo che fuori.
E’un soggetto che
reagisce con grinta
davanti alle
difficoltà e questa
sua caratteristica
di personalità da
sicurezza ai più
fragili.
Spesso un domanda
che ci viene posta
in merito é: ma é
indispensabile avere
un leader?
La risposta può
essere questa.
L’esperienza ci dice
di si, nel senso che
senza leader una
squadra non riesce a
superare le mille
difficoltà alle
quali deve fare
fronte.
Se invece
privilegiamo un
approccio al
ragionamento di tipo
teorico possiamo
tranquillamente
affermare che se
tutti i soggetti
fossero forti,
sicuri, motivati e
in grado di
affrontare la realtà
nel migliore dei
modi non ci sarebbe
bisogno del leader,
che possiamo
definire un buon
pastore che guida il
gregge.
Questo approccio
però ha molto il
sapore di utopia.
Per poter fare senza
leader dovremmo
avere tanti “super
uomo”.
Super uomo inteso
nella concezione di
F.Nietzsche: dove il
super uomo é colui
che riesce ad andare
oltre se stesso, a
superare i suoi
limiti e gli egoismi
individuali per
assurgere alla
capacità di
costruire con gli
altri.
Una situazione che
spesso crea problemi
in una squadra é la
presenza di quello
che viene definito
il leader negativo.
E’ un soggetto che
per conquistare un
ruolo di primo piano
nel gruppo cerca di
far gioco sulle
insoddisfazioni di
alcuni membri del
gruppo.
E’ una figura molto
pericolosa perché ha
come fine il
fallimento degli
obiettivi di gruppo.
Spesso é un soggetto
presuntuoso che non
si sente
sufficientemente
considerato, che
magari gioca anche
poco, e che come un
vero e proprio
serpente striscia e
cerca di colpire
spesso in modo anche
un pò vigliacco.
Divenendo il capo
dei nemici
dell’allenatore e
quando le cose
precipitano, non
arrivano I
risultati, assume il
ruolo del capo dei
rivoltosi contro
l’allenatore.
Molti si chiedono se
l’allenatore possa
divenire il vero
leader del gruppo.
Personalmente credo
che sia molto
difficile. Primo
perché l’allenatore
é un capo che viene
investito di questo
potere da
un’autorità
superiore (la
società) e che
quindi non viene
scelto dal gruppo.
In secondo luogo
perché troppo spesso
ha in mano il potere
di gratificare o
meno le motivazioni
dei singoli. Un
aspetto determinante
del lavoro
dell’allenatore é
quello di conoscere
ed essere in grado
di far eseguire
programmi
tecnico/tattici ai
calciatori.
Il ruolo
dell’allenatore deve
contemplare delle
abilita di comando e
direzione, quindi
deve essere un capo.
Secondo Martens la
leadership é
semplicemente la
capacità di saper
dare ad altri un
piano di lavoro, una
direttiva, avendo
una visione delle
possibilità e delle
mete.
L’autorità é una
caratteristica
determinante nella
gestione del gruppo.
Essa per poter
essere positivamente
esercitata, evitando
di tradurla in
autoritarismo, deve
da prima venir
riconosciuta dal
gruppo stesso. Il
riconoscimento
dell’autorevolezza e
della competenza del
tecnico da parte del
gruppo è la
condizione
indispensabile
perché possa venir
accettato come
leader.
In pratica
l’allenatore deve
conquistarsi prima
di tutto la fiducia,
dopo di che il
gruppo scegliere di
farsi guidare da
lui. Possiamo dire
che una situazione
frequente é quella
nella quale troviamo
un allenatore che
viene accettato come
“ condottiero”,
quindi gli viene
riconosciuta una
competenza tecnico
tattica, ed un
leader emotivo che
invece appartiene al
novero dei
giocatori.
Troppo spesso molti
allenatori arrivando
in una squadra
tendono a porsi nei
confronti degli
atleti con una
atteggiamento
autoritario, che non
tiene conto che
prima di tutto é
necessario farsi
conoscere dal
gruppo, per superare
un fisiologico
atteggiamento di
diffidenza iniziale.
Se un gruppo rifiuta
un allenatore
difficilmente questo
riuscirà a
sopravvivere per
lungo tempo in
quella squadra,
perché prima o poi
nasceranno
situazioni
conflittuali molto
forti. Un aspetto
molto importante é
quello del rapporto
tra leader ed
allenatore.
Un allenatore quando
capisce quale é il
leader del gruppo
deve mantenere con
questo un rapporto
privilegiato.
Migliore sarà il
rapporto tra il
leader e
l’allenatore e più
positivo anche
quello tra il mister
e la squadra.
Se il leader
condividerà la
filosofia del
tecnico diverrà
automaticamente un
suo alleato ed userà
il suo ascendente
sul gruppo per
aiutare
l’allenatore.