|
Lo spogliatoio. Aspetti
psicologici nella
gestione dello
“spogliatoio” di una
squadra dilettantistica.
Dal reclutamento alla
costruzione di una
mentalità positiva.
E’ opinione diffusa
negli ambienti
calcistici (dagli
allenatori ai dirigenti
sportivi ed atleti) che
in tutte le categorie
(dalla serie A sino alla
Terza categoria) si può
avere a disposizione una
squadra tecnicamente
molto forte, preparata
atleticamente e
tatticamente ma che
senza lo spirito di
gruppo, cioè la mancanza
di “spogliatoio” mai
raggiungerà i risultati
programmati. Tale
convinzione è ancora più
forte e marcata con
riferimento ai
campionati
dilettantistici nei
quali la compattezza,
l’unità e la piena
condivisione di valori
permettono di sopperire
sia a lacune
tecnico-tattiche che a
condizioni ambientali
sfavorevoli (allenamenti
sovente in notturna, al
freddo o sotto la
pioggia degli atleti
lavoratori-studenti),
creando così i
presupposti fondamentali
per il raggiungimento
degli obiettivi
stagionali. Si osserva,
al riguardo, che un
gruppo è compatto quando
tutti i suoi componenti
si influenzano
reciprocamente in senso
positivo e le
potenzialità del singolo
vengono espresse e messe
in campo non per fini
personali ma al servizio
della performance
complessiva del gruppo.
L’allenatore come
comunicatore e
psicologo. Il calcio
deve piacere e
trasmettere gioia:
questa affermazione,
vera per ogni ambiente
calcistico a qualunque
livello, lo è ancor più
con riferimento al
calcio dilettantistico.
Per conseguire tale
obiettivo di benessere
individuale del
calciatore, presupposto
indispensabile per
ottenere un elevato
rendimento di squadra, è
fondamentale saper
comunicare con ogni
singolo giocatore e
recepire i suoi stati
d’animo
|
|